“Sembra un fatto normale ammazzare una donna perché è donna”.
La violenza contro le donne non conosce limiti né confini, non conosce età, né cambia in base all’aspetto fisico, all’apparenza della vittima. Da una Piazza della Signoria rossa non di sangue ma di rabbia, di fuoco della ribellione, si sono alzate questa mattina, 25 novembre, centinaia di voci per dire basta a qualsiasi forma di abuso, molestia e discriminazione.
Voci contro la Violenza, dal nome della mobilitazione organizzata dal canale QNxleDonne e dal comune di Firenze per il secondo anno consecutivo. Tantissime quelle di studenti e studentesse degli istituti e dei licei cittadini, insieme a reggere lo striscione rosso con il verso della poetessa Cristina Torre Cáceres: “Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”, insieme con un fiore colorato da mostrare, insieme con la loro – e la nostra – speranza di un cambiamento vero.
Generazioni future impegnate nel presente
"Essere in piazza per me vuol dire poter dare voce e rappresentare tutte le vittime, quelle i cui nomi sono scritti su questo cartello – dice una studentessa –. Domani tra queste potrei esserci io”. “È una tematica ancora ben presente nella vita di tutti i giorni, nella nostra società. Siamo qui per dire basta, vogliamo che questo non sia più un problema persistente nelle nostre vite”, le fa eco una sua compagna. Sono decine i nomi riportati nei cartelli che hanno in mano, tenute accanto a un fiore colorato, perché il loro ricordo faccia sorgere un vero cambiamento culturale, sia il seme di una trasformazione profonda della nostra società.
"È molto importante che la nostra scuola, e in generale le presidi, i docenti, ci abbiano dato la possibilità di partecipare a questa manifestazione oggi – fanno eco altri due alunni del liceo classico Galileo – è fondamentale che le scolaresche partecipino a questi eventi”.
Anche Alessia Piccini, 18enne di Scandicci ma iscritta a una scuola superiore cittadina, ha già le idee chiare su come debba essere il suo presente e quale il suo futuro: “Oggi è importante essere in piazza, perché dobbiamo combattere contro il patriarcato. Noi donne abbiamo il diritto di camminare per strada ed essere sicure. Abbiamo il diritto di vivere senza aver paura di essere molestate, di essere inferiori rispetto agli uomini e soprattutto abbiamo il diritto di poter essere madri e lavoratrici allo stesso tempo”. Anche Juri Bandinelli, del professionale Da Vinci, è appena maggiorenne ma sceglie di schierarsi con forza in direzione ostinata e contraria (citando De Andrè, come fa la direttrice pini dal palco) contro qualsiasi forma di violenza e discriminazione di genere.
"Ho due sorelle, di cui una gemella, e crescendo con loro ho sempre cercato di stare attento al comportamento nei loro confronti, da parte mia e non solo, ci tengo a manifestare qui in piazza per questo. E poi perché al giorno d’oggi c’è tanta informazione intorno a femminicdi, violenze, abusi, e nonostante la gente sappia benissimo cosa fare a cosa no, c’è ancora una mentalità sbagliata, per cui alle persone non gliene frega niente. E come si fa a cambiare la mentalità? È difficile, per questo secondo me è importante fare queste manifestazioni e sensibilizzare le persone a non compiere più gesti e azioni sbagliati e violenti. Spero che la nostra generazione, noi tantissimi ragazzi qui in piazza, tra 10 anni si ricordi di momenti come questi per non commettere gli stessi errori”.
Le associazioni
Donne, ragazze, giovani e meno giovanti, fiorentine, toscane, italiane e straniere. Per dire “Basta violenza” ogni lingua vale alla pari delle altre. Così come ogni vita. Lo sanno bene le attiviste di Nosotras, associazione interculturale di Firenze, che questa mattina in Piazza della Signoria ha mostrato orgogliosa il proprio manifesto, “Not a single story (non una storia sola) – Se condividi puoi salvare anche la vita di un’altra persona. La lotta di una è la lotta di tutte”, per ribadire che la cultura dello stupro, che i femminicidi, sono un fenomeno universale e serve un’alleanza altrettanto trasversale per mettervi un punto. “Siamo donne di tutto il mondo, contro ogni tipo di violenza da parte di chiunque. Gli uomini devono smettere di picchiare le donne, di farci del male, soprattutto di considerarci inferiori a loro. Vanno migliorate le legge e i politici devono capire che siamo qui a lottare per i nostri diritti”, ci racconta Alina Flores Alvarado, la vice presidente.
I diritti umani sono diritti delle donne. E i diritti delle donne sono diritti umani. Anche se spesso, troppo spesso, ce ne dimentichiamo, magari non guardando al di là del nostro territorio, voltando lo sguardo davanti alle atrocità che vengono commesse in altri Paesi, come se non ci riguardassero. Succede che, in questa mattinata di fine novembre, a far sentire le proprie Voci ci siano anche le rappresentanti del movimento Donne Vita Libertà di Firenze, nato in Iran contro il regime e poi diventato internazionale.
“Nel nostro Paese la violenza di genere è applicata direttamente dal regime della Repubblica Islamica, attraverso le leggi. Le donne sono costrette a portare il velo, devono vestirsi in un certo modo, addirittura i colori dei vestiti sono scelti dalle autorità – racconta una di loro –. Le donne vengono arrestate, picchiate, uccise per non aver indossato l’hijab, non c’è libertà di parola, d’espressione, le carceri sono piene di prigionieri politici e molti sono in attesa di esecuzioni. Ma i fatti dimostrano che se viene posta l’attenzione del mondo su questi casi si riesce a fare qualcosa, come dimostra il caso della studentessa che si era spogliata in università ed è poi stata liberata grazie anche all’interessamento internazionale”. Per una che viene liberata, però, centinaia sono vittime di oppressione e di un destino a cui nessuno fa caso.
Voci di piazza
Nel piccolo mondo che questa mattina si è concentrato a Firenze, c’è anche una signora toscana, che ricorda tre vittime simbolo di lotta nella Repubblica Domenicana. “Il 25 novembre è anche lì una data simbolo per combattere la violenza sulle donne da parte degli uomini. Per questo sono in piazza”. E aggiunge: “È importante essere presenti, per far capire che è fondamentale esserci, esserci sempre, in qualsiasi situazione che possa sollevare l’attenzione verso questo fenomeno così diffuso”.
"Io ho un passato da femminista – afferma la preside del classico Galileo, Liliana Gilli – e questa è una giornata bellissima perché permette di creare un ponte tra passato, con tante figure di donne come me, e presente. Oggi noi abbiamo portato 300 studenti in piazza, questo per dire quanto ci credo. Quando l’ho proposto a scuola di venire l’idea è stata accolta con entusiasmo e questo mi rende davvero fiduciosa. Nei giovani ci credevo nel ‘77, ci credo ancora oggi”.
Simone ha 30 anni, e osserva serio gli ospiti sul palco, ascolta gli interventi attento a quelle parole così potenti, eppure ripetute così tante volte. “Ognuno deve fare la sua parte”, dice. “Chi come cittadino, chi come istituzione, chi deve sensibilizzare; ascoltare e prendere parte a un movimento che spero sia utile per le donne di oggi, per quelle di domani. Tutti devono dare un contributo perché è una cosa che riguarda tutta la società intera. io ho una sorella che ha 14 anni meno di me – aggiunge – e una cosa che mi ha fatto effetto è sentire mia madre commentare una sua amica dicendo ‘lei si veste da maschiaccio’. Lo disse bonariamente, un commento che ammetto avrei fatto anche io; però mia sorella le replicò: ‘Perché maschiaccio, perché il paragone? Lei si veste così perché le piace’. Questo fa capire che è importante coltivare questo tipo di sensibilità nelle menti delle generazioni future”.