Lupi, serpenti, pipistrelli, rinoceronti bianchi, linci: cosa hanno in comune queste specie? Nulla. Se non il fatto di essere stati
vittime involontarie di superstizioni, paure ataviche e credenze popolari più o meno diffuse che, nei secoli, ne hanno messo a rischio la stessa sopravvivenza. A loro il
Wwf dedica il
Darwin Day, che si celebra ogni anno il 12 febbraio, in occasione dell’anniversario della nascita del
naturalista padre della teoria dell’evoluzione ed ispiratore della scienza della conservazione. Tra i tanti meriti di Darwin infatti, oltre alla messa in discussione la visione antropocentrica del Pianeta, c’è infatti quello di averci illustrato e fatto capire come solo la scienza possa aiutarci a diffondere le corrette conoscenze, illuminando le tenebre della superstizione. E a vincere la
sfida della conservazione grazie a tecnologie innovative e azioni coraggiose.
Il lupo
Prendete il
lupo, ad esempio: da sempre vittima di
pregiudizi e leggende che lo hanno condannato alla persecuzione e alla caccia selvaggia, in Italia era giunto
sull’orlo dell’estinzione negli anni ’70 del secolo scorso. Per fortuna, grazie alla scienza, al Wwf, al Parco Nazionale d’Abruzzo e ai primi studi scientifici, la sua
immagine è stata "riabilitata", e molte delle credenze popolari sono state ribaltate, smentendo le leggende che lo dipingevano come specie sanguinaria, che oltre ad uccidere pecore al pascolo era solito anche assalire i bambini nel bosco. Grazie agli studi scientifici, si è capito come il lupo sia un predatore selvatico,
adattabile come pochi altri, con il quale i pastori potevano convivere grazie ad alcuni accorgimenti, in quanto capace di predare bestiame domestico quando non custodito. È stata sempre la scienza a svelare anche la sua grande capacità di movimento e
la sua socialità del tutto peculiare, che li avvicina addirittura al noi umani.
Il rinoceronte
Il rinoceronte bianco settentrionale è estinto in natura
Al
rinoceronte bianco settentrionale (Ceratotherium simum cottoni) è andata addirittura peggio, tanto che
in natura si è estinto nel 2008, a causa della insensata e criminale caccia selvaggia, alimentata dalla
crescente richiesta di corni, che nel mercato nero sono sempre richiesti per le loro presunte qualità terapeutiche ed afrodisiache. I
bracconieri negli anni hanno fatto affari d’oro grazie ai prezzi elevatissimi e alle dimensioni della richiesta, fino a sterminare letteralmente l’intera popolazione di questo animale, che un tempo prosperava dal Congo fino alle savane di
Kenya e Tanzania, ma la cui specie, già negli anni ’60, non arrivava a contare più di 2.000 individui. Negli anni scorsi restavano in vita solamente
due femmine, madre e figlia,
in cattività. Per fortuna le due sono state trasferite in una riserva naturale in Kenya, dove sono state sviluppate tecnologie avanzate di riproduzione assistita: campioni di sperma sono stati prelevati e accuratamente conservati prima che gli ultimi esemplari maschi morissero. Dopo molti tentativi, nell’agosto del 2019 gli scienziati sono riusciti a fecondare in vitro gli ovuli dalle ultime due femmine sopravvissute, Najin e Fatu.
Serpenti e pipistrelli
Serpenti e pipistrelli per anni sono stati considerati "simboli del male"
Simile al lupo è invece la storia dei
serpenti e dei
pipistrelli in Italia: vipere, natrici, biacchi, cervoni e le diverse specie di chirottero che vivono nel nostro Paese sono state nei secoli perseguitate e uccise perché vittime dell’ignoranza e considerate
simbolo del “male”. È stata la ricerca scientifica a mostrare il reale valore ecologico di questi animali. I serpenti sono stati dunque riconosciuti come importanti
tasselli degli ecosistemi dove vivono, mentre si è dimostrato che pipistrelli non sono avidi succhiatori di sangue, ma fondamentali aiutanti nel
contenimento degli insetti e in particolare delle poco amate zanzare. Da loro dunque, nessun pericolo per l’uomo, nonostante le credenze secolari.
La lince
La lince iberica
Infine la
lince iberica (Lynx pardinus), in pratica la specie di
Felide più minacciata al mondo a causa della progressiva riduzione dei conigli selvatici, che costituiscono il 90% della sua dieta, della persecuzione dell’uomo e della distruzione e frammentazione del suo
habitat. Via via negli anni il numero delle linci si è talmente ridotto che, nel 2002, i primi censimenti hanno rilevato la presenza di appena 94 esemplari. Dal 2006, però, grazie alla
riproduzione in cattività e la successiva reintroduzione di alcune linci in porzioni del suo areale storico in Andalusia, la tendenza verso l’estinzione si è decisamente invertita fino ad arrivare a più di 1.300 individui in natura.