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Home » Scienze e culture » Cambiamenti climatici, 3 disastri naturali su 4 sono provocati dall’acqua. Ma è emergenza siccità

Cambiamenti climatici, 3 disastri naturali su 4 sono provocati dall’acqua. Ma è emergenza siccità

L'Organizzazione meteorologica mondiale: entro il 2050 più di cinque miliardi di persone si ritroveranno a fronteggiare un mese di carenza idrica

Domenico Guarino
13 Dicembre 2022
Le alluvioni in Pakistan (Ansa)

Le alluvioni in Pakistan (Ansa)

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Acqua pazza. No, non è il nome di un piatto tipico di una qualche amena cittadina di mare, ma quello che sta accadendo alle nostre risorse idriche. Che, secondo il primo rapporto messo a punto dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), mostrano più di una sorpresa. Se, infatti, il documento annuale dedicato al monitoraggio e alla gestione dell’acqua stilato dall’ente intergovernativo delle Nazioni Unite (Onu) testimonia come, dall’inizio del nuovo millennio, tre disastri naturali su quattro sono stati provocati dall’acqua, il dato già singolare è che l’Africa è l’unico continente che, nello stesso periodo, abbia avuto un trend idrico positivo nella disponibilità di acqua in fiumi e laghi. Il mondo capovolto verrebbe da dire.

I generale, l’andamento delle precipitazioni appare sempre più erratico e gli eventi estremi – siccità e inondazioni – più frequenti e intensi. Inoltre, nel 2021, le regioni che hanno ricevuto molta meno pioggia rispetto alla media degli ultimi 30 anni sono state il doppio di quelle dove le precipitazioni sono state più abbondanti del solito. Un andamento influenzato da La Niña.

Il fiume Po in secca (Ansa)
Il fiume Po in secca (Ansa)

Tra le aree più piovose, oltre all’Africa (tranne la zona del Sahel e del Maghreb) presentano un deficit anche la Germania e l’area tra Liguria e Piemonte, interessate da eventi estremi che hanno devastato il territorio rispettivamente a luglio e ottobre. Anche alcuni dei maggiori fiumi asiatici, tra cui l’Indo, il Gange, il fiume Giallo e il Mekong, hanno portate in diminuzione. Tra i grandi fiumi colpiti, oltre al nostro Po, anche il Rio de la Plata in Sud America e il Niger, il Volta, il Nilo e il Congo in Africa. A “secco” anche grandi bacini in Nord America, in particolar modo negli Usa, tra Mississippi, Missouri e Colorado. Questo nonostante la fusione dei ghiacciai sia aumentata costantemente, registra il capitolo del rapporto dedicato alla criosfera.

“Gli impatti dei cambiamenti climatici sono spesso percepiti attraverso l’acqua – siccità più intense e frequenti, inondazioni più estreme, precipitazioni stagionali più irregolari e scioglimento accelerato dei ghiacciai – con effetti a cascata sulle economie, sugli ecosistemi e su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Eppure, la comprensione dei cambiamenti nella distribuzione, nella quantità e nella qualità delle risorse di acqua dolce è insufficiente”, afferma il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, Petteri Taalas. “Il rapporto sullo stato delle risorse idriche globali – aggiunge – mira a colmare questa lacuna di conoscenze e fornire una panoramica concisa della disponibilità di acqua in diverse parti del mondo. Ciò informerà gli investimenti per l’adattamento e la mitigazione del clima, nonché la campagna delle Nazioni Unite per fornire l’accesso universale nei prossimi cinque anni agli allarmi precoci di pericoli come inondazioni e siccità”.

Il fiume Po in secca (Ansa)
Il fiume Po in secca (Ansa)

Attualmente 3,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua per almeno un mese all’anno e si prevede che questa cifra aumenterà a più di 5 miliardi entro il 2050. Tra il 2001 e il 2018, l’ente Onu che si occupa dell’acqua, UN Water, ha riferito che il 74% di tutti i disastri naturali sono stati legati all’acqua. Basti pensare a ciò che è accaduto in questi giorni a Ischia dove le intense precipitazioni hanno innescato la tragica valanga di fango e detriti. E nel resto del mondo non va meglio. In Pakistan, per esempio, nel 2022 le alluvioni hanno ucciso circa 1.700 persone e provocato quasi 10 milioni di sfollati. Una vera e propria catastrofe nazionale.

In aumento anche gli episodi siccitosi. Basti pensare che addirittura quest’anno, per la prima volta nella storia del Regno Unito – piovoso per eccellenza – l’organizzazione meteorologica locale ha proposto il razionamento dell’acqua. O a quello che si è verificato con il Po e altri fiumi italiani questa estate, dai quali sono emersi i resti di animali preistorici e mezzi distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 2021 le aree con bacini/flussi d’acqua che avevano una portata inferiore alla media trentennale sono state doppie a quelle con una portata superiore.

 

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Acqua pazza. No, non è il nome di un piatto tipico di una qualche amena cittadina di mare, ma quello che sta accadendo alle nostre risorse idriche. Che, secondo il primo rapporto messo a punto dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), mostrano più di una sorpresa. Se, infatti, il documento annuale dedicato al monitoraggio e alla gestione dell'acqua stilato dall’ente intergovernativo delle Nazioni Unite (Onu) testimonia come, dall’inizio del nuovo millennio, tre disastri naturali su quattro sono stati provocati dall’acqua, il dato già singolare è che l’Africa è l’unico continente che, nello stesso periodo, abbia avuto un trend idrico positivo nella disponibilità di acqua in fiumi e laghi. Il mondo capovolto verrebbe da dire. I generale, l’andamento delle precipitazioni appare sempre più erratico e gli eventi estremi – siccità e inondazioni – più frequenti e intensi. Inoltre, nel 2021, le regioni che hanno ricevuto molta meno pioggia rispetto alla media degli ultimi 30 anni sono state il doppio di quelle dove le precipitazioni sono state più abbondanti del solito. Un andamento influenzato da La Niña.
Il fiume Po in secca (Ansa)
Il fiume Po in secca (Ansa)
Tra le aree più piovose, oltre all’Africa (tranne la zona del Sahel e del Maghreb) presentano un deficit anche la Germania e l’area tra Liguria e Piemonte, interessate da eventi estremi che hanno devastato il territorio rispettivamente a luglio e ottobre. Anche alcuni dei maggiori fiumi asiatici, tra cui l’Indo, il Gange, il fiume Giallo e il Mekong, hanno portate in diminuzione. Tra i grandi fiumi colpiti, oltre al nostro Po, anche il Rio de la Plata in Sud America e il Niger, il Volta, il Nilo e il Congo in Africa. A “secco” anche grandi bacini in Nord America, in particolar modo negli Usa, tra Mississippi, Missouri e Colorado. Questo nonostante la fusione dei ghiacciai sia aumentata costantemente, registra il capitolo del rapporto dedicato alla criosfera. “Gli impatti dei cambiamenti climatici sono spesso percepiti attraverso l’acqua – siccità più intense e frequenti, inondazioni più estreme, precipitazioni stagionali più irregolari e scioglimento accelerato dei ghiacciai – con effetti a cascata sulle economie, sugli ecosistemi e su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Eppure, la comprensione dei cambiamenti nella distribuzione, nella quantità e nella qualità delle risorse di acqua dolce è insufficiente”, afferma il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, Petteri Taalas. “Il rapporto sullo stato delle risorse idriche globali - aggiunge - mira a colmare questa lacuna di conoscenze e fornire una panoramica concisa della disponibilità di acqua in diverse parti del mondo. Ciò informerà gli investimenti per l'adattamento e la mitigazione del clima, nonché la campagna delle Nazioni Unite per fornire l'accesso universale nei prossimi cinque anni agli allarmi precoci di pericoli come inondazioni e siccità”.
Il fiume Po in secca (Ansa)
Il fiume Po in secca (Ansa)
Attualmente 3,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua per almeno un mese all’anno e si prevede che questa cifra aumenterà a più di 5 miliardi entro il 2050. Tra il 2001 e il 2018, l’ente Onu che si occupa dell’acqua, UN Water, ha riferito che il 74% di tutti i disastri naturali sono stati legati all’acqua. Basti pensare a ciò che è accaduto in questi giorni a Ischia dove le intense precipitazioni hanno innescato la tragica valanga di fango e detriti. E nel resto del mondo non va meglio. In Pakistan, per esempio, nel 2022 le alluvioni hanno ucciso circa 1.700 persone e provocato quasi 10 milioni di sfollati. Una vera e propria catastrofe nazionale. In aumento anche gli episodi siccitosi. Basti pensare che addirittura quest'anno, per la prima volta nella storia del Regno Unito – piovoso per eccellenza – l'organizzazione meteorologica locale ha proposto il razionamento dell’acqua. O a quello che si è verificato con il Po e altri fiumi italiani questa estate, dai quali sono emersi i resti di animali preistorici e mezzi distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 2021 le aree con bacini/flussi d'acqua che avevano una portata inferiore alla media trentennale sono state doppie a quelle con una portata superiore.  
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