Diritti Lgbt, l'Italia fanalino di coda in Europa: 34esimo posto

A stabilirlo è il nuovo rapporto Ilga Europe. Rosario Coco (Gaynet): "Il nostro Paese indietro anni luce sui diritti umani"

di ILARIA VALLERINI
11 maggio 2023
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Diritti Lgbt, l'Italia arretra. A stabilirlo è il nuovo rapporto Ilga Europe. Una fotografia drammatica del bel Paese che non tende a fare passi avanti sull'uguaglianza delle persone Lgbt. Dal 33esimo posto in Europa passa al 34eseimo a pari merito con la Georgia e sotto Paesi come Grecia, Svizzera, Croazia, Bosnia, Albania, Slovenia e Macedonia che al contrario stanno facendo piccoli passi avanti. Il rapporto, considerato un'indicatore chiave dall'Unione Europea, monitora le leggi che garantiscono sull'uguaglianza in ambiti quali lavoro, scuola e salute, la famiglia, i crimini d'odio, l'autodeterminazione di genere, l'integrità dei corpi, gli spazi per la società civile, il diritto d'asilo. Non c'è da stupirsi di questo risultato negativo, già preannunciato da passi indietro quali la tagliola contro il Ddl Zan del 2021 fino al più recente attacco alle famiglie arcobaleno. "Il Governo Meloni - commenta il presidente di Gaynet, Rosario Coco - esca dalla retorica e ci dica, in vista del 17 maggio, se non prova vergogna a guardare Francia, Spagna e Germania lasciare l'Italia indietro anni luce sui diritti umani".

Diritti Lgbt: "L'Italia? Lontana anni luce dai partner europei"

A stupire è il confronto con l'Ungheria di Orban. L'Italia resta in coda al Paese dell'Est Europa sul tema  dell'uguaglianza delle persone Lgbt, nonostante la politica repressiva del leader ungherese con misure ad hoc come i ripetuti tentativi di censurare temi legati alla sessualità nelle scuole ungheresi. "L'Italia resta indietro anche rispetto all'Ungheria, che almeno sulla carta ha una legge sui crimini d'odio omotransfobici, nonostante i tentativi di Orban di censurare i temi legati alla sessualità nelle scuole", aggiunge Rosario Coco.
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Membri della comunità Lgbt+ al Pride di Istanbul

Gaynet: "Tutele sotto attacco diretto"

"Le uniche garanzie presenti nel nostro Paese si riassumono in poche righe: la normativa sul lavoro del 2003, che menziona solo l'orientamento sessuale; la legge Cirinnà del 2016, senza la stepchild adoption; la legge per la riattribuzione del sesso datata 1982, ormai obsoleta per l'autodeterminazione delle persone transgender; la sentenza della Corte Costituzionale del 2015, che rimuove solamente l'obbligo di interventi chirurgici per la rettifica del sesso anagrafico". A essere sotto attacco "è la possibilità di richiedere asilo per le persone perseguitate in base all'orientamento sessuale e all'identità di genere, ottenuta a partire dal 2007. Una tutela - spiega Coco - messa a repentaglio da un disegno di legge presentato dalla Lega".

Verso un ulteriore declassamento

A non rientrare nel rapporto, per ragioni cronologiche è l'attacco frontale subito di recente dalle famiglie arcobaleno con il blocco del riconoscimento degli atti di nascita a livello comunale. Nonostante ciò molti sindaci italiani hanno dichiarato di voler continuare a trascrivere i certificati di nascita dei figli nati da coppie che abbiano fatto ricorso alla gestazione per altri o da coppie di donne che abbiano fatto la fecondazione assistita all’estero, disobbedendo così al governo. Tuttavia, alcuni tribunali italiani stanno invece prendendo alla lettera la circolare del ministero dell’Interno che invita a non registrare i genitori non biologici negli atti di nascita di figli nati con queste tecniche. Lo stesso deputato e membro della Segreteria nazionale del pd con delega ai diritti, Alessandro Zan era intervenuto in merito: “La presidente della Corte Costituzionale Sciarra ha ribadito la centralità di tutelare i diritti dei nati, 'punti fermi sono i diritti dei minori'. Sia di monito alla politica, tutta: è tempo di approvare una legge che tuteli fin dalla nascita i figli delle famiglie arcobaleno“.
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Manifestazione de I Sentinelli, Famiglie Arcobaleno e Cig Arcigay

"Con il blocco del riconoscimento degli atti di nascita a livello comunale, la stigmatizzazione pubblica della genitorialità omosessuale e la violazione dei diritti di bambine e bambini, ignorando gli appelli della Corte Costituzionale e delle Istituzioni Ue". Tenendo conto di questi elementi - conclude Coco - l'Italia è destinata probabilmente a un ulteriore declassamento nella graduatoria Ilga, considerando l'assenza strutturale della maggior parte dei provvedimenti tra educazione, sanità, famiglia e autodeterminazione di genere".