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Francesco Cannadoro: rivoluzionare il concetto di disabilità con la semplicità "a prova di bambino"

Per la prima volta in Toscana per presentare il suo ultimo libro "Io e il drago", il noto blogger, autore e content creator racconta la condizione del suo Tommi attraverso un linguaggio semplice e diretto

di CATERINA CECCUTI -
21 gennaio 2023
cannadoro

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Prima che la malattia di suo figlio Tommaso catapultasse lui e la sua famiglia nel mondo della disabilità, Francesco Cannadoro era stato animatore nei villaggi turistici e da qualche anno faceva il barista. La parlantina spigliata, il linguaggio vivace, l'atteggiamento amichevole e coinvolgente con tutti erano la sua natura, non soltanto il suo mestiere. Quando ha scoperto che Tommi aveva una malattia neurodegenerativa ignota (tutt'oggi priva di diagnosi), ha deciso di smettere di lavorare per non perdersi neanche un minuto di vita insieme al suo bambino. “Una patologia degenerativa come quella di mio figlio -racconta a Luce!- significa atrofia del cervelletto e conseguente ritardo psicomotorio. Col tempo sono subentrate anche la disfagia, l'epilessia e la cecità. Oggi Tommi si nutre attraverso una peg". Le aspettative di vita, per il piccolo, sono le più drammatiche. E Francesco questo lo sa bene, ma insieme a sua moglie Valentina non si è mai dato per vinto: “In Italia la burocrazia che riguarda la disabilità è un caos. Una famiglia che, come la mia, si trova sbattuta d'improvviso in questo mondo parallelo non sa davvero da che parte cominciare. Purtroppo c'è molta disinformazione. Ecco perché nel 2016 ho deciso di aprire un blog tutto mio, in cui ho provato a raccontare in modo leggero le nostre vicissitudini, nella speranza di incontrare altre famiglie nelle nostre medesime condizioni ed imparare da loro qualcosa. Con il tempo però la situazione mi è “sfuggita di mano”, nel senso che i follower di Facebook sono diventati 100.000, quelli di Instagram altri 100.000 e il canale YouTube appena aperto sta crescendo vistosamente. La gente pensava che fossimo esperti in materia, ma alla fine è nato un percorso di mutuo aiuto nel quale tutti impariamo uno dall'altro”.

Valentina e Francesco, i genitori di Tommaso

Oggi la sua presenza sui social è diventata un lavoro... "Sì, un lavoro che mi permette di stare con mio figlio e di godermi ogni istante della sua vita fino a che c'è. Mi sono anche state fatte proposte commerciali ed editoriali. Ho scritto tre libri, l'ultimo dei quali 'Io e il drago' (DeAgostini Editore), racconta la disabilità attraverso gli occhi di mio figlio. Lo scopo è quello di parlare di questa realtà ai più giovani (è un 9+). Infatti, oltre a presentazioni ufficiali è in essere un progetto parallelo di eventi nelle scuole, in collaborazione con l'editore,​ che sta riscuotendo un discreto successo per tematiche e approccio. Sui social, da anni, affronto​ il tema della disabilità e della genitorialità in relazione ad essa, facendomi promotore di una narrazione dinamica e di facile comprensione, senza tanta retorica e completamente priva di pietismo - cosa questa assolutamente necessaria se vogliamo favorire l'inclusione, che deve passare proprio dalla normalizzazione della disabilità.​ Tra le pagine del libro Tommi affronta argomenti come l'ospedalizzazione, la malattia, la scuola, l'amicizia, l'amore, la paura, il coraggio, la tristezza e la felicità. Il tutto, con un tono adatto ad un ventaglio di età​ abbastanza ampio".

Ha detto che questo è il terzo libro che ha scritto. Gli altri due? "I primi due erano di stampo autobiografico, focalizzati insomma sul punto di vista paterno. In 'Cuciti al cuore' raccontavo la mia avventura di padre, in 'Quanto mi servivi' approfondivo il mio passato, quando da ragazzino vivevo in una comunità - alloggio per minori - perché i miei non potevano occuparsi di me. Mio padre aveva una nuova famiglia, mia madre era tossico dipendente”.

Tommaso è affetto da una malattia neurodegenerativa ancora priva di diagnosi

Come è nata l'idea di un libro “scritto da Tommaso”? "Mi ha contattato DeAgostini chiedendomi di portare la storia di Tommi nelle scuole, proprio perché utilizzavo un modo semplificato per spiegare argomenti complessi. Sul momento mi sono chiesto se il mio linguaggio, normalmente indirizzato ad un pubblico adulto, sarebbe stato adatto ad un progetto come quello. L'Editore mi ha risposto che la semplicità era perfetta, bastava edulcorare un poco il linguaggio. Allora mi è venuto in mente che nessuno meglio di un bambino potesse spiegare le cose ai coetanei. Però ho voluto anche fare di più: non ho descritto noi genitori come due supereroi. Ho voluto guardare me e mia moglie con occhi critici, gli stessi che avevo io da piccolo. Perché il libro doveva essere autentico. In 'Io e il drago' affrontiamo la disabilità senza retorica e senza pietismo, come la vita vera e la disabilità pretendono di essere. Perché non stiamo parlando di una nicchia fatta solo di supereroi, piuttosto di persone normali che si trovano ad affrontare problemi difficilissimi ogni giorno. Scrivere questo libro, per me, è stato meraviglioso, perché ho capito che fino a quel momento stavo vivendo in una specie bolla, prodotta dal successo personale che mi arriva ogni giorno dai social. Mi sentivo una specie di papà mitico. Ero tra i più seguiti in Italia e mi ero autoconvinto di essere bravo. Scrivendo 'Io e il drago', invece, mi sono costretto in una dimensione auto critica, come genitore intendo, abbattendo la convinzione sbagliata di essere così bravo. Il libro porta la disabilità nelle scuole, cioè sul mondo terreno, alla fonte stessa della società che sono i bambini. 'Io e il drago' non esorcizza mancanze mie, se mai ci gira il coltello nella piaga e rappresenta per il lettore un bel tuffo nella realtà dei fatti. Io sono convinto, come mi hanno scritto anche molti che mi seguono, che oltre ad essere un libro per le scuole, questo possa rappresentare un'opportunità per gli adulti che non sanno come parlare di disabilità ai propri figli normo dotati, perché i concetti sono semplici, a prova di bambino".

Come fa una scuola che decide di ospitarla a mettersi in contatto con lei? "DeAgostini ha messo a disposizione un indirizzo mail per poterci contattare: [email protected]. Qui le scuole possono richiedere un incontro con me e quel che ne viene fuori è una vera e propria magia...perché i bambini riescono a fare domande semplici e giuste. Se le stesse domande se le ponessero anche gli adulti, il mondo andrebbe avanti da solo. Per esempio, spesso e volentieri nei nostri incontri i bambini mi chiedono 'Ma se ci sono le scale, Tommi come fa a salire, visto che ha le ruote?'".

Tommi stringe tra le mani il terzo libro del suo papà, "Io e il Drago"

Francesco e tutta la sua magica famiglia saranno per la prima volta in Toscana oggi, 21 gennaio, proprio per presentare "Io e il drago". L'incontro si svolge alle 16,30 al Teatro Dante di Campi Bisenzio, presentato dal giornalista Pier Francesco Nesti, e sarà ad ingresso libero. Ad organizzarlo è l'associazione senza scopo di lucro Banda Albereta, ben nota sul territorio per il costante impegno a favore di famiglie con gravi disabilità, che spesso necessitano di costose cure all'estero. All'evento saranno presenti anche diverse associazioni del territorio cui, nel corso degli anni, abbiamo dato una mano -spiega Stefano Landi, presidente di Banda Albereta-, come per esempio l'Associazione "I genitori del Nendi", la "Cui i ragazzi del sole" e "Voa Voa Amici di Sofia aps". Francesco, infatti, ci ha chiesto di potersi confrontare con le realtà del nostro territorio impegnate a fianco dei rari". Qual è la missione di Banda Albereta? "Dal 2011, la missione della nostra associazione è quella di contribuire ad aiutare famiglie con malattie rare importanti, laddove la sanità non arriva. Spesso queste famiglie sono costrette ad affrontare lunghe trasferte all'estero per poter curare i propri figli e realizzare il sogno di dare loro un futuro dignitoso. Siamo 45 volontari e solitamente organizziamo grandi cene di raccolta fondi, durante le quali facciamo tutto noi, dalla cucina al servizio ai tavoli, riuscendo a mettere a tavola centinaia di persone. Negli anni abbiamo aiutato direttamente le famiglie, oppure abbiamo sostenuto l'opera di associazioni che si occupano di disabilità, come ODA Villa San Luigi Firenze, per esempio, una struttura che ospita ragazzi disabili, cui abbiamo regalato una stanza morbida per bambini con crisi epilettiche. Quest'anno abbiamo anche donato due cuccioli di labrador alla Scuola cani guida di Scandicci, che dopo l'addestramento raggiungeranno i propri padroni non vedenti".