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I diritti dell'ambiente: come dare voce agli esseri viventi non umani

Ai "Dialoghi di Pistoia", al via oggi fino al 28 maggio, ci si interroga sull'estensione del riconoscimento di personalità giuridica a fiumi, montagne, foreste e a tutti i soggetti naturali che devono essere tutelati

di LINDA MEONI -
26 maggio 2023
DIALOGHI SULL'UOMO

DIALOGHI SULL'UOMO

Fiumi, laghi, montagne, piante. Insomma, in generale, soggetti che abitano l'ambiente: e se, sulle Carte che regolano il vivere civile e democratico, anche loro potessero godere di diritti pieni, reali? La discussione attorno all’argomento, seppure in forma embrionale, non solo esiste ma appare anche necessaria: "Accade già, ad esempio, in Australia o Nuova Zelanda. Qui a fiumi e montagne è stata riconosciuta personalità giuridica. Una novità? Non esattamente. Basti pensare a un fatto: le aziende hanno personalità giuridica, questo significa che il diritto ha già esteso la nozione di persona al di là del singolo". A guidare la riflessione è l'antropologo Adriano Favole, che sul tema ha coordinato una recente giornata di studi, probabilmente la prima nel suo genere in Italia, svoltasi a Pistoia, negli spazi Gea-Green Economy and agricolture, che ha messo allo stesso tavolo colleghi e colleghe antropologi, giuristi e giuriste, filosofe, paesaggisti e architetti.
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Apertura dialoghi Pistoia 2022 (Acerboni/FotoCastellani)

Ai "Dialoghi di Pistoria" i diritti degli esseri viventi non umani

Un convegno che precede il festival di antropologia contemporanea "Dialoghi di Pistoia" (26, 27 e 28 maggio; www.dialoghidipistoia.it), che dedica questa edizione, la quattordicesima, al tema "Umani e non umani. Noi siamo natura". Anche in questa sede sarà data voce simbolicamente a tutto quel mondo vivente non umano che abita il nostro stesso Pianeta, cercando di indagare attorno a nuove (vecchie) convivenze. In particolare "Favole assieme al linguista Federico Faloppa" discorrerà di un possibile "lessico dell’ambiente", in un incontro atteso per sabato 27 maggio (ore 18.30, piazza del Duomo). Professore, quanto è serio il dibattito attorno alla questione dei diritti dell’ambiente? "Lo è, decisamente, e lo testimoniano i tentativi messi in atto da diversi Paesi dell’America Latina, come Ecuador o Bolivia (oltre al Cile, che proprio di recente ci ha provato pur dovendo rinunciare al momento alla riforma), le cui Costituzioni hanno introdotto il tema della tutela dell’ambiente. Lo stesso in Italia con la recente modifica all’articolo 9.
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Gli esseri viventi non umani devono vedersi riconosciuta una personalità giuridica per la loro tutela?

Ciò significa che i costituzionalisti si interrogano, e anche con una certa urgenza, sulla questione: estendere o no ai non umani alcuni diritti applicati e applicabili agli umani? Questo apre scenari verso fiumi, laghi, montagne, più in generale soggetti che abitano la Terra. Il punto è capire cosa vuol dire dare diritti ai non umani, visto che piante e laghi, per dirne alcuni, certo non parlano né intentano cause in tribunale. Ciò che constatiamo è che parlare dei diritti della natura funziona in Paesi dove ci sono molte comunità indigene o native. Vedi Australia e Nuova Zelanda, dove queste comunità danno voce a quei soggetti dell’ambiente. Se, volendo fare un esempio, una comunità vive da migliaia di anni in riva a un lago è più titolata di altri a dire cosa pensi il lago di fronte a una concessione di pesca. Un altro esempio: penso ad Ayers Rock, il noto e imponente massiccio roccioso australiano. Da anni i turisti qui non possono più salire perché quel territorio è stato riconosciuto di pertinenza di una comunità nativa. Ecco, questo è un esempio di come far valere questo diritto a un soggetto non umano. Occorre solo trovare modi culturalmente adatti a parlare di diritti nel nostro Paese". L’Onu ha riconosciuto di recente quale diritto umano l’accesso a un ambiente salubre. C’entra forse con il riconoscimento di diritti alla natura o è anche questa ancora una volta una visione troppo antropocentrica? "Un’altra strada per migliorare il nostro rapporto con l’ambiente è considerare il fatto che tutelare i diritti può anche voler dire accentuare le responsabilità umane nei confronti dell’uso che se ne fa. Rimaniamo sì ancorati alla società e all’umano in questo caso, però l’umano si dota di regole, spesso informali e implicite che tutelano ciò che ci circonda. Giulia Cogoli è l'ideatrice e direttrice del Festival Dialoghi di Pistoia (Acerboni/FotoCastellani)Per noi ‘tabù’ vuol dire divieto, interdizione; nelle società oceaniche ‘tabu’ o ‘tapu’ fa riferimento a una proibizione a estrarre delle risorse. Una proibizione ecologica diremmo noi. Un capo villaggio può dire ‘da oggi la costa su cui si affaccia il villaggio non si può pescare’, ovvero mette un ‘tapu’ sulla costa, fa ricorso a delle interdizioni -un tempo- anche di natura religiosa, allo scopo di tutelare una zona naturale per un certo tempo o per sempre. Questo significa che le società molto spesso si danno delle regole implicite, siamo noi che riteniamo che quelle siano giurisprudenza. Quando si parla di diritti della natura dovremmo andare soprattutto in questa direzione, anche sapendo che nel nostro Paese la giurisprudenza ha tempi lumaca. Questa responsabilità è uno dei nostri doveri sociali fondamentali. Tutto quello che faccio anche nella mia proprietà avrà un riflesso sull’interesse collettivo". Da antropologo, quale si auspica debba essere il prossimo passo per il riconoscimento di diritti dell’ambiente? "Ognuno di noi può compiere passi in questa direzione, in quasi ogni nostra azione quotidiana. Primo, dunque, è l’auspicio che si comprenda che quel che ogni singolo cittadino fa è importante, non sono solo i grandi attori a fare la differenza. Perché più prendiamo coscienza più blocchiamo i grandi attori internazionali. Secondo: imparare a difendersi dalla retorica green che è quanto di più negativo stia capitando in questo Paese e un po’ in tutto il mondo. Non c’è prodotto pubblicizzato del quale non si dica di quanto ripulisca l’ambiente e faccia bene alla natura. Ecco, questi claim non sono che patine di verde artificiale più inquinanti degli inquinanti stessi. Bisogna proporre, fare delle cose effettive. Sentiamo dire che bisogna piantare alberi ovunque, che non riusciamo a spendere neppure i soldi del Pnrr per gli alberi. Non serve piantare alberi: bisogna farli crescere".