La decisione presa ieri dal governo aggiunge un altro tassello al già complicato puzzle di norme e leggi che le coppie omosessuali italiane devono affrontare quando formano una famiglia. Le domande restano ancora tutte in sospeso: come riconoscere all’anagrafe i figli di queste coppie? E quanti genitori hanno nel pieno dei loro diritti/doveri? Come allargare la genitorialità all’altra mamma o papà? A queste domande da ieri si aggiunge una nuova certezza: questi bimbi - nati con inseminazione eterologa o surrogata, pratiche che l’Italia considera illegali - non possono essere iscritti all’elenco anagrafico europeo. E il labirinto si complica. Ne è uscita per un pelo Claudia Magnelli, fiorentina, che giusto pochi giorni fa ha ottenuto la sentenza di piena adozione per il suo bimbo, partorito dalla moglie. In questo caso tutti i pezzi sono andati a posto, ma il percorso è stato lungo e faticoso.
Dunque è arrivata la sentenza definitiva: ora lei ha adottato suo figlio e siete entrambe madri a tutti gli effetti. Come avete scelto questa strada? "Abbiamo avuto la fortuna di imboccare la via giusta grazie al consiglio di un’avvocatessa molto attiva su questo fronte. Anziché passare dal riconoscimento all’anagrafe del Comune, che avrebbe potuto essere successivamente ostacolato dalle varie norme e sentenze, lei ci ha suggerito di chiedere subito l’adozione in base all’articolo 44". Che cosa prevede? "Consente l’adozione di un minore nei casi particolari e per il bene del bambino". La stessa a cui ricorrono i single, che non avendo un marito o una moglie possono solo tentare questa strada. Ma dipende dalla discrezionalità dei tribunali, giusto? "Esatto, e noi per fortuna viviamo a Firenze e il Tribunale dei minori ci ha dato l’idoneità senza particolari problemi. Fra l’altro in pochissimo tempo: è stata una sentenza lampo". Ma l’adozione speciale prevista dall’articolo 44 non dà una genitorialità piena, si diventa madri o padri con alcune limitazioni. Lei come ha fatto? "L’avvocatessa ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo i miei pieni diritti di maternità.È un iter necessario che fanno tutti". Voi avete fatto ricorso alla maternità assistita eterologa? "Sì, ovviamente non in Italia dove è vietata. Siamo andate in Danimarca, dove ci sono delle bellissima cliniche dedicate a questo". È stato un percorso lungo? "Abbiamo fatto 5 tentativi, quindi è stato abbastanza complesso, oltretutto eravamo in piena pandemia". Possiamo chiedere quanto è costato? "Compreso i viaggi e la permanenza a Copenaghen, abbiamo speso 25mila euro. Lavoriamo entrambe come professioniste e ce l’abbiamo fatta con i risparmi messi da parte nel tempo". Si possono scegliere i donatori, in quelle cliniche? "Puoi decidere cosa vuoi sapere e, in base a quello che chiedi, cambiano anche i costi. Noi non abbiamo chiesto l’accesso alle foto dei donatori da adulti, per esempio, ma volevamo conoscere il fascicolo sanitario per escludere sovrapposizioni con alcune patologie presenti nelle nostre famiglie. Puoi anche scegliere di conoscere il nome del donatore, e noi abbiamo preferito l’anonimato". La scelta del governo contro l’iscrizione all’anagrafe europea è stata motivata con l’illegalità, in Italia, della maternità surrogata. Se per lei fosse stata l’unica strada, l’avrebbe percorsa? "Non so dirle, bisogna trovarsi in quella situazione. Penso che bisognerebbe lasciare la massima libertà, togliendo soprattutto i riflettori dalle coppie gay come fossero un mondo a parte. Vivremo in una società più matura e serena quando si parlerà delle persone a prescindere da chi amano o dalle famiglie che decidono di formare".