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Home » Scienze e culture » Giornata Mondiale degli Oceani, il Paese dei Navigatori che ha poca cura delle coste

Giornata Mondiale degli Oceani, il Paese dei Navigatori che ha poca cura delle coste

In occasione della ricorrenza annuale, istituita nel 1992 e riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 2008, che si celebra l'8 giugno, il Wwf lancia l'allarme attraversi il "Dossier Coste, il profilo fragile dell'Italia"

Domenico Guarino
8 Giugno 2022
Giornata mondiale oceani

Giornata mondiale oceani

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“Paese di Santi, Poeti e Navigatori“. Così l’Italia, anche nelle definizioni enigmistiche. Del resto con oltre 7mila 500 chilometri di coste non potrebbe essere altrimenti. Solo che questo Paese di navigatori, degli arenili e delle scogliere ha assai poca cura, tanto che il Sommo poeta, per rimanere in tema, lo metterebbe non certo tra i santi, ma in qualche girone di dannazione o comunque quantomeno in purgatorio. Le coste italiane sono infatti la porzione di territorio che, negli ultimi 50 anni, ha subito le maggiori trasformazioni. E in gran parte non si tratta di una buona notizia. Anzi.

nido_tartarughe
Alcuni nidi di tartarughe sulle coste italiane (Wwf)

Lo rivela il WWF nel suo ultimo rapporto “Dossier Coste, il profilo fragile dell’Italia” lanciato in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani dell’8 giugno e che inaugura l’avvio della Campagna GenerAzioneMare 2022. “Il 51% dei paesaggi costieri italiani (circa 3.300 km) sono stati trasformati e degradati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie. Appena 1.860 km (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 km nel nostro Paese, isole comprese, possono essere considerati con un buon grado di naturalità. Installazioni industriali, espansione urbana e strutture turistiche, deforestazione e rasatura delle dune costiere hanno alterato quasi interamente il profilo del nostro litorale” denuncia l’associazione ambientalista.
Che sottolinea come a questi impatti diretti si sia  aggiunta “l’erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane. In particolare, la manomissione dei fiumi e la demolizione delle dune costiere hanno ridotto e rimosso l’apporto di materiale per la formazione delle spiagge. Nel periodo 2006-2019 un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione”.

Dalla terra al mare, l’allarme non cambia

Sub in azione
Sub in azione (Foto di Luca Coltri / WWF)

Se ci spostiamo dalla terraferma all’ecosistema marittimo le cose non migliorano di certo: cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece i mari del mondo. Come si legge sempre nel report “pesca professionale, ricreativa e illegale: si stima che in Italia siano oltre mezzo milione i pescatori ricreativi da barca, e oltre 230 mila pescatori sia subacquei, sia da spiagge che da moli. Secondo alcuni studi nel nord-ovest del Mar Adriatico, ad esempio, le catture ricreative potrebbero ammontare a circa il 30-45% degli sbarchi della piccola pesca locale. Vanno poi sommati gli effetti della pesca illegale, che viene denunciata dalla maggior parte delle Aree marine protette. Un “termometro” di questo fenomeno è rappresentato dal dattero di mare: nel 2020, la Guardia Costiera ha registrato 10 infrazioni accertate e ha sequestrato 84 kg di datteri di mare. Nel 2015, i kg sequestrati erano stati addirittura 6.762”.

E come se non bastasse, il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole. Il 71% degli habitat dunali in Direttiva sono in cattivo stato di conservazione e in regressione. Ad oggi in Italia esistono solo 29 aree marine protette (AMP) e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa. Eppure si tratterebbe di zone di grandissima importanza in quanto, sottolinea il WWF, sono  un elemento chiave per la pesca sostenibile.

oceani
In Italia il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato

Il turismo balneare

Dati indubbiamente preoccupanti che disegnano una situazione di estrema vulnerabilità se non di vero e proprio degrado.
Eppure delle nostre coste e dei nostri litorali dovremmo avere cura, se non per spirito ecologico quantomeno per convenienze economiche. La piccola pesca costiera fornisce circa il 16% dello sbarcato totale di prodotto ittico in Italia. Nel 2019, i turisti stranieri hanno speso circa 6,6 miliardi di euro nel turismo balneare in Italia. Senza contare che, ricorda il WWF, “ecosistemi costieri in salute svolgono un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall’11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei paesi Mediterranei dai tempi della rivoluzione industriale. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocano la forte regressione della Posidonia nel Mediterraneo”.

La strategia per la Biodiversità

La Nuova Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030 sostiene che, per il bene dell’ambiente e delle nostre economie, i Paesi membri dell’UE dovrebbero proteggere in modo efficace almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% del mare entro il 2030, di cui il 10% strettamente protetto.  Il WWF chiede dunque un impegno immediato e concreto per “incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti, incrementare l’estensione della superficie protetta nei mari italiani, garantendone una protezione efficace, implementare un piano di gestione dello spazio marittimo basato sull’approccio ecosistemico”. Infine “incrementare la protezione di ecosistemi chiave come la Posidonia oceanica e le dune costiere attraverso azioni di restoration passiva e attiva”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
"Paese di Santi, Poeti e Navigatori". Così l’Italia, anche nelle definizioni enigmistiche. Del resto con oltre 7mila 500 chilometri di coste non potrebbe essere altrimenti. Solo che questo Paese di navigatori, degli arenili e delle scogliere ha assai poca cura, tanto che il Sommo poeta, per rimanere in tema, lo metterebbe non certo tra i santi, ma in qualche girone di dannazione o comunque quantomeno in purgatorio. Le coste italiane sono infatti la porzione di territorio che, negli ultimi 50 anni, ha subito le maggiori trasformazioni. E in gran parte non si tratta di una buona notizia. Anzi.
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Alcuni nidi di tartarughe sulle coste italiane (Wwf)
Lo rivela il WWF nel suo ultimo rapporto “Dossier Coste, il profilo fragile dell’Italia” lanciato in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani dell'8 giugno e che inaugura l’avvio della Campagna GenerAzioneMare 2022. “Il 51% dei paesaggi costieri italiani (circa 3.300 km) sono stati trasformati e degradati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie. Appena 1.860 km (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 km nel nostro Paese, isole comprese, possono essere considerati con un buon grado di naturalità. Installazioni industriali, espansione urbana e strutture turistiche, deforestazione e rasatura delle dune costiere hanno alterato quasi interamente il profilo del nostro litorale” denuncia l’associazione ambientalista. Che sottolinea come a questi impatti diretti si sia  aggiunta “l'erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane. In particolare, la manomissione dei fiumi e la demolizione delle dune costiere hanno ridotto e rimosso l’apporto di materiale per la formazione delle spiagge. Nel periodo 2006-2019 un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione”.

Dalla terra al mare, l'allarme non cambia

Sub in azione
Sub in azione (Foto di Luca Coltri / WWF)
Se ci spostiamo dalla terraferma all’ecosistema marittimo le cose non migliorano di certo: cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece i mari del mondo. Come si legge sempre nel report “pesca professionale, ricreativa e illegale: si stima che in Italia siano oltre mezzo milione i pescatori ricreativi da barca, e oltre 230 mila pescatori sia subacquei, sia da spiagge che da moli. Secondo alcuni studi nel nord-ovest del Mar Adriatico, ad esempio, le catture ricreative potrebbero ammontare a circa il 30-45% degli sbarchi della piccola pesca locale. Vanno poi sommati gli effetti della pesca illegale, che viene denunciata dalla maggior parte delle Aree marine protette. Un "termometro" di questo fenomeno è rappresentato dal dattero di mare: nel 2020, la Guardia Costiera ha registrato 10 infrazioni accertate e ha sequestrato 84 kg di datteri di mare. Nel 2015, i kg sequestrati erano stati addirittura 6.762”. E come se non bastasse, il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole. Il 71% degli habitat dunali in Direttiva sono in cattivo stato di conservazione e in regressione. Ad oggi in Italia esistono solo 29 aree marine protette (AMP) e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa. Eppure si tratterebbe di zone di grandissima importanza in quanto, sottolinea il WWF, sono  un elemento chiave per la pesca sostenibile.
oceani
In Italia il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato

Il turismo balneare

Dati indubbiamente preoccupanti che disegnano una situazione di estrema vulnerabilità se non di vero e proprio degrado. Eppure delle nostre coste e dei nostri litorali dovremmo avere cura, se non per spirito ecologico quantomeno per convenienze economiche. La piccola pesca costiera fornisce circa il 16% dello sbarcato totale di prodotto ittico in Italia. Nel 2019, i turisti stranieri hanno speso circa 6,6 miliardi di euro nel turismo balneare in Italia. Senza contare che, ricorda il WWF, “ecosistemi costieri in salute svolgono un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall’11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei paesi Mediterranei dai tempi della rivoluzione industriale. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocano la forte regressione della Posidonia nel Mediterraneo”.

La strategia per la Biodiversità

La Nuova Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030 sostiene che, per il bene dell’ambiente e delle nostre economie, i Paesi membri dell’UE dovrebbero proteggere in modo efficace almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% del mare entro il 2030, di cui il 10% strettamente protetto.  Il WWF chiede dunque un impegno immediato e concreto per "incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti, incrementare l’estensione della superficie protetta nei mari italiani, garantendone una protezione efficace, implementare un piano di gestione dello spazio marittimo basato sull’approccio ecosistemico". Infine "incrementare la protezione di ecosistemi chiave come la Posidonia oceanica e le dune costiere attraverso azioni di restoration passiva e attiva”.
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