
Francesco Mosca
Francesco Mosca è preoccupato: "Come vi chiamate? Per cosa scrivete? – ma soprattutto – come faccio a sapere dove uscirà questa intervista?”. È curioso, vuole sapere come verrà raccontata la sua storia, ha paura di perdersi qualche news sul suo conto. Chiacchiera molto, i genitori lo descrivono come molto socievole. Lui è uno degli atleti della delegazione azzurra impegnata agli Special Olympics World Winter Games di Torino (sostenuti da Coca Cola, brand socio fondatore e sponsor globale del movimento) e fa parte del team di snowshoeing (corsa sulle racchette da neve). La sua è una delle tante storie che si possono intercettare osservando le competizioni che si stanno svolgendo in Piemonte. Tanti i punti di contatto: tutti vivono lo sport con competitività, come occasione di crescita e come modo per essere indipendenti e per affermarsi.
L’adozione e la diagnosi
Oggi, Mosca ha 23 anni e ha praticato snowshoeing in varie località invernali, da Bobbio a Sestriere che ammette, forse perché siamo proprio lì, essere la sua preferita. Eppure all’inizio, quando una famiglia di Fidenza lo adotta, non parla, è anaffettivo e gattona, figuriamoci pensare di correre e farlo sulla neve. Pian piano le cose cambiano grazie alla pazienza di mamma Luigia e papà Enrico che lo accolgono nel nucleo familiare già composto dal figlio. Quando adottano il futuro atleta non sono consapevoli della diagnosi effettiva. Solo dopo anni, grazie alla Fondazione Bambini e autismo di Pordenone, capiscono che ha una sindrome autistica. Negli anni tante stereotipie vengono smussate, altre le presenta ancora e solo pian piano e con tutto il sostegno possibile si potranno vedere miglioramenti.
Integrarsi nella società
Una grossa mano gliel’ha data lo sport e l’associazione Team Faro 23 di Salsomaggiore Terme per cui compete. Il 23enne è autonomo e adempie a da solo a quasi tutte le esigenze primarie. Gli manca ancora la capacità di concentrarsi totalmente su qualcosa e di accettare serenamente la sconfitta, visto che è animato da un forte spirito competitivo cresciuto nel tempo. Le difficoltà, raccontano i genitori a Special Olympics Italia, sono arrivare soprattutto in ambito sanitario. Francesco è un ragazzo buono, si impegna, saluta e interagisce con tutti ma lo spettro dell’autismo è un macigno con cui nemmeno il personale che dovrebbe essere specializzato sa trattare con le giuste cautele.

“In ambito sanitario, per avere i riconoscimenti che di fatto ci spettavano si è dovuto lottare e ancora si incontrano vari professionisti non ben preparati, in ambito scolastico dove alcuni casi di bullismo sono stati subito portati a conoscenza delle direzioni anche grazie ai compagni più sensibili all’argomento, si è trovata anche tanta buona volontà e disponibilità tanto che la scuola è divenuto per lui punto di riferimento con insegnanti e compagni di classe”.
La sfida di Torino
Qualche mese fa, a luglio, ha ricevuto la convocazione e non ha potuto che accettare e prendere la notizia con gioia. “La notizia della convocazione lo ha stordito nell’immediato e la sua felicità ha cominciato a fluire dopo un poco di tempo”. Arrivato a Sestriere, ha avuto qualche momento di comprensibile smarrimento: “Mi ho fatto un po' paura, perché c’è stato lo sparo (ovvero lo starter, ndr), mi ha dato un po' fastidio, però ho pensato solo al mio e a correre”. Del resto quello starter non è tanto diverso dal rumore che emettono i fuochi d’artificio che gli piacciono tanto, così come il Natale.
“Corro come posso, bisogna avere fiato, è difficile respirare e correre – e dopo la fase di divisioning, quando gli si chiede cosa gli sia piaciuto, fa un sorriso e dice – che c’erano i miei genitori, la mia ragazza Irene e tutti quelli del Faro 23. Lì mi allena Lucia del Prete, è faticoso allenarsi, ma se lo fai non ti succede nulla. Dopo le gare andrò a vivere da solo o meglio, con la mia ragazza e alcuni educatori dell'associazione, se sto male o mi succede qualcosa come faccio se sono solo?”.