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Home » Sport » Danza, Chiara Chillemi racconta gli abusi: “Consigliavano di fare sesso per il passo a due”

Danza, Chiara Chillemi racconta gli abusi: “Consigliavano di fare sesso per il passo a due”

La ballerina: "Il peso è il tarlo che ti mettono in testa: l'anoressia era a un centimetro da me. Sentivo le altre vomitare in bagno"

Edoardo Martini
11 Novembre 2022
La 27enne, Chiara Chillemi. Fonte: Instagram

La 27enne, Chiara Chillemi. Fonte: Instagram

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E dopo lo scandalo nel mondo della ginnastica arriva quello nel mondo della danza. Dopo le due ex Farfalle azzurre Nina Corradini e Anna Basta, a cui sono seguite terrificanti dichiarazioni di altre ginnaste come l’ex campionessa mondiale di ritmica Giulia Galtarossa (31 anni), la campionessa pratese Marta Pagnini (31 anni), senza dimenticare la campionessa dell’artistica Vanessa Ferrari, ecco che a parlare di vessazioni e pressioni psicologiche è una ballerina.

Chiara Chillemi, studentessa di danza classica dal 2010 al 2015 presso la prestigiosa Accademia nazionale di danza di Roma, ha raccontato la sua storia fatta di abusi e pressioni psicologiche. 

Laureata in biologia, Chiara si sta specializzando in nutrizione e dietologia clinica. Fonte: Instagram

“Il peso è il tarlo che ti mettono in testa”

La ballerina oggi 27enne, dopo il caso esploso nella ritmica, ha deciso di raccontarsi a “Repubblica”: “Ero in quinta elementare. La danza è stata il primo amore della mia vita. Entrata lì per la prima volta, sorrisi a tutta la classe, ma mi accorsi che nessuna aveva ricambiato il mio sorriso. Né le compagne, né l’insegnante, che si lamentò con mia madre: ero una bambina che rideva troppo”. E non poteva mancare, appunto, un riferimento alle insegnanti: “Il peso è il tarlo che ti mettono in testa. Ci valutavano con uno sguardo. E con l’età dello sviluppo le cose sono andate anche peggio. Il seno era diventato un problema. Le più formose venivano fasciate per nasconderlo e perché credevano che fasciarlo avrebbe impedito il suo sviluppo. Io ero una bambina già sottopeso, ma avevo un quadricipite da sportiva. La mia insegnante iniziò a tartassarmi, voleva che dimagrissi a tutti i costi”.

E da qui è cominciata la lotta contro il suo corpo: “Durante gli allenamenti avevo capogiri, svenimenti. Mi fermai perché il mio corpo non riusciva a ‘togliersi’ altro. L’anoressia era a un centimetro da me. A mensa prendevo il minimo indispensabile, sempre insalata. Una delle insegnanti, che girava tra i tavoli per spiare nei nostri piatti, una volta mi disse ‘brava’. Andavo al bagno e sentivo le ragazze vomitare. Quando non sono più riuscita a dimagrire ho iniziato a provocarmi il vomito. Il momento più brutto arrivò un 23 dicembre, davanti a un vassoio di lingue di gatto. Le insegnanti ci misero in fila: le più magre ne avrebbero avute due, altre una, altre ancora nessuna. Una mia amica, magra ai limiti del ricovero, ne ebbe due. Io non ne “meritai” nessuna. E questa cosa provocò in me un senso di profondissima umiliazione.”

La specializzazione in dietologia clinica: un primo passo verso il cambiamento

Ma il peggio deve ancora venire e si tratta di una conversazione ascoltata davvero raccapricciante: “A una mia compagna l’insegnante disse che avrebbe dovuto fare sesso con il suo partner di passo a due per rendere più empatico il balletto. Un’altra insegnante mi fece intendere che forse era arrivato il momento per me, il momento che avessi rapporti sessuali. Mi alterai verso di lei e le dissi “ma come si permette?”

Una situazione che Chiara Chillemi lascia infine nel 2015, dopo 5 anni. “Ho ancora oggi delle cisti ovariche che attenuo con la pillola anticoncezionale” ammette. E ribadisce con forza che “nel mondo della danza sei chiuso in una bolla che è un focolaio di malattie fisiche e psicologiche. Ma una ballerina, o un’atleta, non può crescere come un malato di mente”. Dopo anni di psicoterapia e di cure con ansiolitici e antidepressivi, oggi sta affrontando la specializzazione in nutrizione e dietologia clinica affinché qualcosa possa concretamente cambiare. “È il mio riscatto personale. Voglio che tutto cambi, che cada l’omertà. Voglio che, se dovessi avere una figlia, lei abbia la serenità di poter decidere di diventare una ballerina. Questi ambienti hanno bisogno dell’inserimento di psicologi e nutrizionisti che facciano crescere gli atleti. L’arte deve elevare lo spirito, non affossarlo“.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
E dopo lo scandalo nel mondo della ginnastica arriva quello nel mondo della danza. Dopo le due ex Farfalle azzurre Nina Corradini e Anna Basta, a cui sono seguite terrificanti dichiarazioni di altre ginnaste come l'ex campionessa mondiale di ritmica Giulia Galtarossa (31 anni), la campionessa pratese Marta Pagnini (31 anni), senza dimenticare la campionessa dell'artistica Vanessa Ferrari, ecco che a parlare di vessazioni e pressioni psicologiche è una ballerina. Chiara Chillemi, studentessa di danza classica dal 2010 al 2015 presso la prestigiosa Accademia nazionale di danza di Roma, ha raccontato la sua storia fatta di abusi e pressioni psicologiche. 
Laureata in biologia, Chiara si sta specializzando in nutrizione e dietologia clinica. Fonte: Instagram

"Il peso è il tarlo che ti mettono in testa"

La ballerina oggi 27enne, dopo il caso esploso nella ritmica, ha deciso di raccontarsi a "Repubblica": "Ero in quinta elementare. La danza è stata il primo amore della mia vita. Entrata lì per la prima volta, sorrisi a tutta la classe, ma mi accorsi che nessuna aveva ricambiato il mio sorriso. Né le compagne, né l’insegnante, che si lamentò con mia madre: ero una bambina che rideva troppo". E non poteva mancare, appunto, un riferimento alle insegnanti: "Il peso è il tarlo che ti mettono in testa. Ci valutavano con uno sguardo. E con l’età dello sviluppo le cose sono andate anche peggio. Il seno era diventato un problema. Le più formose venivano fasciate per nasconderlo e perché credevano che fasciarlo avrebbe impedito il suo sviluppo. Io ero una bambina già sottopeso, ma avevo un quadricipite da sportiva. La mia insegnante iniziò a tartassarmi, voleva che dimagrissi a tutti i costi". E da qui è cominciata la lotta contro il suo corpo: "Durante gli allenamenti avevo capogiri, svenimenti. Mi fermai perché il mio corpo non riusciva a 'togliersi' altro. L’anoressia era a un centimetro da me. A mensa prendevo il minimo indispensabile, sempre insalata. Una delle insegnanti, che girava tra i tavoli per spiare nei nostri piatti, una volta mi disse 'brava'. Andavo al bagno e sentivo le ragazze vomitare. Quando non sono più riuscita a dimagrire ho iniziato a provocarmi il vomito. Il momento più brutto arrivò un 23 dicembre, davanti a un vassoio di lingue di gatto. Le insegnanti ci misero in fila: le più magre ne avrebbero avute due, altre una, altre ancora nessuna. Una mia amica, magra ai limiti del ricovero, ne ebbe due. Io non ne “meritai” nessuna. E questa cosa provocò in me un senso di profondissima umiliazione."

La specializzazione in dietologia clinica: un primo passo verso il cambiamento

Ma il peggio deve ancora venire e si tratta di una conversazione ascoltata davvero raccapricciante: "A una mia compagna l’insegnante disse che avrebbe dovuto fare sesso con il suo partner di passo a due per rendere più empatico il balletto. Un’altra insegnante mi fece intendere che forse era arrivato il momento per me, il momento che avessi rapporti sessuali. Mi alterai verso di lei e le dissi “ma come si permette?” Una situazione che Chiara Chillemi lascia infine nel 2015, dopo 5 anni. "Ho ancora oggi delle cisti ovariche che attenuo con la pillola anticoncezionale” ammette. E ribadisce con forza che “nel mondo della danza sei chiuso in una bolla che è un focolaio di malattie fisiche e psicologiche. Ma una ballerina, o un’atleta, non può crescere come un malato di mente". Dopo anni di psicoterapia e di cure con ansiolitici e antidepressivi, oggi sta affrontando la specializzazione in nutrizione e dietologia clinica affinché qualcosa possa concretamente cambiare. "È il mio riscatto personale. Voglio che tutto cambi, che cada l’omertà. Voglio che, se dovessi avere una figlia, lei abbia la serenità di poter decidere di diventare una ballerina. Questi ambienti hanno bisogno dell’inserimento di psicologi e nutrizionisti che facciano crescere gli atleti. L’arte deve elevare lo spirito, non affossarlo".  
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