La Rete Lenford è un’associazione composta per la stragrande maggioranza da avvocati e giuristi impegnati in battaglie a tutela dei diritti della comunità Lgbt+. I tre fondatori Saveria Ricci, Antonio Rotelli e Francesco Bilotta, hanno voluto dedicare il nome dell’associazione a Lenford Harvey, un attivista giamaicano vittima di un’aggressione a sfondo omofobico. Nel 2007 l’obiettivo iniziale era quello di rivendicare il diritto delle coppie formate da persone dello stesso sesso di accedere al matrimonio civile. Da quel traguardo, non raggiunto, si sono aperte tuttavia diverse strade. Abbiamo chiesto a Susanna Lollini, avvocata della Rete Lenford e componente del gruppo legale "Famiglie Arcobaleno" di ripercorrere questi 16 anni di battaglie.
Avvocata Lollini, l’obiettivo del matrimonio egualitario non è stato raggiunto ma di strada ne è stata fatta… “Obiettivamente non era pensabile fosse così facile. Ma la pronuncia della Corte Costituzionale (la sentenza n. 138/2010) ha stabilito due principi fondamentali: il diritto delle coppie formate da persone dello stesso sesso a essere riconosciute legalmente; la possibilità di farlo estendendo anche a loro il matrimonio (senza violare con ciò la Costituzione). Intorno alle numerose decisioni di merito che precedettero la sentenza della Corte e alla sentenza stessa, è sorto un grande dibattito sulla questione del matrimonio 'egualitario'. Quel dibattito è stato fondamentale per rendere evidente l’urgenza di un intervento del legislatore. Ci sono voluti ancora molti anni di battaglie giudiziarie e in fondo per un risultato non soddisfacente come le Unioni civili, ma questo ha tracciato la strada dell’associazione. Dalla questione del matrimonio, infatti, abbiamo intrapreso iniziative giudiziarie su moltissime altre questioni: per ottenere che la riattribuzione di sesso per le persone transessuali non dovesse ineluttabilmente passare da pesanti interventi chirurgici; per tutelare le persone aggredite per motivi di omofobia; per tutelare le persone discriminate sul posto di lavoro; per tutelare i figli nati nelle coppie formate da persone dello stesso sesso; per ottenere il riconoscimento in Italia di atti di nascita di bambini italiani nati all’estero o di sentenze di adozione pronunciate all’estero in favore di coppie italiane dello stesso sesso”. Battaglie di una minoranza di persone ma che poi hanno finito per smuovere l’opinione pubblica tutta… “Ciascuna di queste battaglie da una parte ha coinvolto moltissimi soggetti: avvocati, giudici, giuristi, accademici, ma anche la gente comune, quella cioè che vive quotidianamente con le persone omosessuali e con i loro figli, alimentando una discussione importante e utilissima nei più diversi contesti sociali. Dall’altra, ha provocato una nuova consapevolezza nelle stesse persone omosessuali in merito alla titolarità di diritti e alla possibilità di rivendicarli davanti a un giudice. Consapevolezza che ha determinato un vero e proprio mutamento di prospettiva e un cambiamento del linguaggio comune riferito alle coppie omosessuali e di riflesso un cambiamento dell’atteggiamento della società nei confronti delle persone omosessuali”.
Ci può stilare un bilancio fra obiettivi raggiunti e quelli da raggiungere? “Indirettamente, come ho detto, anche le Unioni civili sono state una conseguenza, seppure non del tutto soddisfacente, delle nostre battaglie. Certamente un obiettivo raggiunto è stata la sentenza n. 15138/2015 della Corte di Cassazione che ha escluso la necessità di sottoporsi all’intervento chirurgico per ottenere il cambiamento dei propri dati anagrafici per chi fa la transizione. Così pure la possibilità di trascrivere in Italia atti di nascita stranieri con due madri. O la possibilità di ottenere la trascrizione in Italia di sentenze di adozione straniere. Il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie dello stesso sesso è stato un obiettivo raggiunto solo parzialmente. Dopo una serie di sentenze favorevoli da parte di molti Tribunali e Corti d’Appello, quindi di giudici di merito, purtroppo, possiamo dire che il nostro sogno si è miseramente infranto contro lo scoglio granitico della Corte di Cassazione. Ci sarebbero moltissime osservazioni e critiche da fare alle sentenze, purtroppo ormai numerose, che hanno statuito che non sia possibile in Italia formare atti di nascita con due genitori dello stesso sesso. La Corte, con motivazioni, che definirei 'ellittiche' ha dato una risposta negativa senza prendere adeguatamente in considerazione il prioritario interesse dei bambini e delle bambine a vedere riconosciuto il rapporto con entrambi i genitori da cui sono accuditi e con cui crescono. E a ottenere che tale riconoscimento avvenga al più presto possibile dopo la nascita, per garantire loro piena tutela proprio dal momento in cui ne hanno più bisogno. La Corte ha ritenuto, un po’ troppo sbrigativamente a mio parere, che l’adozione in casi particolari costituisse una forma di tutela adeguata per questi bambini e bambine, nonostante i numerosi limiti nettamente evidenziati dalla Corte Costituzionale (con le sentenze n. 32 e 33 del 2021) di questo tipo di adozione. Limiti non ancora superati nonostante alcuni interventi correttivi, importanti, ma per nulla risolutivi, della stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 79/2022), che ha ampliato l’efficacia della sentenza di adozione (anche quella in casi particolari) alla famiglia di origine del genitore adottivo”.
Invece qual è stata la sua vittoria più grande raggiunta in qualità di avvocato della Rete? “Nei casi più complessi, in genere, il lavoro non è mai di un singolo legale, ma si crea un gruppo di studio. Tra le questioni di cui mi sono occupata le vittorie più grandi sono state certamente tre: la prima con la collega Elisa Battaglia di Bologna, per ottenere il riconoscimento di un atto di nascita straniero con due madri. Avevamo perso il giudizio in primo grado e in appello. Le motivazioni dei due provvedimenti non erano affatto inattaccabili e noi eravamo convintissime delle nostre ragioni (giuridiche), ma ci sentivamo molto responsabili nei confronti delle due mamme e quindi eravamo un po’ scoraggiate. Le ragazze invece furono davvero carine, ci dissero che sapevano che non sarebbe stato un percorso facile, né breve, ma erano convinte come noi che le nostre argomentazioni fossero convincenti e avevano fiducia in noi. Ci dissero che non avrebbero esitato ad andare fino alla Corte di Strasburgo 'con noi', se fosse stato necessario. La cosa ci tranquillizzò moltissimo e per fortuna non fu necessario arrivare alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. La Cassazione ci dette ragione (sentenza n. 14878/2017). Non c’erano precedenti per una situazione come la loro (in cui una sola delle due era madre biologica del bambino) e il risultato ci dette grandissima soddisfazione. La seconda fu il riconoscimento davanti al Tribunale per i minorenni di Firenze di una sentenza di adozione inglese di due fratellini (inglesi) in stato di abbandono, da parte di una coppia di padri (italiani). La terza, il riconoscimento davanti alla Corte d’Appello di Genova di una sentenza di adozione di una bambina e un bambino brasiliani da parte, anche in questo caso, di una coppia di padri. In entrambi i casi la soddisfazione è stata direttamente proporzionale alla situazione drammatica a cui quelle due coppie avevano sottratto i loro bambini. Come in tutte le adozioni, aiutare i bambini a superare i traumi subìti – prima e con l’abbandono - e a crescere più sereni, è un compito difficile, faticoso e niente affatto scontato. Togliere ai genitori l’inutile preoccupazione di non veder riconosciuta anche in Italia la loro paternità, mi ha dato davvero una grande gioia. I bambini sono bellissimi. Ma devo ammettere che ho una grande ammirazione e moltissimo rispetto per quei padri, perché sono stati capaci di affrontare quel percorso senza scoraggiarsi, né arrendersi, anche nei momenti in cui era davvero difficile riuscirci, unendo determinazione, forza e tenerezza in egual misura. Fare una parte di quel percorso con loro è stata un’esperienza molto bella anche per me”. Come si fa a contattare un legale delle vostra Rete? “Basta accedere al servizio di Sos dal nostro sito www.retelenford.it e compilare il modulo specificando la questione per cui si chiede assistenza o consulenza legale e da dove si scrive. La richiesta verrà valutata in prima battuta in base alla competenza ‘territoriale’. Alla persona che ha mandato la richiesta verrà inviato un elenco di avvocate o avvocati competenti nella materia specifica e presenti nel suo territorio, se possibile, o altrimenti più vicini. Certo non siamo moltissimi, ma riusciamo sempre a rispondere alle richieste”.