"Non vengo da un altro pianeta. Mi piacerebbe, ma no". Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.
Laureata triennale in diritto per le imprese a Torino, Carlotta sta completando la specialistica e nel frattempo frequenta anche un master alla Luiss. Intanto porta avanti il suo lavoro di modella e influencer: "Mi piace raccontare e normalizzare la quotidianità riferendomi alla mia e far sì che gli altri si possano riconoscere nelle emozioni e nei sentimenti che esternalizzo grazie ai miei canali. Diciamo che possiamo definirmi influencer di uno stile di vita che si discosta un po' dalla vetrina instagrammabile". A un certo punto nella sua vita ha deciso di esporsi... "Sì, esatto, ho smesso di nascondermi. Era il 2019, in estate, dopo un lungo percorso psicologico. Avevo pianificato con il mio psicoterapeuta il giorno, che è stato in estate, durante la maturità. Perché la vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa. Anche perché io mi sono sempre piaciuta ma avevo paura del giudizio degli altri e di essere definita come qualcosa di extraterrestre".
Ci racconta quel primo episodio? "Avevo già organizzato tutto, era il viaggio della maturità a Valencia. I miei compagni non sapevano della mia macchia, mi ero truccata per andare in spiaggia: vado in bagno, mi strucco, torno dagli altri e…". E? "Niente avevano fatto finta di nulla e quindi ho chiesto: ‘Ragazzi ma notate qualcosa di strano?’, mi sentivo quasi presa in giro, mi avevano vista per 5 anni in una maniera e ora non potevano non vedere quanto fossi diversa. Perché oltre a coprire la macchia indossavo anche una personalità molto dura, all’interno di qualsiasi tipo di dinamica sociale: facevo la rappresentante di classe, organizzavo le feste, avevo organizzato quel viaggio, ma sempre con distacco. Quindi anche loro non si sono mai spinti oltre a un certo limite. Quando mi hanno vista, in quel momento, sotto tutto un altro punto di vista, fragile, hanno avuto una coscienza umana incredibile e mi hanno detto: 'Per noi sei sempre Carlotta'". Un primo test più che superato quindi? “Sì assolutamente. Anche perché oltre alla ‘maschera’, alle ore di trucco, io non riuscivo proprio a provare le stesse emozioni e sentimenti dei miei coetanei ma perché mi focalizzavo sul dovermi presentare truccata, sul dover essere un certo tipo di persona quindi era anche difficile legare con le altre persone, soprattutto con gli estranei. Ma non avevo neanche degli amici in senso stretto”. Che rapporto ha con il suo nevo? “Mi è sempre piaciuta la mia macchia. Su Instagram ho cercato spesso persone che ce l’hanno perché è molto rara e diffusa soprattutto in Asia. Quando sono andata in Giappone delle persone ce l’avevano, non così tanto come me, ma è davvero rara. Per questo per me era difficile riconoscermi nei modelli che vedeva cercando ‘Nevo di Ota’ sui social, mi sentivo come ‘un errore di programma’. Però oggi non la nascondo più, ho imparato a farmi scivolare il giudizio altrui, perché per me non è mai stata un problema". Però, appunto, voleva nasconderla agli occhi degli altri. Quanto ci metteva ogni giorno a creare la sua maschera? "Più o meno due ore la mattina, poi il trucco andava perfezionato nel corso della giornata. Come immaginerai durante i mesi estivi c’erano più sedute di make up al giorno, tutto da autodidatta. Al mare tipo non mi sono mai fatta il bagno, era un lavoro a tempo pieno. Era come mettersi un cerotto per coprire il dolore". E a che età ha iniziato? "A 8 anni c’era già una sorta di ombra sul volto e ho iniziato a truccarmi. In quegli anni ho intrapreso anche il percorso di terapia. Fin da piccola avevo un puntino nell’occhio che i medici dicevano fosse un trauma da parto. Poi man mano si sono formate anche sul derma due lentiggini parallele, una sul mento e una sulla fronte; e con l’adolescenza è venuto fuori il colorito". La sua famiglia come ha preso questa sua scelta? "I miei genitori e soprattutto mia nonna mi sono sempre stati vicini, hanno sempre capito che il make up non era un vezzo ma un’esigenza. Era quasi come se fosse una medicina per ricreare un po’ di normalità che mi imponevo fosse quella giusta". In occasione dell’8 marzo ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video in cui lancia un messaggio importantissimo di empowerment femminile e body positive. Cosa ha provato nel realizzarlo? "È stato strano, non mi truccavo in quel modo da almeno 4 anni, ed è stato un po’ come riaprire una ferita. Ma certe volte è importante condividere. Ovviamente ci sono aspetti di me che ancora non sono pronta a raccontare, perché prima di esporsi bisogna metabolizzare, però sono stati anni di grande crescita e a chi mi chiede se mi ritruccherei come allora direi di sì, anche perché sennò non sarei la persona che sono oggi".Visualizza questo post su Instagram
Quali sono le passioni di Carlotta oggi, oltre al diritto? "L’arte sicuramente, dipingo anche e per me il make up è una forma d’arte con cui esprimo me stessa. Sono anche molto sportiva, gioco a tennis, e un po’ secchiona, mi piace chiudermi a studiare. Poi ho una grande passione per la moda e il mondo della fotografia. E nell’ultimo periodo mi sto appassionando al teatro e al cinema, non come attrice ma soprattutto alla regia, al copy, che sto approfondendo da autodidatta". Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci? "Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere".Visualizza questo post su Instagram