Siamo riusciti a inquinare anche uno dei luoghi più inaccessibili della Terra

L’Everest, un tempo simbolo di sfida e purezza, oggi è invaso da rifiuti e 240.000 litri di escrementi: il turismo estremo lo sta trasformando in una discarica a 8.848 metri d’altezza

di DOMENICO GUARINO
10 aprile 2025
Appare inarrestabile la scia di rifiuti organici e non che stanno sporcando un paradiso dal valore ecologico ed ambientale letteralmente inestimabile

Appare inarrestabile la scia di rifiuti organici e non che stanno sporcando un paradiso dal valore ecologico ed ambientale letteralmente inestimabile

Si parla di circa 240.000 litri di urina ed escrementi. In una bidonville di qualche periferia asiatica o africana? No, sull'Everest. La montagna più alta del mondo. Un tempo inaccessibile, sinonimo di mistero e di sfida estrema, oggi meta sempre più alla portata per (facoltosi) amanti dell’arrampicata e della scalata che possono permettersi “biglietti” di accesso fino a 15 mila dollari (durante l'alta stagione, tra aprile e maggio) a seguito degli ultimi aumenti decisi dal governo nepalese che, proprio nel gennaio scorso, ha stabilito un aumento del 35 per cento delle tariffe.

Nonostante questo il flusso dei temerari rampicatori disposti a spendere tanto (solo per il biglietto cui va aggiunto tutto il resto, sherpa e guide comprese, oltre ai costi vivi dell'attrezzatura e della spedizione) sembra inarrestabile. Come inarrestabile appare la scia di rifiuti organici e non che stanno sporcando un paradiso dal valore ecologico ed ambientale letteralmente inestimabile.

La crescente problematica ambientale

Gli oltre 700 alpinisti e guide che trascorrono circa due mesi sulle vette dell'Everest in ogni sessione di arrampicata lasciano, tra le altre cose, grandi mucchi di feci e urina, contaminando l'ambiente e funestando il paesaggio. Senza contare le 12 tonnellate di escrementi umani prodotti solo nel campo base ogni anno, che stanno mettendo a serio rischio le fonti di acqua pulita.

Un problema enorme se si conta che dal 1953 al 2016 quasi 4.500 persone provenienti da tutto il mondo hanno imitato Tenzing Norgay e Edmund Hillary, i primi che scalarono la vetta alta 8848 m, per un totale di circa 7.600 arrivi in cima. Al punto che il campo base dell’Everest da cui partono le arrampicate, sul ghiacciaio del Khumbu, somiglia sempre più ad un vero e proprio “villaggio”, dove centinaia di scalatori si accampano in vista dell’impresa.

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Tentativi di soluzione

Il governo nepalese sta cercando di porre rimedio alla questione. Già dal 1991 sono stati infatti emanati regolamenti per imporre la rimozione dei rifiuti ed è stato creato un comitato di controllo dell'inquinamento per gestire la protezione ambientale del Parco nazionale del Monte Everest.

Ma questi accorgimenti evidentemente non sono bastati. Quindi oggi si prova a risolvere in maniera scientifica con il progetto Mount Everest Biogas Project, dell‘Università di Kathmandu (Nepal) in collaborazione con quella di Seattle (Stati Uniti), che mira a produrre biogas proprio con quegli escrementi. Secondo le parole dei ricercatori coinvolti si tratta di “un adattamento creativo della tecnologia esistente del digestore di biogas con modifiche personalizzate per il funzionamento in alta quota e a temperature estremamente basse. Inoltre utilizza solo rifiuti umani come combustibile di partenza”.

Ovviamente le condizioni “estreme” nelle quali sarà posizionato il digestore (dal costo stimato di 430mila euro) rendono la conversione in biogas meno favorevole. Senza contare che le feci umane sono un tipo di rifiuto che produce meno gas metano rispetto a quello prodotto utilizzando rifiuti di origine animale. Problematiche che il team degli scienziati sta tentando di affrontare partendo dal design dell’impianto che prevede un ambiente controllato di temperatura, ottenuto tramite una protezione, a sua volta coperta di materiale isolante.

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L’energia necessaria al funzionamento sarà ovviamente prodotta ed immagazzinata in maniera green: tramite cioè pannelli fotovoltaici e opportune batterie per compensare eventuali giornate prive di sole e le ore notturne. Riusciranno nell'impresa? Certo la sfida non è banale, ma i primi test sono stati incoraggianti.

Poi ci sarà da mettere mano anche all'inciviltà degli scalatori che, oltre ai bisogni fisiologici, abbandonano sulla montagna più alta del mondo rifiuti di ogni tipo: tonnellate di plastica, lattine, bottiglie e attrezzatura da arrampicata abbandonata. Un quadro insostenibile provocato dal turismo di massa, che rischia davvero di tramutare l’Everest da montagna immacolata a discarica a cielo aperto.