In Francia l’aborto entra in Costituzione e nel nostro Paese l’associazione Pro Vita & Famiglia chiede che l’Italia “faccia l’opposto”. Da un lato all’altro delle Alpi si scava il solco delle differenze nei diritti delle donne. Se il Senato francese nei giorni scorsi ha approvato, nonostante le opposizioni conservatrici abbiano votato contro, l'iscrizione del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza nella Carta costituzionale – decisione storica che vede il Paese unico al mondo a introdurre questa tutela –, da noi sentirsi libere di scegliere sulla nostra salute riproduttiva sta diventando un vero e proprio percorso a ostacoli, per non dire un incubo.
Non solo per il carico mentale che la delicata scelta comporta, più che legittimo e comprensibile, quanto per i giudizi negativi (è un eufemismo, spesso vengono persino accusate di ‘uccidere’ i loro figli, i feti) che sempre più donne che vorrebbero abortire si sentono rivolgere, gli obblighi (al limite della violenza psicologica) che alcune strutture impongono loro, come quello di ascoltare il battito del feto.
Misure proposte dalle associazioni anti-abortiste, autorizzate e incentivate dal governo, che fanno venire i brividi, che a chi scrive provocano un dolore sordo dalle parti dello stomaco, che spalancano un baratro di fronte alla possibilità, sempre più risicata, per le ragazze, per le bambine e adolescenti, di scegliere chi vogliono essere, di autodeterminarsi al di là di canoni sociali che come catene sempre più pesanti ci legano a un binomio donna-madre praticamente obbligatorio. Anche a costo della nostra stessa vita.
La legge 194 e l’influenza dei Pro Vita
Se la legge esiste – pur nei suoi limiti la 194/78 è frutto di sudore e sangue di migliaia di italiane che scelsero di rivendicare i loro diritti e quelli delle loro figlie, nipoti e future discendenti – c’è oggi anche un contesto istituzionale e medico, in cui abortire è ostacolato, è screditato anche da quei politici che invece dovrebbero proteggere quel diritto ottenuto dopo lunghe e dolorose battaglie. Che si sono giocate, questo ce lo dimentichiamo spesso, sulla pelle delle persone. Ma se l’obiezione di coscienza, crescente, è permessa, non dovrebbe essere altrettanto per la propaganda anti abortista che si gioca appunto su slogan e messaggi a dispregiativi per chi compie quella scelta, nemmeno fosse un assassina.
“Lo chiamano ‘diritto delle donne’ ma invece è il diritto dello Stato di abbandonare le donne indicando i loro figli come problemi da eliminare, invece che impegnarsi a sostenere per superare insieme le difficoltà di una gravidanza inaspettata o difficile e questo in alcuni casi autorizza gli uomini a sentirsi deresponsabilizzati grazie all’aborto”, scrivono i Pro Vita in una nota commentando quanto accaduto Oltralpe. Infatti “Quello che sta accadendo in Francia è un attacco ideologico contro le donne e i loro figli, perché le donne abortiscono quando pensano di non poter fare altrimenti”.
Ah sì? E chi lo stabilisce? Non potrebbe essere che semplicemente quel figlio magari proprio non lo vogliono? Che non vogliono essere madri o non lo vogliono essere in quell’esatto momento della loro vita? Ovviamente è inconcepibile, per l'associazione ma anche per la ministra della Famiglia Roccella e co. che una donna non voglia essere mamma, è un pensiero che nemmeno le sfiora. Basta pensare poi che la stessa presidente del Consiglio, in suo ormai celebre discorso, gridava al mondo di essere Giorgia, una donna, una madre, cristiana…
Facile, quindi, capire perché a Roma, venerdì 1 marzo, Pro Vita & Famiglia onlus sia potuta scendere in piazza con un flashmob al Pantheon, “per denunciare che i bambini nel grembo materno, esseri umani come noi, sono costantemente discriminati e lo abbiamo fatto oggi, nella Giornata Internazionale contro le discriminazioni”. E della salute, dei diritti femminili chi se ne importa, la gestante può essere sacrificata per un bene superiore come la tanto agognata ripresa della natalità.
Decisione storica in Francia: l’aborto è un diritto costituzionale
Certo, anche Oltralpe non tutti sono stati d’accordo con il voto in Senato che consente l’inserimento della tutela dell’interruzione volontaria di gravidanza in Costituzione, ma l’obiezione arriva dalla Chiesa, un’istituzione secolarmente contraria alla pratica che però, nel laico stato francese, rimane comunque marginale: “L’aborto, che rimane un attentato alla vita nel suo inizio, non può essere visto esclusivamente nella prospettiva dei diritti delle donne”, sostengono i vescovi transalpini in una nota. E aggiungono: “Poiché vengono alla luce numerose forme di violenza contro le donne e i bambini la Costituzione del nostro Paese avrebbe fatto bene a mettere al centro la protezione delle donne e dei bambini”.
Eppure quello fatto dai nostri cugini francesi è un passo avanti in direzione opposta e contraria –dato il panorama internazionale sempre più controverso anche nei Paesi democratici – che fa storia. Dalla prossima settimana la Francia sarà il primo e unico Stato al mondo a prevedere il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione. E speriamo tutte e tutti che faccia da apripista ad altre decisioni simili, dagli Stati Uniti post Roe all’Italia in mano ai Pro Vita.
Una decisione non scontata, vista la maggioranza di senatori centristi e di destra. Il via libera è del Senato è arrivato senza alcuna modifica al testo approvato dall'Assemblée Nationale a fine gennaio.
“Mi sono impegnato a rendere irreversibile la libertà delle donne di ricorrere all'Interruzione volontaria di gravidanza iscrivendola nella Costituzione. Dopo l'Assemblea Nazionale, il Senato compie un passo decisivo di cui mi felicito”, ha commentato su X il presidente Emmanuel Macron, annunciando di aver convocato il parlamento in Congresso “per il voto finale” il 4 marzo. Per la definitiva adozione della riforma costituzionale, quel giorno, saranno necessari almeno 3 quinti dei voti del parlamento riunito in Congresso.
Il 17 gennaio scorso, il neo-premier, Gabriel Attal, aveva ricordato che esattamente “49 anni fa, grazie (alla ex ministra della Salute e prima presidente del Parlamento europeo sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, ndr) Simone Veil, alla sua audacia e al suo coraggio, l'Interruzione volontaria di gravidanza veniva depenalizzata” in Francia. “La lotta per la libertà delle donne di disporre del proprio corpo continua”, proseguiva il premier di 34 anni, assicurando la “determinazione totale” dell'esecutivo su questo argomento. Detto fatto.