C’è chi
non lavora, perché il lavoro non lo trova, chi viene
pagato meno di quanto dovrebbe, chi il lavoro
non lo cerca nemmeno più perché scoraggiato, chi preferisce non lavorare. Ma c’è anche chi non lavora
quanto vorrebbe. Perché il mercato del lavoro non glielo permette. Un fenomeno in aumento in Europa e che colpisce soprattutto le
donne, come evidenzia il report di Eurofund. In questo caso si parla di
labour slack (lavoro debole) facendo riferimento allo scarto tra il lavoro desiderato e quello disponibile. Ulteriori manifestazioni del sottoutilizzo della forza lavoro, secondo lo schema dell’organizzazione internazionale del lavoro (Oil), sono poi la
sovraqualificazione, ovvero quando le persone svolgono un impiego rispetto al quale hanno qualifiche o competenze più elevate, e le
retribuzioni inadeguate.
Il fenomeno del 'labour slack'
Il fenomeno del 'Labour Slack' (lavoro debole) in Europa nel 2021 (Eurostat:Twitter)
Mettendo insieme tutte queste casistiche si stima che il fenomeno del ‘labour slack' interessi il
14% degli occupati in Europa, con punte particolarmente significative nell’Europa Meridionale. In Spagna, ad esempio, la casistica riguarda circa un quarto di tutto il mercato del lavoro. L'
Italia è seconda da questo punto di vista (
22,8%), seguita dalla Grecia (22,2%). Agli ultimi posti invece si trovano alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale, in particolare Repubblica Ceca (3,9%), Polonia (5,7%) e Malta (5,5%). Una delle principali componenti di questa parte del mercato del lavoro è quella relativa al
part-time, che in moltissimi casi non è una libera scelta, ma
un ripiego, ovvero il risultato di una difficoltà a trovare un impiego più sicuro. Non a caso si parla di "
involuntary part-timers", occupati a tempo parziale involontari.
La sottoccupazione in Europa
Secondo quanto riporta Openpolis “l'incidenza della
sottoccupazione in Ue ha visto un andamento
irregolare. Analizzando i dati relativi ai Paesi più popolosi (Germania, Francia, Italia e Spagna), vediamo che il dato era molto elevato nel 2009 in Francia e Spagna (pari rispettivamente al 6% e al 4,1%), mentre in Germania si attestava al 3,2% e l'Italia riportava la cifra più bassa (1,6%). In Francia e Germania si è poi registrato, negli anni, un graduale calo (rispettivamente di 1,7 e 1,8 punti percentuali). Mentre in Spagna si è verificato un incremento che ha portato questa componente della forza lavoro a toccare il 6,5% nel 2014, per poi calare progressivamente fino al 4,8% nel 2020 (e registrare un lieve aumento nel 2021). Anche in
Italia la
cifra è più elevata nel 2021 rispetto al 2009: 3%, ovvero 1,4 punti percentuali in più rispetto al dato di 11 anni prima”. La sottoccupazione è un fenomeno che colpisce maggiormente le
donne rispetto agli uomini. Infatti, precisano ancora i ricercatori, "pur essendo
mediamente più istruite, ad oggi in UE le donne lavorano ancora meno degli uomini. A causa di
pregiudizi sociali e culturali sui ruoli familiari spesso sono costrette più dei loro colleghi maschi a scegliere occupazioni con meno ore, che permettano loro di dedicarsi principalmente alla
cura della famiglia e della casa. Condizioni dettate da una forte disparità di genere che ancora incide in Europa”.
Le più colpite sono sempre le donne
In media le donne sono più istruite ma maggiormente vittime di sottoccupazione a causa di stereotipi e pregiudizi sociali che le vedono legate a occupazioni casalinghe e di cura familiare
Da questo punto di vista, il record si registra in
Spagna, dove il
7,6% delle donne svolge un lavoro con
un quantitativo più basso di ore (contro il 2,8% degli uomini). Seguono i Paesi Bassi (7,5%) e la Francia (6,3%). L'
Italia (4,2%) è solo leggermente al di sopra della media Ue. Mentre, anche in questo caso, agli ultimi posti si trovano alcuni Paesi dell'Europa centrale e orientale - in particolare la Bulgaria (0,3%, senza alcuna differenza di genere), la Repubblica Ceca e la Slovacchia (entrambe con 0,5%). La Romania è l'unico stato Ue in cui questa cifra risulta più elevata tra gli uomini (1,9% contro 0,7%). Da sottolineare inoltre che, considerando i punti di divario, le maggiori disparità di genere si registrano in Spagna (4,8 punti percentuali), Francia (3,9) e Paesi Bassi (3,6).
La situazione in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, come sempre, emerge una forte
eterogeneità. Nelle province autonome di
Bolzano e
Trento e in
Veneto più dell'80% dei lavoratori part-time sono di
sesso femminile. Seguono sotto questo aspetto la Valle d'Aosta (78,6%) e la Lombardia (77,2%). Mentre le cifre più basse si riscontrano in Calabria (55,4%), in Sicilia e in Campania (entrambe intorno al 60%). Per capire bene questi dati ed interpretarli nella giusta maniera però va tenuto conto che
al sud il tasso di inattività è molto più elevato, mentre quello di occupazione è molto più basso, soprattutto tra le donne. In sostanza, In Italia mediamente il lavoro part-time ha un’incidenza 3 volteggiare per la componente femminile. In ogni caso, circa il
24% di tutte le occupate ha infatti un impiego
part-time, con variazioni minime a seconda della macroarea. Differenze geografiche maggiori sono invece riscontrabili tra gli uomini. Nella macroregione del nord-est l'incidenza del lavoro a tempo parziale è pari al 6,5%. Una cifra che invece al centro si attesta al 9,3% e al sud raggiunge il 10,3%.