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Home » Sport » Wimbledon, total white addio: per le tenniste “sì” ai pantaloncini scuri sotto il gonnellino

Wimbledon, total white addio: per le tenniste “sì” ai pantaloncini scuri sotto il gonnellino

L'annuncio di Sally Bolton dell'England Club: "Il bianco nello sport è un problema, la decisione è stata presa per alleviare l'ansia delle atlete durante il ciclo mestruale"

Letizia Cini
17 Novembre 2022
Simona Halep e Serena Williams, Wimbledon 2019

Simona Halep e Serena Williams, Wimbledon 2019

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Anche lo sport si adegua alla rivoluzione dei costumi in corso. E anche le relative ’monture’ indossate dagli atleti. È di queste ore la notizia del cambia di dress code del torneo di Wimbledon: dal 2023 le tenniste potranno indossare pantaloncini di colore scuro sotto la divisa bianca per alleviare qualsiasi forma di ansia durante il loro ciclo, ha annunciato oggi l’All England Club.

“L’anno prossimo, le donne e le ragazze che prenderanno parte al torneo avranno la possibilità di indossare pantaloncini colorati, se lo desiderano”, ha detto in una nota la direttrice del torneo del Grande Slam di Londra, Sally Bolton sottolineando che la decisione è stata presa dopo «discussioni con le giocatrici e rappresentanti delle parti interessate». «Speriamo che questi aggiustamenti aiutino le atlete a concentrarsi esclusivamente sulle loro prestazioni rimuovendo una potenziale fonte di ansia», ha continuato Bolton. Il dress code degli English Open imponeva ai giocatori di vestirsi di bianco sul
prato londinese, segnando una singolarità rispetto agli altri Major, Australian Open, Roland-Garros e US Open. Nel 2014, le regole sono state inasprite richiedendo ai partecipanti di indossare biancheria intima bianca per rispettare la politica «tutto bianco». Il tennis non è l’unico sport a risentire di queste preoccupazioni legate ai periodi mestruali. Alla fine di ottobre, la squadra di calcio femminile del Manchester City ha annunciato che i suoi pantaloncini non sarebbero più stati bianchi dal prossimo anno. All’inizio di luglio, la star della selezione inglese Beth Mead, campionessa europea, aveva fatto una campagna a favore dell’ammorbidimento dell’outfit, spiegando che «non era pratico quando sei in questo periodo del mese».

Bianco, ciclo e colori

Fino a oggi a Wimbledon il total wite era obbligatorio
Fino ad oggi a Wimbledon il total white era tassativamente obbligatorio

Il bianco è un problema. Soprattutto se è quello il colore imposto dal dress code sportivo: ecco che scatta allora la protesta da parte delle calciatrici dell’Inghilterra e delle tenniste a Wimbledon. Durante il ciclo mestruale indossare divise da gioco bianche possono infatti rappresentare un grosso problema. In un torneo che dura tre settimane è praticamente certo che diverse componenti della rosa possano fare i conti con questa situazione. L’ansia delle giocatrici nel doversi vestire di bianco le ha spinte a confrontarsi con Nike, che produce il kit ufficiale della nazionale.

Nel tennis il problema colori era emerso nel 2017: Venus Williams  si era vista costretta addirittura a cambiarsi biancheria intima a metà di una partita perché le spalline rosa del suo reggiseno erano troppo visibili. Chi ha le mestruazioni sa benissimo che c’è una sola cosa da non fare mai per evitare momenti di imbarazzo: vestirsi di bianco, ma alle atlete non restava molta scelta.

Il caso è stato sollevato anche da Elena Rybakina, l’ultima vincitrice del torneo. Il dress code del torneo prevede infatti da sempre l’obbligatorietà del bianco, ma alcune giocatrici hanno rivelato lo stress psicologico che può derivare dal dovere scendere in campo con quel colore durante il ciclo. Ma per ora nulla è cambiato. A Wimbledon fino ad oggi era obbligatorio rispettare il colore bianco. Ma ora i tempi sono cambiati. E non solo in fatto di colori.

Anche l’albo d’onore si trasforma

Nel maggio scorso l’All England Lawn Tennis Club ha deciso di cambiare l’albo d’onore di Wimbledon per il torneo del mese prossimo, rimuovendo le qualifiche ‘signorina’ e ‘signora’ nell’elenco dei vincitori del torneo. Il ‘titolo’ per gli uomini già era stato tolto ma era ancora in vigore prima dei nomi delle campionesse femminili. Secondo il Times, gli organizzatori del celebre torneo avevano già deciso nel 2019 di non annunciare più i nomi dei giocatori preceduti dallo stato civile. Inoltre non sarà più utilizzato il nome da sposate per le campionesse che hanno vinto a Wimbledon. In fondo non è certo la fede al dito ad aver permesso loro di raggiungere la gloria!

Il cambiamento per le campionesse sposate

A Wimbledon è cambiato anche il modo in cui verranno registrate le campionesse sposate: non più identificate con le iniziali dei cognomi dei loro mariti ma esclusivamente con quello anagrafico. Dopo aver sposato John Lloyd, Chris Evert è stata aagiunta nelle bacheche degli onori per il suo trionfo nel 1981 come la signora JM Lloyd. Sia prima del suo matrimonio che dopo il loro divorzio nel 1987, il suo nome è stato inciso come Miss CM Evert mentre la versione originale del 1981 non è stata modificata. Ma d’ora in poi verrà chiamata CM Evert per tutte e tre le sue vittorie. Anche Billie Jean King, sei volte campionessa di singolare femminile e leggendaria pioniera dell’uguaglianza, non è stata risparmiata. È sempre stata elencata nelle bacheche d’onore di Wimbledon come la signora LW King,  nonostante il suo divorzio da Larry King nel 1987. Allo stesso modo, Evonne Goolagong Cawley è stata elencata nelle bacheche d’onore dell’All England Club come la signora R. Cawley per la sua vittoria nel campionato 1980.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Anche lo sport si adegua alla rivoluzione dei costumi in corso. E anche le relative ’monture’ indossate dagli atleti. È di queste ore la notizia del cambia di dress code del torneo di Wimbledon: dal 2023 le tenniste potranno indossare pantaloncini di colore scuro sotto la divisa bianca per alleviare qualsiasi forma di ansia durante il loro ciclo, ha annunciato oggi l’All England Club. "L’anno prossimo, le donne e le ragazze che prenderanno parte al torneo avranno la possibilità di indossare pantaloncini colorati, se lo desiderano", ha detto in una nota la direttrice del torneo del Grande Slam di Londra, Sally Bolton sottolineando che la decisione è stata presa dopo «discussioni con le giocatrici e rappresentanti delle parti interessate». «Speriamo che questi aggiustamenti aiutino le atlete a concentrarsi esclusivamente sulle loro prestazioni rimuovendo una potenziale fonte di ansia», ha continuato Bolton. Il dress code degli English Open imponeva ai giocatori di vestirsi di bianco sul prato londinese, segnando una singolarità rispetto agli altri Major, Australian Open, Roland-Garros e US Open. Nel 2014, le regole sono state inasprite richiedendo ai partecipanti di indossare biancheria intima bianca per rispettare la politica «tutto bianco». Il tennis non è l’unico sport a risentire di queste preoccupazioni legate ai periodi mestruali. Alla fine di ottobre, la squadra di calcio femminile del Manchester City ha annunciato che i suoi pantaloncini non sarebbero più stati bianchi dal prossimo anno. All’inizio di luglio, la star della selezione inglese Beth Mead, campionessa europea, aveva fatto una campagna a favore dell’ammorbidimento dell’outfit, spiegando che «non era pratico quando sei in questo periodo del mese».

Bianco, ciclo e colori

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Il bianco è un problema. Soprattutto se è quello il colore imposto dal dress code sportivo: ecco che scatta allora la protesta da parte delle calciatrici dell’Inghilterra e delle tenniste a Wimbledon. Durante il ciclo mestruale indossare divise da gioco bianche possono infatti rappresentare un grosso problema. In un torneo che dura tre settimane è praticamente certo che diverse componenti della rosa possano fare i conti con questa situazione. L’ansia delle giocatrici nel doversi vestire di bianco le ha spinte a confrontarsi con Nike, che produce il kit ufficiale della nazionale. Nel tennis il problema colori era emerso nel 2017: Venus Williams  si era vista costretta addirittura a cambiarsi biancheria intima a metà di una partita perché le spalline rosa del suo reggiseno erano troppo visibili. Chi ha le mestruazioni sa benissimo che c’è una sola cosa da non fare mai per evitare momenti di imbarazzo: vestirsi di bianco, ma alle atlete non restava molta scelta. Il caso è stato sollevato anche da Elena Rybakina, l’ultima vincitrice del torneo. Il dress code del torneo prevede infatti da sempre l’obbligatorietà del bianco, ma alcune giocatrici hanno rivelato lo stress psicologico che può derivare dal dovere scendere in campo con quel colore durante il ciclo. Ma per ora nulla è cambiato. A Wimbledon fino ad oggi era obbligatorio rispettare il colore bianco. Ma ora i tempi sono cambiati. E non solo in fatto di colori.

Anche l'albo d'onore si trasforma

Nel maggio scorso l’All England Lawn Tennis Club ha deciso di cambiare l’albo d’onore di Wimbledon per il torneo del mese prossimo, rimuovendo le qualifiche ‘signorina’ e ‘signora’ nell’elenco dei vincitori del torneo. Il ‘titolo’ per gli uomini già era stato tolto ma era ancora in vigore prima dei nomi delle campionesse femminili. Secondo il Times, gli organizzatori del celebre torneo avevano già deciso nel 2019 di non annunciare più i nomi dei giocatori preceduti dallo stato civile. Inoltre non sarà più utilizzato il nome da sposate per le campionesse che hanno vinto a Wimbledon. In fondo non è certo la fede al dito ad aver permesso loro di raggiungere la gloria!

Il cambiamento per le campionesse sposate

A Wimbledon è cambiato anche il modo in cui verranno registrate le campionesse sposate: non più identificate con le iniziali dei cognomi dei loro mariti ma esclusivamente con quello anagrafico. Dopo aver sposato John Lloyd, Chris Evert è stata aagiunta nelle bacheche degli onori per il suo trionfo nel 1981 come la signora JM Lloyd. Sia prima del suo matrimonio che dopo il loro divorzio nel 1987, il suo nome è stato inciso come Miss CM Evert mentre la versione originale del 1981 non è stata modificata. Ma d’ora in poi verrà chiamata CM Evert per tutte e tre le sue vittorie. Anche Billie Jean King, sei volte campionessa di singolare femminile e leggendaria pioniera dell’uguaglianza, non è stata risparmiata. È sempre stata elencata nelle bacheche d’onore di Wimbledon come la signora LW King,  nonostante il suo divorzio da Larry King nel 1987. Allo stesso modo, Evonne Goolagong Cawley è stata elencata nelle bacheche d’onore dell’All England Club come la signora R. Cawley per la sua vittoria nel campionato 1980.

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