Mettersi in gioco per assaporare ogni sfumatura dell’interpretazione. È l’obbiettivo di Fatima Romina Alì che, sin da bambina, ha saputo destreggiarsi con talento tra diverse forme di recitazione: dalla teatrale e cinematografica al doppiaggio, fino a esplorare anche il mondo della moda. E ora Fatima è tra i protagonisti dell'audiodramma thriller Audible Original Effetto Eco, una serie ricca di suspense e colpi di scena, al fianco di attori del calibro di Filippo Nigro (nel ruolo di Massimo Riversi) e Francesco Pannofino (Fausto Colombo). La trama combina abilmente elementi sovrannaturali con un'intensa indagine poliziesca, regalando agli ascoltatori un'esperienza coinvolgente e ricca di tensione.
La sua prima esperienza in teatro risale al 2005: da dove nasce la passione per la recitazione?
“La mia passione per la recitazione è innata, ho iniziato quando ero bambina. Una parente di mia madre, modella professionista, vedendo la mia spigliatezza suggerì ai miei genitori di inserirmi in un’agenzia per attori bambini. Così, da piccola, iniziai a fare piccoli ruoli in TV, in fiction e pubblicità… Insomma, iniziai quasi per gioco. Successivamente mi iscrissi in una piccola scuola di teatro vicino casa, poi iniziai a lavorare prima come attrice e poi come assistente alla regia”.
Qual è stato il personaggio che ha preferito interpretare nella sua carriera e perché?
“Questa è una domanda molto difficile. Alla fin fine ci si ricorda sempre il primo e l’ultimo personaggio interpretato, anche se tutti ci lasciano qualcosa. L’ultimo è stato Isabella, all’interno della commedia scritta da Veronica Liberale – autrice davvero molto talentuosa – dal nome ‘Il Fumo Vivi’. Siamo andati in scena a luglio e il personaggio che ho interpretato è ispirato a una persona realmente esistita, Isabella Marincola, una donna all'avanguardia e fuori dal suo tempo. È stata figlia di un militare italiano e di una donna somala nel periodo coloniale, che venne in Italia e iniziò a lavorare come attrice”.
Attrice teatrale e per la TV, ha fatto aiuto regia, fotomodella e adesso si cimenta nel doppiaggio... Quale ruolo preferisce?
“Senza dubbio il teatro, perché mi sento a casa. Certo, amo ogni aspetto del mio lavoro, dal doppiaggio all’aiuto regia, perché poi alla fine è tutto collegato. Uno è sempre un attore, deve solo declinare la sua tecnica in discipline diverse, ma il succo è sempre lo stesso. Ma se dovessi proprio scegliere, sceglierei sicuramente il teatro perché è ogni volta un’esperienza irripetibile. Ogni sera è qualcosa di diverso”.
Lei ha origini somale ma è nata e cresciuta in Italia. Qual è la sua esperienza in un Paese come il nostro, a tratti ancora poco inclusivo nei fatti?
“L'Italia non ha lo stesso livello di razzismo radicato e profondo che si può trovare in altri paesi, come gli Stati Uniti o l'Olanda. Tuttavia, persiste un certo provincialismo. In Italia, i pregiudizi non si limitano solo alle differenze etniche o nazionali, ma si estendono anche a chi proviene da altre città o zone di questa. Ad esempio, ci sono tra chi è nato a Napoli e chi è nato a Milano, o tra persone di quartieri diversi. Non direi che l'Italia è un paese che odio o un paese razzista nel senso più stretto, ma sicuramente è caratterizzato da un provincialismo diffuso”.
Ha mai vissuto situazioni spiacevoli che l’hanno infastidita o invece altri che l’hanno divertita magari per la loro assurdità? Qualche aneddoto?
“Ci sono stati episodi sia positivi che spiacevoli. Tra i momenti positivi, ricordo con piacere quando, dopo l'elezione di Barack Obama, mentre camminavo per strada, uno dei gladiatori che fanno le foto con i turisti a Roma mi chiese se fossi la figlia del neo-presidente. D'altra parte, ci sono stati anche episodi negativi. Ad esempio, ho spesso incontrato diffidenza. Sui mezzi pubblici, mi è capitato che alcune persone si tenessero stretta la borsa, temendo di essere derubate da me”.
È tornato il dibattito sullo Ius scholae: che idea si è fatta e perché, secondo lei, si fa ancora distinzione tra le varie italianità?
“Ho vissuto personalmente il disagio di essere nata, cresciuta e di aver studiato in Italia senza avere la cittadinanza fino ai 18 anni. Questa situazione può essere problematica per chi nasce qui ma non è cittadino, soprattutto quando si devono affrontare viaggi o opportunità sportive, come nel caso di competizioni giovanili.
In Italia, la questione della cittadinanza è complicata, specialmente in un periodo di grande migrazione. Molti temono che il riconoscimento automatico della cittadinanza possa essere esteso a tutti, ma questo non è il caso. L'idea sarebbe di concedere la cittadinanza a chi vive e studia regolarmente nel paese, come molti bambini che si impegnano nello studio della lingua e della cultura italiana.
Mi sembra ingiusto che persone, come amiche argentine o brasiliane che ho conosciuto, ottengano la cittadinanza italiana solo perché hanno un bisnonno italiano, senza conoscerne la lingua o la cultura. Queste persone usano la cittadinanza per viaggiare in Europa e ottenere benefici senza realmente sentirsi parte dell’italianità. Al contrario, chi è nato e cresciuto qui, e ha studiato e vissuto a lungo in Italia, può trovarsi in difficoltà a ottenere la cittadinanza. È un problema complesso e ampio che merita una riflessione approfondita”.
Parlando del nuovo progetto, Effetto Eco, un Audible Originale in uscita il 1 novembre, ci racconta un po’ la trama e com'è stato interpretare Dalia, coprotagonista che contribuisce a bilanciare il tormentato Max e l'energia di Fausto?
“Il progetto è molto interessante e ha anche un elemento paranormale. Il protagonista, Max, è un ex poliziotto che, dopo aver attraversato una grave crisi familiare dovuta alla perdita di una figlia, sviluppa delle percezioni e sensazioni particolari. Queste abilità, che inizialmente sembrano essere una maledizione, si rivelano invece un dono che lo aiuterà a risolvere il caso che ha distrutto la sua vita. C'è un filo conduttore che collega l’episodio alla sua tragedia personale.
Delia, un personaggio che mi somiglia in molti aspetti, è una donna molto determinata. Si impegna a essere presa sul serio in un ambiente di lavoro dove, come donna giovane, deve affrontare sfide aggiuntive. Nonostante la sua forza e capacità organizzativa, sa anche mantenere un’atmosfera informale e divertente, partecipando alle risate e alle occasioni sociali con i colleghi, come andare a prendere birre insieme. Questo equilibrio tra serietà e convivialità è una parte importante della sua personalità e del suo modo di lavorare”.
Com'è stato lavorare con due grandi personaggi del doppiaggio italiano, Filippo Nigro e Francesco Pannofino, rispettivamente Max e Fausto nella serie?
“In realtà, abbiamo lavorato separatamente su questo progetto. Ho avuto il privilegio di lavorare con Marco Mete, un eccellente direttore di doppiaggio, e con Libero Stelluti, responsabile del progetto, che mi hanno guidato e supportato. Anche se avevamo il copione con le battute degli altri, non lavorare insieme ci richiedeva di immaginare le interazioni. È molto diverso rispetto a ricevere direttamente la battuta o leggerla in un contesto più diretto, come quello del cinema o del teatro. Marco ci aiutava a entrare nel giusto stato d'animo per il nostro lavoro. Sono curiosa di vedere come il tutto si amalgamerà, dato che abbiamo registrato tutto separatamente”.
Ha già altri progetti per il futuro? In che campo le piacerebbe specializzarsi?
“Continuerò a dedicarmi alla recitazione, che è la mia vera passione. Presto inizierò le prove per due nuovi spettacoli e ho già programmato delle sessioni di doppiaggio. Mi piacerebbe anche tornare al cinema, un ambito in cui ho già lavorato in passato, ma con minore frequenza e spero di avere nuove opportunità nel settore cinematografico, che mi entusiasma molto”.