Lo scorso 11 dicembre, il congresso della Fifa ha ufficializzato la decisione di assegnare i Mondiali di calcio maschili 2034 all'Arabia Saudita (mentre l’edizione del 2030, verrà giocata tra Marocco, Spagna e Portogallo, con delle partite anche in Uruguay, Paraguay e Argentina per celebrare il primo centenario del campionato). Seguendo il principio di rotazione dei continenti, l'assegnazione poteva spettare solo ad uno stato asiatico o dell'Oceania, e l'Arabia Saudita era l'unica nazione papabile dopo i ritiri dell'Australia e dell'Indonesia, avvenuti lo scorso anno.
A finire nell'occhio del ciclone è stata però la scarsa attenzione e il poco rispetto che il Paese riserva ai diritti umani. Una polemica sorta fin dalle votazioni durante il congresso: la delegazione della federazione norvegese, ad esempio, si è astenuta dal voto in segno di protesta.
Le preoccupazioni di Amnesty International
Lo scorso 11 novembre Amnesty International, insieme alla Sport & Rights Alliance (Sra), aveva chiesto alla Fifa di sospendere il voto per l’assegnazione dei mondiali, a seguito di un’analisi dettagliata dei rischi nel Paese e delle importanti lacune nella strategia proposta dalla Federazione calcistica saudita. Inoltre, le due organizzazioni hanno sollecitato la Federazione internazionale a sviluppare una strategia simile a quella prevista per il campionato 2030, molto più coerente in termini di diritti umani (un aspetto ripreso nell'analisi presentata, che si basava su una valutazione approfondita dei rischi di entrambi i tornei).
Vite a rischio
Ufficializzata l’assegnazione invece all’Arabia Saudita, Amnesty ha rilasciato una dichiarazione firmata con altre 20 organizzazioni – come quelle per i diritti umani della diaspora saudita, i gruppi di lavoratori migranti dal Nepal e dal Kenya, i sindacati internazionali, i rappresentanti dei tifosi e altri organi globali – condannando la decisione e definendola “pericolosa” per i diritti umani.
“La decisione sconsiderata della Fifa di assegnare i mondiali 2034 all’Arabia Saudita, senza garantire adeguate protezioni per i diritti umani, metterà molte vite a rischio. In base a evidenti prove, la Fifa sa che molti lavoratori verranno sfruttati e che alcuni di loro perderanno la vita se non verranno introdotte importanti riforme in Arabia Saudita. Tuttavia, la Federazione ha scelto di andare avanti lo stesso, rischiando di assumersi una pesante responsabilità per le violazioni dei diritti umani che ne deriveranno”, ha dichiarato Steve Cockburn, responsabile Diritti del lavoro e sport di Amnesty International.
L’impegno della fifa per i diritti umani “una farsa”
“In ogni fase del processo di candidatura, l’impegno della Fifa nei confronti del rispetto dei diritti umani si è rivelato una farsa. Allo stesso tempo, il continuo rifiuto di risarcire i lavoratori migranti sfruttati in Qatar non lascia alcuna fiducia che siano stati appresi insegnamenti dal passato. La Fifa deve urgentemente cambiare rotta e garantire che i mondiali in Arabia Saudita siano accompagnati da riforme importanti, oppure rischia di andare incontro a dieci anni di sfruttamento, discriminazione e repressione, legati al suo evento sportivo più importante”, ha aggiunto.
“Un processo di selezione difettoso, da parte della Fifa, è emerso anche nell’assegnazione dei mondiali 2030, con significativi problemi legati ai diritti umani lasciati irrisolti. Dall’eccessiva militarizzazione alla discriminazione legalizzata, passando per gli sgomberi forzati e le violazioni dei diritti dei lavoratori, c’è ancora molto da fare per garantire che il torneo del 2030 sia accessibile e rispettoso dei diritti di tutte le persone”, ha concluso Cockburn.
Sfruttamento dei lavoratori
A commentare la notizia è stata anche Lina Alhathloul, responsabile per il monitoraggio e l’advocacy di Alqst for Human Rights, un’organizzazione della diaspora saudita per i diritti umani: “È scoraggiante, sebbene non sorprendente, che la Fifa abbia assegnato a Mohammed bin Salman e all’Arabia Saudita il diritto di ospitare i mondiali sulla base di una candidatura profondamente difettosa, che ha escluso il coinvolgimento di stakeholder esterni e della popolazione saudita stessa. Ora che la decisione è presa, è necessario un intervento urgente e continuo per mitigare i gravi rischi di violazioni dei diritti civili e dei lavoratori legati al torneo, anche attraverso riforme credibili e significative”. “Noi lavoratori migranti subiamo gravi forme di sfruttamento e la nostra vulnerabilità è spesso ignorata", ha spiegato invece Bhim Shrestha, cofondatore di Shramik Sanjal, una rete di lavoratori migranti con sede in Nepal. "Le nostre vite contano – temiamo per i nostri fratelli e sorelle migranti che sono a rischio. La Fifa non può continuare a chiudere un occhio; le vite delle persone migranti richiedono assunzione di responsabilità e giustizia”.
Il precedente: i Mondiali 2022 in Qatar
Del connubio calcio e diritti umani se ne era parlato due anni fa, in occasione dei mondiali 2022 svoltosi in Qatar. Amnesty International ha più volte ribadito il poco rispetto dei diritti umani nel mondo arabo, concentrandosi per lo più sullo sfruttamento dei lavoratori migranti, chiamati dal Bangladesh, dall’India, dal Nepal, dallo Sri Lanka e dal Pakistan. Secondo un'indagine del The Guardian, nel 2021 erano più di 6.500 i morti a causa delle condizioni di lavoro disumane nei cantieri. Inoltre, l'evento avrebbe avuto un pesantissimo danno ambientale e, ancora oggi, alcuni lavoratori non sarebbero ancora stati risarciti.
Infatti, lo scorso 29 novembre, dopo aver definito la valutazione da parte della Fifa della candidatura dell'Arabia Saudita come "un'incredibile operazione di copertura", Amnesty International ha denunciato nuovamente il mancato risarcimento dei lavoratori migranti.