Giornata mondiale delle malattie rare: diamo voce ai bambini malati

Le famiglie dei piccoli pazienti affetti da patologie rare neuro degenerative si raccontano attraverso i progetti dell'associazione Voa Voa Amici di Sofia, che nel 2023 compie dieci anni di attività al servizio delle famiglie fragili

di MAURIZIO COSTANZO
28 febbraio 2023
Mina con il figlio Natale 2

Mina con il figlio Natale 2

Nessuno vuole parlare di loro, le loro storie sono segreti che devono restare lontani dagli occhi perché fanno tristezza, fanno paura. Sono i bambini affetti da patologie rare gravissime. L'ipotesi di un figlio malato già spaventa a sufficienza, senza dover arrivare a pensare che esistono patologie life-limiting incurabili, inguaribili, degenerative e, purtroppo, terminali. Parole orribili per descrivere destini inaccettabili da parte di qualsiasi genitore. Eppure ci sono famiglie che diagnosi di patologie neuro degenerative ne hanno ricevute davvero e che realmente, in un attimo, sono state sbalzate dal mondo dei normali a quello degli incubi peggiori.

Cosa significa vivere con una patologia rara

Famiglie che hanno visto la propria quotidianità stravolta per sempre, per colpa di una piccola mutazione genetica di cui neanche sospettavano l'esistenza. E dopo la diagnosi la loro vita di prima, quella condivisa con parenti, amici, colleghi di lavoro, non esisterà mai più, perché verranno immediatamente catapultati nel complicatissimo mondo delle disabilità gravi, quello che non lascia spazio alla socialità, al tempo libero, alla spensieratezza. Quello che costringe un genitore ad indossare ogni giorno i panni del medico, dell'infermiere, del fisioterapista, del logopedista, dello psicologo persino, pur di accudire al meglio un figlio che va in contro ad una inesorabile, inarrestabile degenerazione sia fisica che cognitiva. Il mondo delicato e isolato di un bambino completamente disabile, un malato multi sistemico che per vivere ha bisogno di cure e assistenza h24, laddove il sistema sanitario e il territorio non sono quasi mai preparati ad accompagnarlo adeguatamente nel suo percorso di malattia. Malattie subdole e feroci, che spesso si manifestano a scoppio ritardato, ossia quando bambini apparentemente sani sviluppano i primi sintomi intorno all'anno e mezzo di vita. Dopo di che, nel giro di pochi mesi, le malattie avanzano fino a distruggerne tutte le competenze, trasformandoli in persone incapaci di muoversi, di parlare, di vedere, di mangiare e, alla fine, di respirare. Sono malattie che portano nomi diversi, o che addirittura di nomi non ne hanno ancora uno perché la scienza non lo ha scoperto, ma che sono tutte accomunate dalla medesima condizione di neuro degenerazione infantile.

Mina con il piccolo Natale vivono a Rimini

Di queste vite fragili, indifese e condannate, da dieci anni a questa parte si prende cura un'associazione che si chiama Voa Voa Amici di Sofia Aps. Nella Giornata mondiale dedicata alle Malattie Rare abbiamo intervistato una delle famiglie che ne fanno parte e che da anni si impegnano in prima linea nella sensibilizzazione del pubblico e delle istituzioni sulla condizione dei malati pediatrici neuro degenerativi. "Nei mesi a seguire la diagnosi di patologia neuro metabolica degenerativa ignota su mia figlia - racconta la mamma di Maria, fiorentina di 38 anni - ho assistito al graduale allontanamento dalla mia famiglia di amici e conoscenti. La presa in carico dell'ospedale e del territorio si sono dimostrate insufficienti nei confronti di mia figlia, che entro pochi mesi dall'esordio dei sintomi ha perduto quasi tutte le competenze motorie e cognitive. Io e mio marito non sapevamo che fare, dove andare a sbattere la testa, la malattia era troppo veloce e le nostre competenze in merito troppo scarse. Non facevamo in tempo ad informarci su come aiutarla a far fronte ad un problema sopraggiunto, che già sorgeva una nuova complicazione di salute. Non so quante volte mi sono sentita ripetere dai medici 'Signora, deve capire che è una malattia degenerativa, nessuno può farci niente, al massimo possiamo alleviare alcuni sintomi con le medicine'. Eravamo completamente soli, terrorizzati, abbandonati. Nessuno sapeva dirci niente su quello che sarebbe successo a nostra figlia nei mesi a venire. L'unica cosa certa era che la vedevamo soffrire infinitamente, preda di crisi epilettiche, incapace ormai di masticare e nutrirsi da sola. Incapace di muoversi e parlare. Poi, un giorno, ha perso anche la vista, e allora la terra sotto ai nostri piedi è franata definitivamente, perché senza più vedere i volti rassicuranti della sua mamma e del suo papà, Maria ha anche smesso di sorridere". I genitori di Maria sono solo uno dei molti esempi di realtà silenziose, devastate, che ogni giorno usano qualsiasi arma per aiutare la propria bambina. “Dopo un primo anno e mezzo in cui ci siamo sentiti sconvolti e disorientati, abbiamo deciso di tirarci su le maniche e iniziare a lavorar per Maria per conto nostro. Fisioterapia privata, perché il territorio ce ne forniva troppo poca, logopedia per evitare che i muscoli del volto si irrigidissero, fisioterapia respiratoria per evitare a Maria polmoniti continue nei mesi invernali, e molto altro ancora. Non possiamo fermare la malattia, non possiamo offrire a Maria niente di riabilitativo, al massimo terapie di mantenimento, ma lo facciamo con buona volontà e infinito amore, intervenendo a più riprese nel corso dell'intera giornata, pur di garantirle la migliore qualità di vita possibile”. Abbiamo incontrato Guido De Barros, presidente di Voa Voa Amici di Sofia Aps, che proprio nel 2023 festeggia dieci anni di attività al fianco di famiglie come quella di Maria. Presidente De Barros, cosa significa per lei la parola "inclusività"? "Negli ultimi anni si sente tanto parlare di 'inclusività', ma questa parola, per avere senso, deve avere una corretta, quotidiana applicazione nella vita di tutti, anche di coloro che non devono prendersi cura di un malato. È questa la giusta via per raggiungere l'obiettivo di una società realmente inclusiva, in cui persone disabili e caregiver non debbano sentirsi esclusi e si possa condividere un progetto di vita comune, spontaneo, quotidiano. Da anni, insieme ai nostri soci portiamo avanti programmi di sensibilizzazione sul tema delle malattie rare fortemente invalidanti in età pediatrica, perché l'attenzione collettiva deve essere concentrata sull'intera famiglia caregiver, non soltanto sul malato. Quando si ammala un bambino, si ammala la famiglia intera. Per questo motivo, fin dalla fondazione, abbiamo voluto inserire tra gli scopi statutari della nostra associazione anche l'impegno alla diffusione della cultura dell'inclusività, attraverso progetti che diradino l'ombra in cui le famiglie rare sono immerse, e contribuiscano a riportarle gradualmente alla luce”.

Mina con suo figlio Natale, 14 anni, affetto da MLD

La campagna promossa dal 2013 -anno della fondazione- ad oggi da Voa Voa si chiama #rarinoninvisibili e ha compreso progetti di vario tipo, mirati al coinvolgimento delle istituzioni e del pubblico, basati sul prezioso contributo delle famiglie socie. Dalla realizzazione dei grandi murales "Un muro per Sofia" nei vari comuni della Toscana, alla stesura di articoli di approfondimento distribuiti sui propri canali social "Finestra su Casa Voa Voa", nei quali settimanalmente tutte le famiglie hanno raccontato il proprio modo di affrontare una determinata situazione legata alla gestione del bambino (per esempio l'igiene orale, la mobilizzazione delle articolazioni, l'organizzazione degli spostamenti con un figlio gravissimo ecc). "In casa Voa Voa i bambini hanno un nome, le famiglie una collocazione spazio temporale nella storia e nella quotidianità della nostra società - sottolinea De Barros -. Non sono numeri, non sono pazienti destinati a morire entro pochi anni e perciò privi di qualsivoglia forma di dignità. Sono persone straordinarie, che nonostante la malattia hanno voglia di giocare e di vivere. E i loro genitori dedicano l'intera propria esistenza a far sì che i figli si sentano ancora semplicemente bambini, non solo persone malate. Queste cose devono essere raccontate. La gente le deve sapere". Attualmente quali sono i progetti che state portando avanti a scopo di sensibilizzazione? "Ne abbiamo diversi, ma quello di cui vorrei parlare è 'Voce ai rari!', grazie al quale, periodicamente, pubblichiamo sul sito e sui canali social articoli composti da un giornalista riguardanti l'approfondimento di tematiche socio sanitarie che riguardano le realtà delle nostre famiglie. Abbiamo iniziato a maggio 2022 con il pezzo che ha riscosso grande successo di pubblico 'Mina va alla guerra' -disponibile insieme ai successivi nella sezione 'Blog' del sito www.voavoa.org-, in cui mamma Mina racconta le difficoltà quasi insormontabili del proprio rientro a lavoro, dopo anni dedicati esclusivamente all'accudimento di suo figlio Natale. Perché ogni bambino e ogni genitore che abbia avuto la sfortuna di essere segnato da una patologia neuro degenerativa pediatrica, deve comunque avere diritto alla miglior vita possibile".