Myanmar, i volti di chi vive gli effetti della crisi climatica

A Bergamo la mostra "Semi di speranza", con scatti di Gianfranco Ferraro e curatela di Sandro Iovine, organizzata da Fondazione Cesvi. L'esposizione sarà visitabile fino al 1° maggio

di MARIANNA GRAZI
6 aprile 2023
semi_di_speranza_gianfranco ferraro

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Undicimila disastri climatici negli ultimi 20 anni. Oltre 475mila persone uccise, e in Italia, solo nel 2022, sono stati 310 gli eventi meteorologici estremi, il 55% in più in un anno, con un bilancio di almeno 29 morti. Temperature infuocate, cicloni, allagamenti, frane, incendi. E di conseguenza morte, fame e mancanza d’acqua, povertà, epidemie e migrazioni. Ovunque, ma a pagarne le conseguenze più gravi sono tuttora gli Stati più poveri e vulnerabili, ancora oggi impreparati ad affrontare e reagire a tali catastrofi. Il Myanmar, ad esempio, ha il triste record di essere il secondo Paese al mondo più soggetto a eventi meteorologici estremi legati ai cambiamenti climatici, mentre gli effetti di questi ultimi si sommano alle conseguenze di instabilità politica e scontri armati, alla crisi economica, agli effetti della pandemia.

La mostra "Semi di speranza"

"Semi di speranza", a Bergamo la mostra sull'impatto degli eventi climatici estremi in Myanmar (Ph. Gianfranco Ferraro)

Sul tema dell’emergenza (climatica ma anche sociale) nel Paese del Sud est asiatico ha aperto a Bergamo la mostra fotografica "Semi di speranza -  Voci e volti dal Myanmar", con scatti di Gianfranco Ferraro e curatela di Sandro Iovine. Organizzata da Fondazione Cesvi, sarà visitabile sino al 1° maggio al Palazzo Ex Ateneo, in piazza Giuliano. Negli scatti non si racconta un problema lontano, ma piuttosto un fenomeno allarmante che riguarda tutto il Pianeta: "Negli ultimi anni anche il nostro lato del mondo ha sofferto gli effetti reali dell’emergenza climatica: i fiumi si sono prosciugati, i ghiacciai si sono sciolti, gli incendi hanno distrutto boschi e campi, mentre trombe d’aria, piogge e grandinate hanno causato danni a strutture e ambienti. Di fronte alla consapevolezza che il pianeta sia 'un'unica casa da preservare', va ricordato che sono sempre i più poveri a subire le conseguenze più devastanti", ha dichiarato Gloria Zavatta presidente di Fondazione Cesvi.

Fondazione Cesvi al fianco delle popolazioni colpite dalla crisi

I volti della popolazione del Myanmar al centro della mostra "Semi di speranza" (ph. Gianfranco Ferraro)

Come abbiamo visto gli effetti dei cambiamenti climatici si aggravano anche in Italia, dove l'aumento più significativo ha riguardato siccità, grandinate, trombe d’aria e alluvioni. "Da quasi 40 anni ci occupiamo di emergenza climatica in tutto il mondo, in questo momento abbiamo attivi progetti di sostegno alle popolazioni colpite dagli effetti del cambiamento climatico in diversi Paesi, tra cui il Myanmar. Nell’area del Corno d’Africa, in Etiopia, Somalia e Kenya, colpite da estrema siccità e forte insicurezza alimentare, supportiamo mamme e bambini con programmi nutrizionali, agricoltori e allevatori attraverso formazione su pratiche sostenibili ed efficienti di agricoltura e allevamento. In Zimbabwe interveniamo con progetti agricoli innovativi e sostenibili per garantire un corretto ed efficiente sfruttamento del terreno e offrire alle popolazioni autosufficienza e guadagno dalle proprie colture. In Pakistan, vessato dalle alluvioni, siamo presenti con interventi di preparazione alle calamità e di emergenza legati a igiene e salute", ha aggiunto Zavatta. "È importante che la fotografia affianchi gli interventi di realtà come Cesvi - dichiara Sandro Iovine, curatore della mostra - perché grazie ad essa si offre la possibilità non solo di venire a conoscenza di cosa accade in certe aree del mondo, ma soprattutto si permette alle persone di soffermare lo sguardo per il tempo necessario a elaborare una riflessione su quanto stanno osservando, cosa che con i media più diffusi non sempre è facile o possibile".

L'emergenza climatica in Myanmar

Il Myanmar è il secondo Paese al mondo più colpito dai disastri climatici (ph. Gianfranco Ferraro)

Nel 2008 il ciclone Nargis in Myanmar provocò la morte di 140mila persone, oltre la perdita o il danneggiamento delle proprietà di circa 2,4 milioni di abitanti. Se questi numeri suonano drammatici, il bilancio è ancora più impressionante se si considera che la condizione di sofferenza in cui versa ancora oggi il Paese è dovuta per il 95% proprio alle conseguenze del ciclone. Il problema, poi, si aggrava ulteriormente visto che l’intensità e la frequenza di questi fenomeni è aumentata: prima del 2000 toccavano la costa birmana ogni tre anni, da allora vi arrivano ogni anno. Sono aumentati anche siccità, temperature estreme e allagamenti. L’impatto di questi eventi climatici estremi, in particolare sulla produzione agricola, ha provocato anche una diminuzione di reddito e di sicurezza alimentare delle famiglie, in cui i più colpiti sono i bambini. Nel corso di quest'anno, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), le persone che avranno bisogno di aiuti umanitari in Myanmar saranno 17.6 milioni, più di un terzo della popolazione. Negli ultimi due anni, inoltre, le estreme conseguenze dei cambiamenti climatici hanno portato oltre 1,3 milioni di persone a fuggire dalle proprie case, aumentando il numero degli sfollati interni al Paese, che ora ammonta a 1,6 milioni. La Banca mondiale prevede che entro il 2050 i 'migranti climatici' interni in Asia orientale e Pacifico arriveranno a 49 milioni.