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La moda adattiva di Silvia: "Volevo aiutare un amico disabile, ma ho capito di poter fare di più"

Dal progetto per la tesi al concorso “Italian fashion talent awards”, la 26enne ha realizzato una collezione di capi facilmente indossabili da chi ha problemi motori

di LUDOVICA CRISCITIELLO -
19 febbraio 2023
moda adattiva

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Studiare per rendere migliore la vita degli altri a partire da un atto quotidiano "semplice" come quello di vestirsi. Ci ha pensato Silvia Barbieri, 26 anni, di Mercogliano in provincia di Avellino che ha scelto di specializzarsi in design della moda all’Accademia a Napoli per poi intraprendere una strada per nulla scontata. Quella che l’ha portata a firmare la prima collezione di adaptive moda, ovvero moda adattiva che comprende abbigliamento, calzature e accessori nati per essere accessibili alle persone con disabilità. "È partito tutto dal mio progetto di tesi nato per vestire e svestire persone sulla sedia a rotelle – racconta Silvia - ma poi mi sono resa conto che poteva diventare qualcosa di rivoluzionario con cui aiutare davvero le persone e ho scelto di lavorare sulla promozione di una moda intelligente per facilitare la vita a chi ne ha bisogno". A ispirare Silvia è il suo amico Gerardo, affetto da distrofia muscolare di Duchenne. "Il mio progetto è focalizzato su di lui che, non potendo muovere braccia e gambe, aveva davvero grandi difficoltà a vestirsi e svestirsi, e soprattutto i suoi genitori che dovevano aiutarlo". Ed ecco che a Silvia si accende una lampadina. "Possibile che non ci sia nulla da fare?".

Silvia Barbieri, 26 anni, viene dalla provincia di Avellino 

Un’idea per aiutare un amico

"Sono partita con l’analisi di tutti i problemi che Gerardo incontrava ogni volta che doveva vestirsi e svestirsi – racconta Barbieri - per capire quali dovevano essere le sue esigenze e per trovare soluzioni che facilitassero l’azione. E mi sono lanciata con una collezione maschile basandomi sullo studio di una nuova modellistica sperimentale adattiva ideata proprio da me". Un anno di lavoro che ha avuto come coronamento, alla fine del percorso, la realizzazione di una collezione di capi semi eleganti, ma anche di outfit che prevedevano la presenza di jeans. Disegnati e realizzati solo e unicamente da Silvia che alle superiori aveva seguito anche un corso di sartoria. "Gerardo non poteva muovere le braccia senza provare dolore, quindi da almeno sette anni non era più riuscito a indossare una camicia, vista l’impossibilità di infilare le braccia nelle maniche. E per di più è stato costretto a laurearsi in tuta da ginnastica". È allora che Silvia pensa a una collezione che all'eleganza affianchi outfit composti da jeans, felpe, gilet e giacche. "Il jeans è un indumento difficile da tenere addosso non solo per via del materiale di cui è fatto". Quindi, oltre a lavorare sulla modellistica e sulla vestibilità adattiva, Silvia ha aggiunto aperture nascoste e zip invisibili che hanno permesso di poggiare la camicia sulle spalle di Gerardo. "In questo modo lui senza dover fare nessun movimento ha dovuto solo infilare la mano nel polsino e io tiravo su la zip sotto il braccio allo stesso modo funziona con jeans".
moda adattiva

L'idea di realizzare una collezione di capi che fossero facilmente indossabili da persone con diabilità le è venuta per aiutare un suo amico, Gerardo, affetto da distrofia muscolare di Duchenne

Il futuro della collezione

Dopo la laurea Silvia a partecipato al concorso “Italian fashion talent awards" a Salerno, presentando proprio la collezione del progetto di tesi. "Da quel giorno ho iniziato a lavorare per avviare la mia start-up e sto collaborando con produzioni del territorio principalmente. Credo che se uno vuole cambiare le cose deve partire dal posto in cui è nato, che (nel suo caso) ha risposto e sta rispondendo inaspettatamente benissimo a questa sfida. Ma questa è stata la dimostrazione che i social se usati bene possono servire". Dall’inizio dello scorso anno a oggi il progetto di tesi quindi si è evoluto. "Era nato come collezione di abiti maschili per ragazzi sulle sedie a rotelle e con sindrome di Duchenne, ma poi attraverso interviste che sto facendo anche fuori dall’Italia, ascoltando diverse storie ho deciso di ampliare il mio lavoro a dei prodotti che diano soluzioni più generalizzate. Vorrei progettare capi realmente inclusivi che siano per tutti, senza creare delle categorie, senza fare differenze tra una persona e l’altra". Andare oltre le barriere dunque. Realizzare quell’inclusione di cui si parla nell’ICF, e che non vuole evidenziare la disabilità di una persona ma come il contesto può diventare una barriera affinché la sua vita si realizzi in pieno, intervenendo laddove occorre. Nel frattempo il progetto di tesi di Silvia è stato anche riconosciuto dal Cip (Comitato italiano paralimpico) e ciò le ha permesso di far sfilare con i suoi capi alcuni dei ragazzi che hanno partecipato alle scorse Paralimpiadi.
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La collezione maschile, da progetto di tesi è diventata realtà, interamente realizzata da Silvia

Quando è nata la moda adattiva?

Izzy Camilleri è considerata la pioniera dell’adaptive fashion. La stilista canadese ha lavorato per oltre trent’anni per i principali marchi, vestendo attrici del calibro di Angelina Jolie e Meryl Streep. Finché un giorno le viene richiesto di disegnare un mantello per una donna sulla sedia a rotelle, tetraplegica e paralizzata dalla testa i piedi. È lì che Izzy Camilleri comincia a riflettere sul fatto che la moda, fino a quel momento, non era mai stata pensata per risolvere i problemi di tutti e che c’era un buco enorme nel mercato che colpiva proprio le persone con disabilità. E che occorreva ripensare il modo di disegnare e creare le collezioni perché vestirsi bene significa stare meglio in termini di confort ma anche di autostima. Dopo aver creato il primo capo la sua cliente, a cui sono seguiti altri, il successo è stato immediato e la Camilleri ha lanciato il suo negozio online, izadaptive.com per abbattere qualunque barriera, anche quella della reperibilità.