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Home » Attualità » Fomo, che cosa è la strana sindrome che affligge anche Victoria De Angelis dei Maneskin

Fomo, che cosa è la strana sindrome che affligge anche Victoria De Angelis dei Maneskin

Lo psicologo Matteo Panerai racconta i segreti della "Fear of Missing Out", cioè la paura di restare tagliati fuori o di perdersi qualcosa

Caterina Ceccuti
29 Ottobre 2022
Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo. Ma cosa è?

Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo. Ma cosa è?

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“Io ho la peggiore Fomo del mondo. Devo uscire tutti i giorni per forza, anche se sono stanchissima, perché se no ho paura di perdermi qualcosa”. Lo ha rivelato Victoria De Angelis, più che celebre bassista dei Maneskin, nel corso di un’ospitata su Radio DJ con il resto della band. Da quel momento in poi si è scatenata la curiosità dei fan, e non solo, riguardo alla “Fear of Missing Out”, termine inglese per indicare quella che letteralmente potremmo definire la paura di restare tagliati fuori o di perdersi qualcosa, come ha spiegato Victoria. A dirci di più su questa strana paura, verosimilmente acutizzata dai tempi “virtuali” in cui viviamo e della quale sembrerebbero soffrire principalmente i giovanissimi, è stato lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978. “Partiamo col dire che la società si modifica nel tempo, dunque anche i comportamenti delle persone che ne fanno parte, così come le problematiche che possono affliggerle – dice l’esperto -. Soprattutto negli Stati Uniti, nascono termini nuovi per indicare criticità che, in realtà, rappresentano una variazione di alcune problematiche esistenti che tendono a combinarsi tra loro. È successo questo anche nel caso della “Fomo”.

Lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978
Lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978

Dottor Panerai, si tratta di una patologia vera e propria?

“In realtà, il DSM 5 – ovvero l’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – non la riporta, ma ciò non toglie che potremmo benissimo incontrarla tra le sindromi ufficialmente riconosciute nel DSM 6, aggiornato con le più recenti novità diagnostiche e grazie al quale vengono ammesse o cancellate nuove o vecchie problematiche relative alla salute umana. Ricordo bene che, nel passaggio dal terzo al quarto manuale, alcune patologie erano state cancellate. Allora, un luminare della pragmatica della comunicazione umana come Paul Watzlawick ebbe la prontezza e l’ironia di commentare la cosa così: ‘Bene, da oggi un sacco di persone sono state curate con un colpo di penna’. Un’altra grande verità che Watzlawick ci ha insegnato è che tutto il comportamento umano è comunicazione, e tutta la comunicazione influenza il comportamento umano, compresa quella non verbale. Questo ci riporta alla questione della Fomo, e al fatto che l’esplosione di questa ‘nuova’ paura potrebbe avere a che fare con l’uso smodato che della tecnologia – e quindi dei social – facciamo ogni giorno. A molti capiterà, infatti, di alzarsi la mattina e, come prima cosa, accendere lo smartphone. Quella che a vari gradi si viene a creare è una specie di dipendenza e la Fomo si nutre anche di questo costante bisogno di essere connessi con gli altri, a danno dei tempi e dei modi con cui tradizionalmente saremmo in connessione con chi ci sta realmente intorno”.

Victoria però ha fatto riferimento soprattutto al suo bisogno di uscire e di stare in mezzo alla gente…

“Sì, ossia a un altro aspetto della Fomo. Stiamo parlando di una situazione che può esprimersi in modi diversi: dal bisogno di uscire agli attacchi di panico, dal senso di inadeguatezza alla necessità di trovarsi fuori casa. In alcuni casi si prova un senso di totale insoddisfazione e si ha la percezione che gli altri si divertano più di noi. Di qui è facile immaginare che il target di riferimento per una problematica come la Fomo sia principalmente quello dei giovani, che fanno uso massiccio della tecnologia, ma può interessare anche gli adulti. Tornando a Victoria, il suo disagio viene espresso col bisogno di essere connessa col mondo. Forse avrà una vita bella, ma certo non è una ragazza che – a differenza delle sue coetanee – possa dirsi libera di uscire tranquillamente perché ha sempre gli occhi addosso”.

Victoria De Angelis, bassista dei Maneskin (Instagram)

Esistono già studi in merito alla Fomo?

“Ci sono articoli datati 2012, scritti dal polacco Andrew Przybylski, che anche se non ha ancora completamente codificato il problema, ha realizzato delle batterie di test e scale di valutazione per capire se ci si trovi di fronte alla Fomo piuttosto che ad altro. Certamente l’attenzione sull’argomento adesso sarà più alta. Come spesso accade con le situazioni nuove, comunque, sono stati gli americani ad interessarsi rapidamente da un punto di vista scientifico al fenomeno, generando così un termine specifico per questo malessere e, di conseguenza, anche il malato. Un esempio in tal senso potrebbe essere quello del farmaco Ritalin, per curare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività’ (ADHD) nei bambini e negli adolescenti, che la comunità scientifica ha ritenuto essere un problema su cui intervenire se tale condizione diventa eccessiva e compromette quelle che dovrebbero essere le normali attività di un bambino o di un adolescente. Il farmaco in questione venne messo in commercio addirittura prima che la patologia comparisse sui manuali diagnostici, così può darsi che – se la Fomo continuerà a essere di interesse globale – verranno creati o utilizzati farmaci già esistenti per curarla. Ma tutto quello che, comunque, si potrà fare, sarà tentare di intervenire nella risoluzione delle varie sintomatologie: se il problema principale dovesse essere l’ansia si prescriveranno ansiolitici ecc. Del disagio psicologico oggi giorno se ne parla liberamente a differenza di alcuni anni fa. Sembra che all’improvviso ci ritroviamo a vivere una pandemia di disagi psicologici, dalla quale sembra che neanche i vip siano immuni. Semplicemente c’è più consapevolezza e le persone si sentono più libere di parlarne”.

Dottore, a cosa crede sia dovuto questo boom?

“Diciamo che da sempre le persone hanno sofferto su piani diversi di problemi psicologici più o meno invadenti. Oggi se ne parla più liberamente anche nel mondo dello spettacolo e non credo che l’intento sia quello di cavalcare l’onda di un trend condiviso ma più il risultato di un’emancipazione sia sociale che individuale, oltre al fatto che mostrare la propria umanità rende una persona più accessibile agli altri. Inoltre, come si suol dire, è sempre meglio farne un dramma che farne un mistero”.

Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo (Instagram)
Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo (Instagram)

Che intende dire?

“Intendo dire che una volta era quasi una vergogna andare da uno psicologo, era una cosa di cui non si parlava, addirittura non si andava dal terapista per paura di essere giudicati male. Ora invece anche i ragazzini vanno dallo psicologo. E questo parlarne tanto è una visione emancipata di certe problematiche. Le nuove generazioni sono molto libere, e la libertà incondizionata di cui dispongono sia nell’agire che nel parlare li porta in alcuni casi a una perdita di controllo. Per molti non avere un confine significa andare a braccio. E il ‘missing out’ è proprio questo: il perdersi, il timore di quello che c’è fuori. A volte si ha la percezione che altri si divertano più di noi, che siano più felici ecc”.

Come si cura la Fomo?

“Come dicevo, la sintomatologia è variabile, così come l’importanza della manifestazione dei sintomi stessi. In ogni caso, la soluzione del problema potrebbe essere una terapia comportamentale, o una terapia breve e strategica, attraverso la quale offrire al paziente strumenti e strategie per gestire la propria situazione, piuttosto che essere lui a farsi gestire dalla situazione stessa. Certo, per prima cosa è necessario capire se si soffre davvero di Fomo, in secondo luogo devono essere capite le cause (facevamo l’esempio della tecnologia, ma non è l’unica causa possibile), considerando che spesso questo genere di disturbi si accompagna ad altre problematiche. Condurremo una valutazione per capire quali siano i sintomi predominanti ed ingombranti nella vita della persona. Per esempio, la Fomo si manifesta principalmente con uno stato di ansia? Allora cominceremo a trattare quel sintomo. Dopo di che valuteremo se ce ne sono altri, per esempio la depressione, in tal caso continueremo la terapia curando quella, e così via. L’importante è offrire strategie mirate alle necessità della persona specifica, per aiutarla a usare strumenti che fino a ora non ha sviluppato o che comunque non ha mai imparato ad usare. In ultimo si dovrà cercare per il cliente il miglior equilibrio possibile, di modo che sia capace di riprendere le redini della propria realtà”.

Dunque, possiamo ammettere che quello di Victoria sia un problema?

“Victoria ha espresso uno dei tanti volti di questa problematica, ma la Fomo non si esprime solo nel bisogno di connessione con gli altri o nella paura che si divertano di più noi. Ce ne sono molti altri. Situazioni come quella di Victoria possono essere condivise da molte persone, ma diventano problematiche solo nel momento in cui iniziano a diventare invadenti e ingestibili nella vita di una persona. Se un problema supera una certa soglia, da quel momento in poi la situazione potrebbe tendere a peggiorare e sarà la problematica stessa a gestire me, piuttosto che viceversa. Se poi, una volta inquadrato il problema, il paziente invece di curarsi si mette a cercare su internet informazioni avulse – come spesso accade – ecco che il circolo vizioso si rimette in moto. Per molti, la maggior frustrazione è proprio quella di sapere che si tratta di una paura ingiustificata, che però purtroppo esiste. Bisogna arrivare a far percepire al cliente che la paura non esiste, che si tratta solo di un fatto ancestrale ed istintivo, e che come tale può essere domato”.

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Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
“Io ho la peggiore Fomo del mondo. Devo uscire tutti i giorni per forza, anche se sono stanchissima, perché se no ho paura di perdermi qualcosa”. Lo ha rivelato Victoria De Angelis, più che celebre bassista dei Maneskin, nel corso di un'ospitata su Radio DJ con il resto della band. Da quel momento in poi si è scatenata la curiosità dei fan, e non solo, riguardo alla “Fear of Missing Out”, termine inglese per indicare quella che letteralmente potremmo definire la paura di restare tagliati fuori o di perdersi qualcosa, come ha spiegato Victoria. A dirci di più su questa strana paura, verosimilmente acutizzata dai tempi “virtuali” in cui viviamo e della quale sembrerebbero soffrire principalmente i giovanissimi, è stato lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978. “Partiamo col dire che la società si modifica nel tempo, dunque anche i comportamenti delle persone che ne fanno parte, così come le problematiche che possono affliggerle - dice l'esperto -. Soprattutto negli Stati Uniti, nascono termini nuovi per indicare criticità che, in realtà, rappresentano una variazione di alcune problematiche esistenti che tendono a combinarsi tra loro. È successo questo anche nel caso della “Fomo”.
Lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978
Lo psicoterapeuta fiorentino Matteo Panerai, classe 1978
Dottor Panerai, si tratta di una patologia vera e propria? “In realtà, il DSM 5 - ovvero l'ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - non la riporta, ma ciò non toglie che potremmo benissimo incontrarla tra le sindromi ufficialmente riconosciute nel DSM 6, aggiornato con le più recenti novità diagnostiche e grazie al quale vengono ammesse o cancellate nuove o vecchie problematiche relative alla salute umana. Ricordo bene che, nel passaggio dal terzo al quarto manuale, alcune patologie erano state cancellate. Allora, un luminare della pragmatica della comunicazione umana come Paul Watzlawick ebbe la prontezza e l'ironia di commentare la cosa così: 'Bene, da oggi un sacco di persone sono state curate con un colpo di penna'. Un'altra grande verità che Watzlawick ci ha insegnato è che tutto il comportamento umano è comunicazione, e tutta la comunicazione influenza il comportamento umano, compresa quella non verbale. Questo ci riporta alla questione della Fomo, e al fatto che l'esplosione di questa 'nuova' paura potrebbe avere a che fare con l'uso smodato che della tecnologia - e quindi dei social - facciamo ogni giorno. A molti capiterà, infatti, di alzarsi la mattina e, come prima cosa, accendere lo smartphone. Quella che a vari gradi si viene a creare è una specie di dipendenza e la Fomo si nutre anche di questo costante bisogno di essere connessi con gli altri, a danno dei tempi e dei modi con cui tradizionalmente saremmo in connessione con chi ci sta realmente intorno”. Victoria però ha fatto riferimento soprattutto al suo bisogno di uscire e di stare in mezzo alla gente... “Sì, ossia a un altro aspetto della Fomo. Stiamo parlando di una situazione che può esprimersi in modi diversi: dal bisogno di uscire agli attacchi di panico, dal senso di inadeguatezza alla necessità di trovarsi fuori casa. In alcuni casi si prova un senso di totale insoddisfazione e si ha la percezione che gli altri si divertano più di noi. Di qui è facile immaginare che il target di riferimento per una problematica come la Fomo sia principalmente quello dei giovani, che fanno uso massiccio della tecnologia, ma può interessare anche gli adulti. Tornando a Victoria, il suo disagio viene espresso col bisogno di essere connessa col mondo. Forse avrà una vita bella, ma certo non è una ragazza che - a differenza delle sue coetanee - possa dirsi libera di uscire tranquillamente perché ha sempre gli occhi addosso”. Victoria De Angelis, bassista dei Maneskin (Instagram) Esistono già studi in merito alla Fomo? “Ci sono articoli datati 2012, scritti dal polacco Andrew Przybylski, che anche se non ha ancora completamente codificato il problema, ha realizzato delle batterie di test e scale di valutazione per capire se ci si trovi di fronte alla Fomo piuttosto che ad altro. Certamente l'attenzione sull'argomento adesso sarà più alta. Come spesso accade con le situazioni nuove, comunque, sono stati gli americani ad interessarsi rapidamente da un punto di vista scientifico al fenomeno, generando così un termine specifico per questo malessere e, di conseguenza, anche il malato. Un esempio in tal senso potrebbe essere quello del farmaco Ritalin, per curare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività' (ADHD) nei bambini e negli adolescenti, che la comunità scientifica ha ritenuto essere un problema su cui intervenire se tale condizione diventa eccessiva e compromette quelle che dovrebbero essere le normali attività di un bambino o di un adolescente. Il farmaco in questione venne messo in commercio addirittura prima che la patologia comparisse sui manuali diagnostici, così può darsi che - se la Fomo continuerà a essere di interesse globale - verranno creati o utilizzati farmaci già esistenti per curarla. Ma tutto quello che, comunque, si potrà fare, sarà tentare di intervenire nella risoluzione delle varie sintomatologie: se il problema principale dovesse essere l'ansia si prescriveranno ansiolitici ecc. Del disagio psicologico oggi giorno se ne parla liberamente a differenza di alcuni anni fa. Sembra che all'improvviso ci ritroviamo a vivere una pandemia di disagi psicologici, dalla quale sembra che neanche i vip siano immuni. Semplicemente c’è più consapevolezza e le persone si sentono più libere di parlarne”. Dottore, a cosa crede sia dovuto questo boom? “Diciamo che da sempre le persone hanno sofferto su piani diversi di problemi psicologici più o meno invadenti. Oggi se ne parla più liberamente anche nel mondo dello spettacolo e non credo che l’intento sia quello di cavalcare l’onda di un trend condiviso ma più il risultato di un’emancipazione sia sociale che individuale, oltre al fatto che mostrare la propria umanità rende una persona più accessibile agli altri. Inoltre, come si suol dire, è sempre meglio farne un dramma che farne un mistero”.
Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo (Instagram)
Victoria De Angelis ha rivelato di soffrire di Fomo (Instagram)
Che intende dire? “Intendo dire che una volta era quasi una vergogna andare da uno psicologo, era una cosa di cui non si parlava, addirittura non si andava dal terapista per paura di essere giudicati male. Ora invece anche i ragazzini vanno dallo psicologo. E questo parlarne tanto è una visione emancipata di certe problematiche. Le nuove generazioni sono molto libere, e la libertà incondizionata di cui dispongono sia nell'agire che nel parlare li porta in alcuni casi a una perdita di controllo. Per molti non avere un confine significa andare a braccio. E il ‘missing out’ è proprio questo: il perdersi, il timore di quello che c'è fuori. A volte si ha la percezione che altri si divertano più di noi, che siano più felici ecc”. Come si cura la Fomo? “Come dicevo, la sintomatologia è variabile, così come l'importanza della manifestazione dei sintomi stessi. In ogni caso, la soluzione del problema potrebbe essere una terapia comportamentale, o una terapia breve e strategica, attraverso la quale offrire al paziente strumenti e strategie per gestire la propria situazione, piuttosto che essere lui a farsi gestire dalla situazione stessa. Certo, per prima cosa è necessario capire se si soffre davvero di Fomo, in secondo luogo devono essere capite le cause (facevamo l’esempio della tecnologia, ma non è l'unica causa possibile), considerando che spesso questo genere di disturbi si accompagna ad altre problematiche. Condurremo una valutazione per capire quali siano i sintomi predominanti ed ingombranti nella vita della persona. Per esempio, la Fomo si manifesta principalmente con uno stato di ansia? Allora cominceremo a trattare quel sintomo. Dopo di che valuteremo se ce ne sono altri, per esempio la depressione, in tal caso continueremo la terapia curando quella, e così via. L'importante è offrire strategie mirate alle necessità della persona specifica, per aiutarla a usare strumenti che fino a ora non ha sviluppato o che comunque non ha mai imparato ad usare. In ultimo si dovrà cercare per il cliente il miglior equilibrio possibile, di modo che sia capace di riprendere le redini della propria realtà”. Dunque, possiamo ammettere che quello di Victoria sia un problema? “Victoria ha espresso uno dei tanti volti di questa problematica, ma la Fomo non si esprime solo nel bisogno di connessione con gli altri o nella paura che si divertano di più noi. Ce ne sono molti altri. Situazioni come quella di Victoria possono essere condivise da molte persone, ma diventano problematiche solo nel momento in cui iniziano a diventare invadenti e ingestibili nella vita di una persona. Se un problema supera una certa soglia, da quel momento in poi la situazione potrebbe tendere a peggiorare e sarà la problematica stessa a gestire me, piuttosto che viceversa. Se poi, una volta inquadrato il problema, il paziente invece di curarsi si mette a cercare su internet informazioni avulse - come spesso accade - ecco che il circolo vizioso si rimette in moto. Per molti, la maggior frustrazione è proprio quella di sapere che si tratta di una paura ingiustificata, che però purtroppo esiste. Bisogna arrivare a far percepire al cliente che la paura non esiste, che si tratta solo di un fatto ancestrale ed istintivo, e che come tale può essere domato”.
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