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Home » Lifestyle » Ma “Quante Famiglie” esistono? Coi Papà per Scelta la diversità si scopre giocando

Ma “Quante Famiglie” esistono? Coi Papà per Scelta la diversità si scopre giocando

La coppia Carlo Tumino e Christian De Florio, in collaborazione con Clementoni e Show Reel Agency, ha reinventato in chiave inclusiva il famoso gioco '10 famiglie'

Marianna Grazi
4 Agosto 2022
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Julian e Sebastian hanno due padri, Carlo e Christian. Qualcuno, il papà o la mamma, neppure ce l’ha. Altri bimbi hanno uno dei genitori che vive su una sedia a rotelle, o ha un altro tipo di disabilità, oppure un fratello o una sorella che ha il colore della pelle diverso dalla loro. Allora viene naturale chiedersi: ma quanti tipi di famiglie esistono? Una domanda innocente come quella che potrebbe fare un bambino. Proprio da questa riflessione – e da una richiesta molto simile a questa – è nata l’idea “Quante Famiglie“, restyling del popolare gioco di memoria ’10 Famiglie’ di Clementoni, nato dalla collaborazione tra l’azienda marchigiana leader nell’ideazione e produzione di giocattoli, Show Reel Agency (content agency parte della digital media company Show Reel Media Group) e gli ideatori, i Papà per Scelta.

Papà per Scelta
Carlo Tumino, Christian De Florio e i loro bambini, i gemelli Julian e Sebastian

Carlo Tumino e Christian De Florio, sono i genitori di due gemelli di 4 anni, Juju e Seba, nati negli Stati Uniti con un programma di surrogacy. La coppia, felicemente sposata e residente a Rimini, è impegnata da tempo nella sensibilizzazione – anche attraverso i social – sulla tema delle famiglie arcobaleno, della genitorialità per le coppie Lgbt+, ma questa volta a dare loro l’imput è stata proprio la semplice domanda di uno dei figli: se esistesse un gioco specchio della loro famiglia, composta da due papà e due bimbi. Così in Christian e Carlo è nata la volontà di creare una proposta rappresentativa delle diverse realtà familiari ed è nato ‘Quante Famiglie’, un gioco che abbraccia tutti, diventando progetto sociale, culturale ed educativo. Un gioco dove gli adulti possono insegnare il rispetto per le differenze, e dove i bambini possano riconoscersi.

Come nasce l’idea del gioco “Quante Famiglie”?
“Da un’esigenza specifica, una domanda super innocente che un giorno ci fece Julian: ‘Ma esiste un gioco in cui ci sono due papà?’. Ci siamo interrogati e alla fine abbiamo risposto semplicemente di no. Nel mondo dei giochi c’è una mancanza di rappresentazione di una tipologia di famiglia come la nostra e con Christian abbiamo iniziato a pensare sull’opportunità di poter fare una cosa di questo tipo. Perché poi il tema non era solo la mancanza di rappresentazione di famiglie omogenitoriali nei giochi, ma anche la disabilità, la multirazzialità… Le famiglie si possono declinare all’infinito. Nel gioco, infatti, ci sono le quattro carte vuote in cui ognuna può scegliere come rappresentarsi”. 

Quante Famiglie gioco
Nel gioco “Quante Famiglie” alcune card sono state appositamente lasciate bianche perché ogni famiglia possa rappresntarsi come meglio crede

Come si è sviluppata l’iniziativa e che tipo di messaggio volevate lanciare?
“Crediamo che non esista un modello predefinito di famiglia, ma fortunatamente sono tante e tutte meravigliosamente differenti. Siamo partiti da questo perché capiamo quanto sia importante per ogni bambino riconoscersi e identificarsi in un gioco. Quindi abbiamo bussato alla porta di Clementoni e, con l’aiuto di Show Reel Agency, siamo riusciti a creare un progetto che fosse super inclusivo, che non parlasse solo di famiglie omogenitoriali ma di tutte le potenziali famiglie che si possono trovare all’interno delle mura domestiche”.

Anche attraverso un gioco si possono trasmettere valori importanti, quindi, come quello della diversità e dell’inclusione?
“Il gioco è fondamentale, perché attraverso il gioco si crea l’identità del bambino. Quindi non può non sentirsi rappresentato in un gioco che parla di famiglie. Assolutamente crediamo che l’inclusione sia un must have. Inoltre tanti genitori ci hanno scritto chiedendoci consigli, suggerimenti, su come poter riuscire a insegnare l’inclusività ai bimbi. Quindi questo gioco risponde a un’esigenza non solamente nostra ma anche di tutte le altre famiglie contesti educativi in cui si vuole crescere una generazione di bambini e bambine in cui l’inclusione è parte del loro DNA”. 

Per i bambini e le bambine è più semplice accettare o considerare la normalità la molteplice varietà di famiglie possibili rispetto ad un adulto?
“Da che mondo è mondo il bambino è un contenitore vuoto, che è poi il suo valore aggiunto, perché non ha sovrastrutture di giudizi e pregiudizi nei confronti dell’altro e della diversità. Per questo è un gioco adatto in quella fascia di età in cui si costruisce l’identità e ci si deve sentire rappresentati. Soprattutto nella fase progettuale Show Reel Agency ci ha aiutato tanto e, quando è stato testato da Clementoni con altri bambini prima dello step finale, ci hanno raccontato quanto i piccoli fossero contenti di provarlo. Non erano solo incuriositi ma hanno probabilmente percepito un pezzettino di realtà che mancava e che non vedevano.
I bambini hanno semplicemente bisogno di verità, di risposte e semplicità. Il gioco risponde a questa esigenza, è lo strumento più congeniale per raccontare le potenziali realtà che esistono nella società. Per far capire loro che c’è tanto diverso, ma quella diversità deve essere per loro una ricchezza per aggiungere tasselli al mondo circostante”.

Quante Famiglie
Nel gioco Quante Famiglie sono presentate una grande varietà di personalità familiari il più possibile rappresentative

Magari evitando categorizzazioni tipo “questo è da femmina”, “questo da maschio”…
“Sì infatti le illustrazioni si ‘Quante famiglie’ sono studiate da questo punto di vista. Noi non volevamo dare un ruolo, come accade nella versione precedente, ad esempio, in cui ci sono il papà numero uno, la mamma numero due, che sembrano identificare già una priorità maschile. Anche quello che fanno le varie personalità rappresentate, in termini sportivi, vuole abbattere quei luoghi comuni che vedono alcuni sport prevalentemente maschili o femminili, piuttosto che professioni da uomo o da donna… Il gioco va in questo senso: diversità non è solo una famiglia di due papà come la nostra, ma è in tutti gli aspetti della vita reale. Volevamo far sognare i bambini e le bambine che da grandi possono fare quello che vogliono”. 

Cos’è oggi, per voi, la famiglia?
Carlo: “È il luogo dove riesci a esprimere veramente te stesso, è quello in cui torni quando hai bisogno di sentirti sicuro, quel luogo in cui ti senti ascoltato. Riferito alla nostra, penso alla predilezione di Sebastian per il colore rosa: ecco è il luogo in cui ti senti libero di esprimere quelle che sono le tue predisposizioni senza essere giudicato, in cui vieni invece assecondato e in cui il ruolo genitoriale è quello di darti gli strumenti per crescere in maniera serena, equilibrata, senza sovrastrutture che ti dicano quello che puoi fare o non fare”.

Christian: “Mi verrebbe da dire che è quel luogo sicuro dove poterti sentire sempre a tuo agio, dove sentirti te stesso e poi dove si definiscono le identità e i caratteri delle persone, perché le influenze che riceviamo quando sono piccoli sono il nostro marchio di fabbrica che poi ci portiamo dietro tutta la vita. Sicuramente ha un ruolo fondamentale nella società, perché i valori importati che vengono trasmessi, i legami veri, sono indissolubili, e li costruisci in famiglia”.

“Pensiamo che la sostanza sia più importante della forma: la sostanza è la qualità dei legami che si vengono a creare a prescindere dal DNA!”.

Papà per Scelta
Christian e Sebastian sulla sinistra, Carlo e Julian sulla destra

Quando avete capito di essere pronti a fare i papà?
Christian: “Io (l’ho raccontato nel libro) l’ho capito tardi, perché in famiglia ho avuto un po’ di problemi, quindi l’ho scoperto quando per la prima il mio papà ha avuto bisogno di me e si sono invertiti  i ruoli. Lì ho capito cosa significava essere famiglia, cioè aiutarsi quando la vita non è sempre gentile e purtroppo accadono episodi spiacevoli. È lì che si misura il valore della famiglia, nel rimanere compatta e nel dimostrare quanto realmente si tiene agli altri. Ho capito che quello era un sentimento che avrei voluto coltivare e che quell’amore l’avrei voluto dare anche ai miei figli, sarei voluto diventare papà”.

Carlo: “Per me è stato un po’ un percorso inverso, è stato semplicemente una prosecuzione di quella che è stata la mia infanzia e adolescenza, con tutti – ovviamente – i conflitti che ci possono essere tra figli e genitori. Ma è stato talmente tanto bello essere figlio che mi sarebbe piaciuto comunque regalare le stesse emozioni ai miei figli, in questo caso ai gemelli”. 

Come si gestiscono nella vita quotidiana due bambini di 4 anni? Avete un’arma segreta?
“Non si gestiscono. Si impara sul campo. Una cosa che mi dissero, e che poi capii quanto fosse vera, è che tutto è molto naturale, ti accorgi che hai tutti gli strumenti. E poi è una palestra di vita: il bambino per fortuna ti fa capire se fai le cose giuste o no, e quindi anche tu hai modo di tarare il modo di essere genitore. Ti devi mettere in discussione tanto, bisogna essere sensibili e attenti a leggere le esigenze. Bisogna fare pace con gli errori che si fanno tutti i giorni, con i sensi di colpa assolutamente naturali. E soprattutto vanno ascoltati i propri figli: bisogna porsi dal basso verso l’alto, perché hanno un punto di vista totalmente diverso da quello che abbiamo noi adulti. Magari influenzarli nella giusta direzione. Ogni tanto mettiamo i tappi – scherzano –. Ma ci deve essere soprattutto un bilanciamento tra vita di coppia, vita familiare e vita personale“.

Non ci si deve quindi sentire ‘meno genitori’ se si dà spazio, a volte, alla vita di coppia
“È fondamentale. Non si può essere genitori felici se prima non si parte dalle origini, del perché si è venuta a formare una famiglia, provando ad alimentare il sentimento di due persone che si vogliono bene. Spesso vogliamo tornare a quelle origini in cui siamo io e Christian. È fondamentale non dimenticarsi che prima si è coppia e poi genitori”.

Papà per Scelta
La famiglia Tumino De Florio: Carlo, Christian, Sebastian e Julian

L’augurio che fate a Julian e Sebastian
Christian: “Che vivano, un domani, in un mondo più inclusivo e più gentile di questo, ed è anche il motivo per cui i loro genitori si stanno adoperando. Speriamo che questa nostra mission serva a qualcosa perché se nel nostro piccolo stiamo provando a cambiare il mondo è proprio per spianare la strada a loro”.

Carlo: “Io mi auguro semplicemente che smettano di essere considerati come i figli di due papà che hanno fatto una scelta impopolare ma vengano semplicemente considerati due brave persone che, come ogni altro ragazzo o ragazza, cercano il loro posto nel mondo”.

Dove vedete la luce?
“L’abbiamo vista innanzitutto quando finalmente (Julian e Sebastian) hanno dormito tutta la notte. Proprio la luce in fondo al tunnel, ci tengo a ribadirlo – dicono ridendo – perché spesso non l’abbiamo vista. Poi la vediamo nei loro occhi. Quando spesso le persone ci giudicano per le nostre scelte impopolare, la gratificazione più grande è vedere la felicità dei nostri figli quando esplorano il mondo e sorridono con quegli occhi lì. Credo che non potevamo fare scelta migliore che dare a Julian e Sebastian questo dono bellissimo: la famiglia”.  

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  • “I nostri animali rischiano una fine orribile.”

La scure del Tar del Lazio ha infranto le speranze della “Sfattoria degli Ultimi”, centoncinquanta tra maiali e cinghiali rischiano di morire. 

L’8 agosto l’Asl 1 ha notificato alla Sfattoria la decisione di abbattimento degli animali perché si trovano nella cosiddetta "zona rossa"(ovvero zona infetta in relazione alla peste suina africana) che comprende tutto il territorio romano. L’associazione ha contestato la decisione, sostenendo che essendo animali Dpa (ovvero non destinato alla produzione di alimenti) e quindi da affezione, non possono essere abbattuti secondo legge. Il Tar però “ha rigettato la richiesta di sospensiva urgente e per questo l’ordinanza di abbattimento può diventare esecutiva”. 

Anche il commissario nominato per l’emergenza, Angelo Ferrari, ha ritenuto non accoglibile la richiesta di non procedere all’abbattimento dei suini in questione perché, secondo quanto riferito dall’Asl, le strutture che ospitano gli animali sono state occupate abusivamente e gli animali non sono tracciati e non ci sono certificazioni di provenienza. Accuse respinte al mittente dalla Sfattoria.

Numerosi gli appelli a sostegno della Sfattoria a cominciare dalla petizione su change.org. Ma anche quelle di altre associazioni come Enpa, Leidaa, Lndc e Oipa che annunciano una dura battaglia legale con l’intenzione di trasformare la richiesta di sospensiva in ricorso ordinario. E gli appelli di supporto misti allo sdegno si sono diffusi anche via social dove centinaia di utenti hanno “urlano" contro la decisione dell’azienda sanitaria. 

#lucenews #lucelanazione #sfattoriadegliultimi #salviamoglianimali #protezioneanimali
  • Buone notizie per i neogenitori. Scattano da oggi, 13 agosto, le nuove regole sui congedi parentali previste dal decreto 105/2022. 🔻

La novità più importante è l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio di 10 giorni al 100% della retribuzione (in precedenza erano solo 5), che sostituisce il congedo obbligatorio del padre e il congedo facoltativo del padre. 

Tale congedo sarà accessibile dal padre lavoratore dipendente tra i due mesi precedenti e i cinque successivi alla nascita, anche in caso di morte perinatale del bambino. I giorni di congedo possono essere sovrapposti anche a quelli della madre lavoratrice (pari a 5 mesi) e, in caso di parto gemellare, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi.

Oltre a questi 10 giorni obbligatori e completamente pagati, entrambi i genitori con figli di età inferiore ai 12 anni avranno diritto a un ulteriorecongedo facoltativo della durata di tre mesi con un’indennità del 30% dello stipendio. Tale congedo non è trasferibile da un genitore all’altro. I genitori hanno anche diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta sempre un’indennità del 30% della retribuzione. 

Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi continuativi o frazionati, di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) indennizzabili al 30% della retribuzione.

I limiti massimi restano invariati per entrambi i genitori: 6 mesi per la madre e 6 per il padre (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio. 

Di Nicolò Guelfi ✍

#lucenews #lucelanazione #congedoparentale #maternitàepaternitàaconfronto #genitorifigli
  • Un episodio orribile quello accaduto a Salerno dove due donne lesbiche sono state accoltellate dal padre di una di loro. Le due giovani hanno deciso di denunciare il fatto ai carabinieri e la vicenda è stata resa nota dal consigliere regionale campano di Europa Verde Francesco Borrelli, che ha parlato di “storia folle e agghiacciante”.

La vicenda è iniziata quando le due ragazze, Francesca e Immacolata, la prima 39enne di Crotone e la seconda 23enne della provincia di Napoli, sono arrivate a Salerno per lavorare; nel capoluogo campano sono state ospitate a casa di una parente di Immacolata, il teatro dell’aggressione. 

“Mio padre ci ha detto ‘Voglio fare 30 anni di carcere: volete morire insieme? È arrivato il momento’ e poi ci ha colpito. Mia madre ha assistito all’aggressione e non ha fermato mio padre, anzi ha provato a bloccarci mentre scappavamo”, ha raccontato la più giovane. 

“Entrambe abbiamo riportato qualche ferita, ma siamo riuscite a scappare. Fino alle 5 del mattino però mio padre ci ha inseguite e minacciate. Abbiamo chiamato il 112 e i carabinieri sono intervenuti accompagnandoci nel nostro domicilio di Salerno per fare le valigie e tornare poi a Crotone in sicurezza. Lui a oggi nega tutto, ma abbiamo le prove di quello che ha fatto”, ha raccontato Immacolata.

Le due ragazze sono quindi tornate in Calabria e si sono anche recate al Pronto Soccorso dell’ospedale di Crotone per farsi medicare, sul corpo avevano numerose escoriazioni e ferite lievi di arma da taglio. 

#lucenews #lucelanazione #lgbtqitalia #aggressioneomofoba #salerno

Julian e Sebastian hanno due padri, Carlo e Christian. Qualcuno, il papà o la mamma, neppure ce l'ha. Altri bimbi hanno uno dei genitori che vive su una sedia a rotelle, o ha un altro tipo di disabilità, oppure un fratello o una sorella che ha il colore della pelle diverso dalla loro. Allora viene naturale chiedersi: ma quanti tipi di famiglie esistono? Una domanda innocente come quella che potrebbe fare un bambino. Proprio da questa riflessione – e da una richiesta molto simile a questa – è nata l'idea "Quante Famiglie", restyling del popolare gioco di memoria '10 Famiglie' di Clementoni, nato dalla collaborazione tra l’azienda marchigiana leader nell’ideazione e produzione di giocattoli, Show Reel Agency (content agency parte della digital media company Show Reel Media Group) e gli ideatori, i Papà per Scelta.

Papà per Scelta
Carlo Tumino, Christian De Florio e i loro bambini, i gemelli Julian e Sebastian

Carlo Tumino e Christian De Florio, sono i genitori di due gemelli di 4 anni, Juju e Seba, nati negli Stati Uniti con un programma di surrogacy. La coppia, felicemente sposata e residente a Rimini, è impegnata da tempo nella sensibilizzazione – anche attraverso i social – sulla tema delle famiglie arcobaleno, della genitorialità per le coppie Lgbt+, ma questa volta a dare loro l'imput è stata proprio la semplice domanda di uno dei figli: se esistesse un gioco specchio della loro famiglia, composta da due papà e due bimbi. Così in Christian e Carlo è nata la volontà di creare una proposta rappresentativa delle diverse realtà familiari ed è nato ‘Quante Famiglie’, un gioco che abbraccia tutti, diventando progetto sociale, culturale ed educativo. Un gioco dove gli adulti possono insegnare il rispetto per le differenze, e dove i bambini possano riconoscersi.

Come nasce l’idea del gioco “Quante Famiglie”? “Da un’esigenza specifica, una domanda super innocente che un giorno ci fece Julian: ‘Ma esiste un gioco in cui ci sono due papà?’. Ci siamo interrogati e alla fine abbiamo risposto semplicemente di no. Nel mondo dei giochi c’è una mancanza di rappresentazione di una tipologia di famiglia come la nostra e con Christian abbiamo iniziato a pensare sull’opportunità di poter fare una cosa di questo tipo. Perché poi il tema non era solo la mancanza di rappresentazione di famiglie omogenitoriali nei giochi, ma anche la disabilità, la multirazzialità… Le famiglie si possono declinare all’infinito. Nel gioco, infatti, ci sono le quattro carte vuote in cui ognuna può scegliere come rappresentarsi”. 

Quante Famiglie gioco
Nel gioco "Quante Famiglie" alcune card sono state appositamente lasciate bianche perché ogni famiglia possa rappresntarsi come meglio crede

Come si è sviluppata l’iniziativa e che tipo di messaggio volevate lanciare? “Crediamo che non esista un modello predefinito di famiglia, ma fortunatamente sono tante e tutte meravigliosamente differenti. Siamo partiti da questo perché capiamo quanto sia importante per ogni bambino riconoscersi e identificarsi in un gioco. Quindi abbiamo bussato alla porta di Clementoni e, con l’aiuto di Show Reel Agency, siamo riusciti a creare un progetto che fosse super inclusivo, che non parlasse solo di famiglie omogenitoriali ma di tutte le potenziali famiglie che si possono trovare all’interno delle mura domestiche”.

Anche attraverso un gioco si possono trasmettere valori importanti, quindi, come quello della diversità e dell'inclusione? “Il gioco è fondamentale, perché attraverso il gioco si crea l’identità del bambino. Quindi non può non sentirsi rappresentato in un gioco che parla di famiglie. Assolutamente crediamo che l’inclusione sia un must have. Inoltre tanti genitori ci hanno scritto chiedendoci consigli, suggerimenti, su come poter riuscire a insegnare l’inclusività ai bimbi. Quindi questo gioco risponde a un’esigenza non solamente nostra ma anche di tutte le altre famiglie contesti educativi in cui si vuole crescere una generazione di bambini e bambine in cui l’inclusione è parte del loro DNA”. 

Per i bambini e le bambine è più semplice accettare o considerare la normalità la molteplice varietà di famiglie possibili rispetto ad un adulto? “Da che mondo è mondo il bambino è un contenitore vuoto, che è poi il suo valore aggiunto, perché non ha sovrastrutture di giudizi e pregiudizi nei confronti dell’altro e della diversità. Per questo è un gioco adatto in quella fascia di età in cui si costruisce l'identità e ci si deve sentire rappresentati. Soprattutto nella fase progettuale Show Reel Agency ci ha aiutato tanto e, quando è stato testato da Clementoni con altri bambini prima dello step finale, ci hanno raccontato quanto i piccoli fossero contenti di provarlo. Non erano solo incuriositi ma hanno probabilmente percepito un pezzettino di realtà che mancava e che non vedevano. I bambini hanno semplicemente bisogno di verità, di risposte e semplicità. Il gioco risponde a questa esigenza, è lo strumento più congeniale per raccontare le potenziali realtà che esistono nella società. Per far capire loro che c’è tanto diverso, ma quella diversità deve essere per loro una ricchezza per aggiungere tasselli al mondo circostante”.

Quante Famiglie
Nel gioco Quante Famiglie sono presentate una grande varietà di personalità familiari il più possibile rappresentative

Magari evitando categorizzazioni tipo "questo è da femmina", "questo da maschio"… “Sì infatti le illustrazioni si ‘Quante famiglie’ sono studiate da questo punto di vista. Noi non volevamo dare un ruolo, come accade nella versione precedente, ad esempio, in cui ci sono il papà numero uno, la mamma numero due, che sembrano identificare già una priorità maschile. Anche quello che fanno le varie personalità rappresentate, in termini sportivi, vuole abbattere quei luoghi comuni che vedono alcuni sport prevalentemente maschili o femminili, piuttosto che professioni da uomo o da donna… Il gioco va in questo senso: diversità non è solo una famiglia di due papà come la nostra, ma è in tutti gli aspetti della vita reale. Volevamo far sognare i bambini e le bambine che da grandi possono fare quello che vogliono”. 

Cos’è oggi, per voi, la famiglia? Carlo: “È il luogo dove riesci a esprimere veramente te stesso, è quello in cui torni quando hai bisogno di sentirti sicuro, quel luogo in cui ti senti ascoltato. Riferito alla nostra, penso alla predilezione di Sebastian per il colore rosa: ecco è il luogo in cui ti senti libero di esprimere quelle che sono le tue predisposizioni senza essere giudicato, in cui vieni invece assecondato e in cui il ruolo genitoriale è quello di darti gli strumenti per crescere in maniera serena, equilibrata, senza sovrastrutture che ti dicano quello che puoi fare o non fare”.

Christian: “Mi verrebbe da dire che è quel luogo sicuro dove poterti sentire sempre a tuo agio, dove sentirti te stesso e poi dove si definiscono le identità e i caratteri delle persone, perché le influenze che riceviamo quando sono piccoli sono il nostro marchio di fabbrica che poi ci portiamo dietro tutta la vita. Sicuramente ha un ruolo fondamentale nella società, perché i valori importati che vengono trasmessi, i legami veri, sono indissolubili, e li costruisci in famiglia”.

"Pensiamo che la sostanza sia più importante della forma: la sostanza è la qualità dei legami che si vengono a creare a prescindere dal DNA!”.

Papà per Scelta
Christian e Sebastian sulla sinistra, Carlo e Julian sulla destra

Quando avete capito di essere pronti a fare i papà? Christian: “Io (l’ho raccontato nel libro) l’ho capito tardi, perché in famiglia ho avuto un po’ di problemi, quindi l’ho scoperto quando per la prima il mio papà ha avuto bisogno di me e si sono invertiti  i ruoli. Lì ho capito cosa significava essere famiglia, cioè aiutarsi quando la vita non è sempre gentile e purtroppo accadono episodi spiacevoli. È lì che si misura il valore della famiglia, nel rimanere compatta e nel dimostrare quanto realmente si tiene agli altri. Ho capito che quello era un sentimento che avrei voluto coltivare e che quell’amore l’avrei voluto dare anche ai miei figli, sarei voluto diventare papà”.

Carlo: “Per me è stato un po’ un percorso inverso, è stato semplicemente una prosecuzione di quella che è stata la mia infanzia e adolescenza, con tutti – ovviamente – i conflitti che ci possono essere tra figli e genitori. Ma è stato talmente tanto bello essere figlio che mi sarebbe piaciuto comunque regalare le stesse emozioni ai miei figli, in questo caso ai gemelli”. 

Come si gestiscono nella vita quotidiana due bambini di 4 anni? Avete un’arma segreta? “Non si gestiscono. Si impara sul campo. Una cosa che mi dissero, e che poi capii quanto fosse vera, è che tutto è molto naturale, ti accorgi che hai tutti gli strumenti. E poi è una palestra di vita: il bambino per fortuna ti fa capire se fai le cose giuste o no, e quindi anche tu hai modo di tarare il modo di essere genitore. Ti devi mettere in discussione tanto, bisogna essere sensibili e attenti a leggere le esigenze. Bisogna fare pace con gli errori che si fanno tutti i giorni, con i sensi di colpa assolutamente naturali. E soprattutto vanno ascoltati i propri figli: bisogna porsi dal basso verso l’alto, perché hanno un punto di vista totalmente diverso da quello che abbiamo noi adulti. Magari influenzarli nella giusta direzione. Ogni tanto mettiamo i tappi – scherzano –. Ma ci deve essere soprattutto un bilanciamento tra vita di coppia, vita familiare e vita personale“.

Non ci si deve quindi sentire ‘meno genitori’ se si dà spazio, a volte, alla vita di coppia “È fondamentale. Non si può essere genitori felici se prima non si parte dalle origini, del perché si è venuta a formare una famiglia, provando ad alimentare il sentimento di due persone che si vogliono bene. Spesso vogliamo tornare a quelle origini in cui siamo io e Christian. È fondamentale non dimenticarsi che prima si è coppia e poi genitori”.

Papà per Scelta
La famiglia Tumino De Florio: Carlo, Christian, Sebastian e Julian

L’augurio che fate a Julian e Sebastian Christian: “Che vivano, un domani, in un mondo più inclusivo e più gentile di questo, ed è anche il motivo per cui i loro genitori si stanno adoperando. Speriamo che questa nostra mission serva a qualcosa perché se nel nostro piccolo stiamo provando a cambiare il mondo è proprio per spianare la strada a loro”.

Carlo: “Io mi auguro semplicemente che smettano di essere considerati come i figli di due papà che hanno fatto una scelta impopolare ma vengano semplicemente considerati due brave persone che, come ogni altro ragazzo o ragazza, cercano il loro posto nel mondo”.

Dove vedete la luce? “L’abbiamo vista innanzitutto quando finalmente (Julian e Sebastian) hanno dormito tutta la notte. Proprio la luce in fondo al tunnel, ci tengo a ribadirlo – dicono ridendo – perché spesso non l’abbiamo vista. Poi la vediamo nei loro occhi. Quando spesso le persone ci giudicano per le nostre scelte impopolare, la gratificazione più grande è vedere la felicità dei nostri figli quando esplorano il mondo e sorridono con quegli occhi lì. Credo che non potevamo fare scelta migliore che dare a Julian e Sebastian questo dono bellissimo: la famiglia”.  

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