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Home » HP Blocco Testo Destra » Gli anziani, da faro per le famiglie a vittime di ageismo. Ovvero dal rispetto alla discriminazione

Gli anziani, da faro per le famiglie a vittime di ageismo. Ovvero dal rispetto alla discriminazione

Il presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria: "La Regina Elisabetta II la migliore testimonianza di forza e resilienza in età avanzata"

Elsa Toppi
27 Settembre 2022
Elisabetta II si è spenta l'8 settembre a 96 anni (Instagram)

Elisabetta II si è spenta l'8 settembre a 96 anni (Instagram)

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Elizabeth Alexandra Mary, per tutti semplicemente Elisabetta II, Regina d’Inghilterra, è morta l’8 settembre scorso a 96 anni, dopo aver regnato per ben sette decenni. Eppure questa morte, al di là della caratura del personaggio, si porta dietro una riflessione ulteriore. La storia e il carisma di figure come la sua dimostrano che i “vecchietti” vanno ancora forte e mettono in risalto le contraddizioni della nostra società: da un lato pervasa di ageismo e dall’altro scientemente guidata da persone anziane, alle quali vengono affidati compiti importantissimi. Questo anche grazie al benessere, ai progressi della medicina e al miglioramento complessivo della qualità di vita. Non si tratta di gerontocrazia al potere ma della dimostrazione che le persone anche molto anziane sono una risorsa ideale del cui valore oggi non ci si rende davvero conto.

La regina Elisabetta II è stata vittima di ageismo (instagram)
La regina Elisabetta II è stata vittima di ageismo (Instagram)

Esempio esportabile di longevità al femminile

“La Regina Elisabetta rappresenta la migliore testimonianza di forza e resilienza in età avanzata – commenta Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) –. Ha accompagnato e attraversato due secoli, ha vissuto la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, il terrorismo dell’Ira, superando anche tragiche esperienze personali. La sua vita è stata attraversata da crisi, difficoltà e veri e propri scandali, che ha saputo affrontare dando sempre prova di solidità e fermezza”. Un esempio di resilienza ma anche qualcosa di più. Un esempio esportabile di longevità al femminile. “La famiglia, gli affetti, l’impegno sul lavoro, le passioni sono stati elementi fondamentali per lei fino alla fine – incalza Landi -. Fattori importanti a cui dobbiamo saper attingere per tenerci vivi fino all’anzianità. Perché i geni li ereditiamo, la longevità ce la conquistiamo”.

Anche la Regina vittima di ageismo

Eppure nonostante Elisabetta II sia stata un esempio di resilienza e forza, alla fine anche lei è stata vittima di ageismo. “Da anni impazzano meme e post sulla sua immortalità – dice Giulia Goldin, psicologa dell’invecchiamento e ricercatrice all’Università di Padova -. Ironizzare sulla sua figura è esplicativo del fatto che l’opinione pubblica non si capacita della realtà dei fatti: cioè che una donna quasi centenaria sia riuscita a fare così tanto”. E spiega: “E’ stata una forma di ageismo anche l’accanirsi nella ricerca spasmodica, attraverso foto e video, di indizi di deterioramento sulle mani della Regina per cercare cause e avvalorare che anziano uguale malattia”.

La ricerca di indizi di deterioramento sulle mani della Regina sono una forma di ageismo

Certo è che questo atteggiamento culturale mondiale, in cui invecchiare è una iattura, ha delle conseguenze terribili. Tanto che nel 2021 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha attivato una campagna di sensibilizzazione sull’ageismo, anche a seguito del Covid. Nel report dell’Oms, infatti, si dice che le persone che vengono quotidianamente esposte a queste forme di pregiudizi vivono in media 7 anni in meno. “Gli stereotipi legati all’invecchiamento sono tanti spiega l’esperta -. L’ageismo cronicizza l’invecchiamento perché porta isolamento sociale e impatta fortemente la motivazione. Ovvero, si instaura il cosiddetto fenomeno della minaccia, per cui la persona consapevole degli stereotipi relativi al proprio gruppo di appartenenza ha paura di mettere in atto comportamenti che possano confermare questi stereotipi. Per cui si ritira, non esercita più certe competenze e va a confermare lo stereotipo. L’anziano non si mette più in gioco, non esercita la memoria e la perde”.

Come si è passati dal rispetto alla discriminazione verso gli anziani?

“L’ageismo è una conseguenza dei cambiamenti demografici e sociali avvenuti nel corso del 900, quindi è un fenomeno recente – spiega Giulia Goldin – . Questo un po’ perché gli anziani sono cambiati. Prima non esistevano i longevi e neanche le cronicità che ci sono adesso. E poi è cambiato anche il loro ruolo. Un tempo gli anziani erano i saggi, i detentori della conoscenza. Adesso tutti si affidano ai media e internet. E così hanno perso la loro veste di fonte di conoscenza all’interno della famiglia e della comunità in generale. La società di oggi – continua – punta tutto sulla prestazione. Per cui la vecchiaia, da processo naturale, è diventato un problema sociale”.

Un fenomeno moderno e trasversale che però ancora non viene pienamente riconosciuto. Il termine stesso ageismo è una italianizzazione del termine inglese. Questo fenomeno sociale e culturale è capace di assumere diverse forme nel corso della vita. Le famiglie non trovano più il giusto tempo per coltivare le relazioni con i propri anziani. E questo ha un impatto negativo sulla loro qualità di vita, provoca isolamento e conseguente mortalità anticipata. “L’ageismo è una cosa grave, specie quello passivo. Un nipote che non tiene alla salute del proprio nonno è ageismo” spiega Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.

Gli anziani, da rispettati a discriminati
Gli anziani, da rispettati a discriminati

Nelle zone rurali si vive meglio e più a lungo

Realtà drammatiche, queste, presenti soprattutto nei grandi centri urbani. Dedalo di case e strade in cui spesso gli anziani si perdono o si dimenticano. Invece c’è bisogno di città che li sostengano e li rendano ancora partecipi del futuro della comunità. Così come avviene nei paesi a vocazione contadina, nei piccoli centri e in alcune zone del mondo dove si vive meglio e più a lungo. “Le grandi città soffrono molto di più questo problema. Nelle zone rurali c’è ancora possibilità di avere rapporti umani – racconta Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) -. Basti pensare alle cinque aree in cui c’è maggiore concentrazione di centenari, le famose zone blu: Okinawa (Giappone), Sardegna (Italia), Nicoya (Costarica), Icaria (Grecia) e Loma Linda (California). Tutte a vocazione rurale”. In questa zone, certo, gli anziani sono maggiormente inclusi all’interno della società e anche per questo vivono di più. “A patto, però, che il livello di scolarità sia buono – dice la psicologa Giulia Goldin – secondo studi recenti, infatti, la poca scolarità è un fattore di rischio per quello che riguarda il declino cognitivo”. Eppure basterebbe ricordarsi che i nostri atteggiamenti discriminatori creano un sistema di cui tutti saremo vittime, per fare un po’ di attenzione in più.

 

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Elizabeth Alexandra Mary, per tutti semplicemente Elisabetta II, Regina d’Inghilterra, è morta l’8 settembre scorso a 96 anni, dopo aver regnato per ben sette decenni. Eppure questa morte, al di là della caratura del personaggio, si porta dietro una riflessione ulteriore. La storia e il carisma di figure come la sua dimostrano che i “vecchietti” vanno ancora forte e mettono in risalto le contraddizioni della nostra società: da un lato pervasa di ageismo e dall'altro scientemente guidata da persone anziane, alle quali vengono affidati compiti importantissimi. Questo anche grazie al benessere, ai progressi della medicina e al miglioramento complessivo della qualità di vita. Non si tratta di gerontocrazia al potere ma della dimostrazione che le persone anche molto anziane sono una risorsa ideale del cui valore oggi non ci si rende davvero conto.
La regina Elisabetta II è stata vittima di ageismo (instagram)
La regina Elisabetta II è stata vittima di ageismo (Instagram)

Esempio esportabile di longevità al femminile

“La Regina Elisabetta rappresenta la migliore testimonianza di forza e resilienza in età avanzata – commenta Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) –. Ha accompagnato e attraversato due secoli, ha vissuto la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, il terrorismo dell’Ira, superando anche tragiche esperienze personali. La sua vita è stata attraversata da crisi, difficoltà e veri e propri scandali, che ha saputo affrontare dando sempre prova di solidità e fermezza”. Un esempio di resilienza ma anche qualcosa di più. Un esempio esportabile di longevità al femminile. “La famiglia, gli affetti, l’impegno sul lavoro, le passioni sono stati elementi fondamentali per lei fino alla fine – incalza Landi -. Fattori importanti a cui dobbiamo saper attingere per tenerci vivi fino all’anzianità. Perché i geni li ereditiamo, la longevità ce la conquistiamo”.

Anche la Regina vittima di ageismo

Eppure nonostante Elisabetta II sia stata un esempio di resilienza e forza, alla fine anche lei è stata vittima di ageismo. “Da anni impazzano meme e post sulla sua immortalità – dice Giulia Goldin, psicologa dell’invecchiamento e ricercatrice all’Università di Padova -. Ironizzare sulla sua figura è esplicativo del fatto che l’opinione pubblica non si capacita della realtà dei fatti: cioè che una donna quasi centenaria sia riuscita a fare così tanto". E spiega: "E’ stata una forma di ageismo anche l’accanirsi nella ricerca spasmodica, attraverso foto e video, di indizi di deterioramento sulle mani della Regina per cercare cause e avvalorare che anziano uguale malattia”.
La ricerca di indizi di deterioramento sulle mani della Regina sono una forma di ageismo
Certo è che questo atteggiamento culturale mondiale, in cui invecchiare è una iattura, ha delle conseguenze terribili. Tanto che nel 2021 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha attivato una campagna di sensibilizzazione sull’ageismo, anche a seguito del Covid. Nel report dell’Oms, infatti, si dice che le persone che vengono quotidianamente esposte a queste forme di pregiudizi vivono in media 7 anni in meno. “Gli stereotipi legati all’invecchiamento sono tanti spiega l’esperta -. L’ageismo cronicizza l’invecchiamento perché porta isolamento sociale e impatta fortemente la motivazione. Ovvero, si instaura il cosiddetto fenomeno della minaccia, per cui la persona consapevole degli stereotipi relativi al proprio gruppo di appartenenza ha paura di mettere in atto comportamenti che possano confermare questi stereotipi. Per cui si ritira, non esercita più certe competenze e va a confermare lo stereotipo. L’anziano non si mette più in gioco, non esercita la memoria e la perde”.

Come si è passati dal rispetto alla discriminazione verso gli anziani?

“L’ageismo è una conseguenza dei cambiamenti demografici e sociali avvenuti nel corso del 900, quindi è un fenomeno recente – spiega Giulia Goldin - . Questo un po’ perché gli anziani sono cambiati. Prima non esistevano i longevi e neanche le cronicità che ci sono adesso. E poi è cambiato anche il loro ruolo. Un tempo gli anziani erano i saggi, i detentori della conoscenza. Adesso tutti si affidano ai media e internet. E così hanno perso la loro veste di fonte di conoscenza all’interno della famiglia e della comunità in generale. La società di oggi - continua - punta tutto sulla prestazione. Per cui la vecchiaia, da processo naturale, è diventato un problema sociale”. Un fenomeno moderno e trasversale che però ancora non viene pienamente riconosciuto. Il termine stesso ageismo è una italianizzazione del termine inglese. Questo fenomeno sociale e culturale è capace di assumere diverse forme nel corso della vita. Le famiglie non trovano più il giusto tempo per coltivare le relazioni con i propri anziani. E questo ha un impatto negativo sulla loro qualità di vita, provoca isolamento e conseguente mortalità anticipata. “L’ageismo è una cosa grave, specie quello passivo. Un nipote che non tiene alla salute del proprio nonno è ageismo” spiega Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.
Gli anziani, da rispettati a discriminati
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Nelle zone rurali si vive meglio e più a lungo

Realtà drammatiche, queste, presenti soprattutto nei grandi centri urbani. Dedalo di case e strade in cui spesso gli anziani si perdono o si dimenticano. Invece c’è bisogno di città che li sostengano e li rendano ancora partecipi del futuro della comunità. Così come avviene nei paesi a vocazione contadina, nei piccoli centri e in alcune zone del mondo dove si vive meglio e più a lungo. “Le grandi città soffrono molto di più questo problema. Nelle zone rurali c’è ancora possibilità di avere rapporti umani – racconta Francesco Landi, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) -. Basti pensare alle cinque aree in cui c’è maggiore concentrazione di centenari, le famose zone blu: Okinawa (Giappone), Sardegna (Italia), Nicoya (Costarica), Icaria (Grecia) e Loma Linda (California). Tutte a vocazione rurale”. In questa zone, certo, gli anziani sono maggiormente inclusi all’interno della società e anche per questo vivono di più. “A patto, però, che il livello di scolarità sia buono – dice la psicologa Giulia Goldin - secondo studi recenti, infatti, la poca scolarità è un fattore di rischio per quello che riguarda il declino cognitivo”. Eppure basterebbe ricordarsi che i nostri atteggiamenti discriminatori creano un sistema di cui tutti saremo vittime, per fare un po’ di attenzione in più.  

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