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Home » Attualità » Discriminazioni contro le persone Lgbt+: in otto comuni scattano le multe da 500 euro

Discriminazioni contro le persone Lgbt+: in otto comuni scattano le multe da 500 euro

Soddisfatto Fabio Marrazzo del Partito Gay, che aveva lanciato la proposta: "Ora approviamole nelle grandi città e nelle Regioni"

Marianna Grazi
28 Giugno 2022
omofobia_lgbt

Multe da 500 euro per chi discrimina con parole o azioni le persone gay, lesbiche, bisex o trans*

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Scattano le multe per chi insulta o compie azioni discriminatorie verso lesbiche, gay, persone bisex e trans*. Una misura che era stata proposta durante la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, il 17 maggio scorso. Ora in otto città italiane le sanzioni da 500 euro per i colpevoli di questo tipo di gesti diventano realtà. Un primo passo concreto nel contrasto all’odio basato sull’orientamento o l’identità sessuale, mentre la politica nazionale latita nell’approvare una legge – il Ddl Zan che ‘giace’ nei cassetti del Senato – ad hoc.

Partito Gay Lgbt+: “Queste prime amministrazioni traino per le ‘grandi'”

moti di Stonewall
I moti di Stonewall di 53 anni fa sono considerati la prima manifestazione che ha dato il via ai Pride

Il Partito Gay LGBT+, che aveva presentato la delibera, esulta. “Un passo importante, perché non si tratta di un’azione solo simbolica. Adesso c’è una conseguenza concreta per chi insulta e discrimina” spiega a Today.it il portavoce Fabrizio Marrazzo. “Il 28 giugno sono 53 anni dai moti di Stonewall che hanno dato vita alle manifestazioni dei Pride e proprio in questa giornata vogliamo ringraziare le prime amministrazioni che hanno approvato la nostra proposta”, si legge nella nota sul sito del partito, dove il portavoce aggiunge di sperare che queste prime adesioni “facciano da traino per i Comuni più grandi e le Regioni. In particolare invitiamo tutti i neo sindaci ad approvarla. Anche Tommasi di Verona (neo sindaco uscito dall’ultima tornata elettorale, ndr), se vuole dare un segno di discontinuità con la precedente Giunta e con la Regione Veneto, che si sono distinti sino ad oggi per essere amministrazioni che non tutelano le persone LGBT+, neanche dopo un suicidio come ha fatto l’Assessora regionale di FDI dopo il suicidio della professoressa trans Cloe.“.

Otto su ottomila, ma qualcosa si muove

Fabio Marrazzo Partito Gay Lgbt+
Fabio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbt+

Sono otto, dunque, i comuni dove chi discrimina, con gesti o parole, le persone Lgbtq+ verrà multato con una sanzione da 500 euro. La proposta, però, è stata inviata a tutti le ottomila amministrazioni cittadine in Italia e a tutte le Regioni. “Oggi è in fase di analisi in 2000 Consigli – prosegue Marrazzo –. È stata approvata al Comune di Morterone (LC) dove siamo in maggioranza, Cancellara (PZ), Madonna del Sasso (VB), Ferla (SR), Castiglione Cosentino (CS), San Nicolò d’Arcidano (OR), Castelnuovo Cilento (SA), Oriolo (CS). In altre realtà è stata presa in carico. Invece, il sindaco De Caro di Bari e la giunta di Ravenna dicono di non averla approvata perché non applicabile, ma come detto siamo disponibili a fornirgli un parere legale per dimostrarne l’applicabilità, e se hanno a cuore i diritti LGBT+ la potranno approvare senza problemi”, commenta il portavoce del Partito Gay Lgbt+

La delibera: multe da 500 euro per chi discrimina le persone Lgbtq+

Ecco cosa prevede la proposta della delibera anti omobitransfobia che multerà chiunque discrimini a parole o con le azioni gay, lesbiche, bisex e trans*:

  • È fatto assoluto divieto, su tutto il territorio regionale/ comunale, ivi comprese piattaforme online e profili attinenti al territorio, di avviare azioni di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. Fatto altresì divieto le azioni di istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità;
  • è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi o azioni l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità;
  • è istituita la Giornata contro l’omobitransfobia per il 17 maggio di ogni anno in occasione della Giornata Mondiale contro l’omobitransfobia. In occasione di tale giornata l’Ente si impegna alla realizzazione di iniziative di sensibilizzazione su tali temi in tutto il territorio di competenza. In caso di inosservanza dei divieti al punto 1 e 2 e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene, è punito , con l’ammenda di € 500,00”. I fondi recuperati con tale ammenda saranno utilizzati per la costituzione di un fondo di prevenzione contro l’omobitransfobia.

“Finora sono state sempre approvate mozioni, che hanno un valore simbolico – continua Fabrizio Marrazzo –. Importanti sì, ma senza conseguenze concrete. Adesso invece c’è una sanzione. Rispetto alla legge Mancino, che è del 1993, si sono fatti passi in avanti perché la delibera prende in considerazione le manifestazioni discriminatorie che avvengono online. Pensiamo agli insulti subiti quando una coppia omosessuale pubblica una foto Facebook. Ecco un’azione del genere potrà essere perseguita”.

 

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#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
Scattano le multe per chi insulta o compie azioni discriminatorie verso lesbiche, gay, persone bisex e trans*. Una misura che era stata proposta durante la Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia, il 17 maggio scorso. Ora in otto città italiane le sanzioni da 500 euro per i colpevoli di questo tipo di gesti diventano realtà. Un primo passo concreto nel contrasto all'odio basato sull'orientamento o l'identità sessuale, mentre la politica nazionale latita nell'approvare una legge – il Ddl Zan che 'giace' nei cassetti del Senato – ad hoc.

Partito Gay Lgbt+: "Queste prime amministrazioni traino per le 'grandi'"

moti di Stonewall
I moti di Stonewall di 53 anni fa sono considerati la prima manifestazione che ha dato il via ai Pride
Il Partito Gay LGBT+, che aveva presentato la delibera, esulta. "Un passo importante, perché non si tratta di un'azione solo simbolica. Adesso c'è una conseguenza concreta per chi insulta e discrimina" spiega a Today.it il portavoce Fabrizio Marrazzo. "Il 28 giugno sono 53 anni dai moti di Stonewall che hanno dato vita alle manifestazioni dei Pride e proprio in questa giornata vogliamo ringraziare le prime amministrazioni che hanno approvato la nostra proposta", si legge nella nota sul sito del partito, dove il portavoce aggiunge di sperare che queste prime adesioni "facciano da traino per i Comuni più grandi e le Regioni. In particolare invitiamo tutti i neo sindaci ad approvarla. Anche Tommasi di Verona (neo sindaco uscito dall'ultima tornata elettorale, ndr), se vuole dare un segno di discontinuità con la precedente Giunta e con la Regione Veneto, che si sono distinti sino ad oggi per essere amministrazioni che non tutelano le persone LGBT+, neanche dopo un suicidio come ha fatto l'Assessora regionale di FDI dopo il suicidio della professoressa trans Cloe.".

Otto su ottomila, ma qualcosa si muove

Fabio Marrazzo Partito Gay Lgbt+
Fabio Marrazzo, portavoce del Partito Gay Lgbt+
Sono otto, dunque, i comuni dove chi discrimina, con gesti o parole, le persone Lgbtq+ verrà multato con una sanzione da 500 euro. La proposta, però, è stata inviata a tutti le ottomila amministrazioni cittadine in Italia e a tutte le Regioni. "Oggi è in fase di analisi in 2000 Consigli – prosegue Marrazzo –. È stata approvata al Comune di Morterone (LC) dove siamo in maggioranza, Cancellara (PZ), Madonna del Sasso (VB), Ferla (SR), Castiglione Cosentino (CS), San Nicolò d'Arcidano (OR), Castelnuovo Cilento (SA), Oriolo (CS). In altre realtà è stata presa in carico. Invece, il sindaco De Caro di Bari e la giunta di Ravenna dicono di non averla approvata perché non applicabile, ma come detto siamo disponibili a fornirgli un parere legale per dimostrarne l'applicabilità, e se hanno a cuore i diritti LGBT+ la potranno approvare senza problemi", commenta il portavoce del Partito Gay Lgbt+

La delibera: multe da 500 euro per chi discrimina le persone Lgbtq+

Ecco cosa prevede la proposta della delibera anti omobitransfobia che multerà chiunque discrimini a parole o con le azioni gay, lesbiche, bisex e trans*:
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  • è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi o azioni l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità;
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"Finora sono state sempre approvate mozioni, che hanno un valore simbolico – continua Fabrizio Marrazzo –. Importanti sì, ma senza conseguenze concrete. Adesso invece c'è una sanzione. Rispetto alla legge Mancino, che è del 1993, si sono fatti passi in avanti perché la delibera prende in considerazione le manifestazioni discriminatorie che avvengono online. Pensiamo agli insulti subiti quando una coppia omosessuale pubblica una foto Facebook. Ecco un'azione del genere potrà essere perseguita".  
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