Che la più grande democrazia del mondo ostacoli le libere scelte delle donne non è una novità, in particolare quando queste riguardano il loro diritto a prendere decisioni autonome in merito alla propria salute riproduttiva. A interferire con le libertà individuali non bastano poi le leggi restrittive del governo Usa: spesso anche i movimenti religiosi giocano un ruolo fondamentale nel condizionare il dibattito.
I leader di questi ultimi, infatti, sono stati una presenza rumorosa nelle cliniche per l'aborto americane per decenni, il più delle volte per protestare e per opporsi alla pratica. Ma i membri della Religious Community for Reproductive Choice, riuniti nella clinica del Maryland, hanno un obiettivo diverso: attraverso una benedizione rituale vogliono dimostrare che la religione può essere una fonte di sostegno per i diritti all’aborto.
Com’è nato il Women’s Health Center
Dopo la decisione della Corte Suprema, nel giugno 2022, di ribaltare la storica sentenza Roe v. Wade che garantiva il diritto di interruzione di gravidanza a livello federale, il Women’s Health Center, nel West Virginia, ha smesso di fornire il libero accesso all’aborto, come faceva da oltre 45 anni.
Sebbene la clinica abbia continuato a offrire servizi riproduttivi e terapie ormonali, Katie Quiñonez, direttrice esecutiva, volendo continuare a garantire assistenza alle gestanti nella zona, ha aperto il Women’s Health Center di Cumberland, nel Maryland, oltrepassando il confine nazionale. A partire da quel momento ha eseguito centinaia di aborti, circa la metà dei quali a pazienti del West Virginia, limitate dalle restrizioni emanate dall’abolizione della sentenza Roe.
La decisione della direttrice ha però galvanizzato i movimenti anti-abortisti più conservatori dello stato del Maryland, tanto da condurre alcuni pastori e appartenenti a gruppi religiosi a guidare proteste ed eventi di preghiera fuori dalla clinica. Tra loro Karen Majors, 65 anni: dopo aver abortito all’età di 30 anni si è convertita al cristianesimo ed è diventata un’attivista per la vita sulla scia di un’ex direttrice di una clinica abortiva. Oggi a volte si ferma nella struttura di Cumberland per sedersi fuori e pregare affinché i pazienti cambino idea.
La Religious Community for Reproductive Choice
In un clima così ostile alla libertà di accesso al servizio, una tra le tante comunità religiose ha scelto di andare controcorrente rispetto ai movimenti conservatori del West Virginia. La reverenda Katey Zeh dirige la Religious Community for Reproductive Choice, un'organizzazione multireligiosa che cerca di porre fine allo stigma sull'aborto fornendo formazione ai leader religiosi che vogliono supportare le persone sulle decisioni riproduttive.
Ramsie Monk, direttrice dello sviluppo della clinica, quando ha sentito per la prima volta parlare della proposta di una cerimonia di benedizione del centro per l’aborto ha pensato si trattasse di uno scherzo. “Quando ti occupi di aborto hai un bersaglio sulla schiena per tante ragioni” spiega, raccontando di aver smesso di frequentare la Chiesa per il peso del giudizio e dell’ostilità avvertita nei suoi confronti da parte degli altri membri della comunità.
Secondo quanto riportato dal New York Times, il sostegno all'accesso all'aborto da parte di gruppi religiosi ha radici profonde nella zona: il primo ufficio del Women's Health Center del West Virginia, infatti, aprì all'interno di una chiesa episcopale a Charleston, pochi anni dopo che la sentenza Roe v. Wade legalizzò l'aborto nel 1973. Il ministro che fornì lo spazio all'interno della chiesa era il reverendo Jim Lewis, che prima del verdetto della Corte Suprema lavorava con una rete nazionale di leader religiosi che aiutavano le donne ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Il reverendo è da anni che si batte contro lo stigma intorno al tema; è fermamente convinto che la sua fede gli richieda di prestare attenzione alle "persone che vengono emarginate", comprese le donne giudicate per le loro libere scelte sul proprio corpo.
Insomma, all’interno di un contesto in cui la politica americana continua a fingere di non vedere le problematiche legate alle restrizioni sull’aborto, la religione (in questo caso) ha dimostrato di saper guardare oltre.