Iran, condannata a morte la compagna di cella di Alessia Piperno: "Unite dallo stesso dolore"
La travel blogger romana racconta i giorni di prigionia su Instagram. Con lei in cella una donna, mamma di tre figli: "Un giorno è uscita per andare in infermeria e non è più tornata"
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"È stata la mia compagna di cella. Un giorno è uscita per andare in infermeria e non è più tornata". Una sorte terribile quella toccata alla donna che ha trascorso i giorni di prigionia, a Teheran, con l'italiana Alessia Piperno, che sul suo profilo Instagram denuncia un'altra condanna a morte decretata dalle autorità iraniane nei confronti di una donna. Dopo quella di alcuni giorni fa a Fahimeh Karimi, mamma di tre bambini e allenatrice di pallavolo, stavolta tocca alla compagna di prigionia della travel blogger romana, con cui ha trascorso i 34 giorni della detenzione. "Tra di noi non ci sono state grandi conversazioni, dal momento che io non parlavo farsi e lei non parlava inglese. Ma eravamo unite dallo stesso dolore e dalle stesse paure. Ho cercato il suo nome ogni giorno da quando sono tornata – spiega la ragazza, rientrata in Italia dopo la liberazione, il 10 novembre – per controllare se avessero liberato anche lei. Invece mi sono trovata davanti a un articolo con il suo volto con scritto 'condannata a morte'. Cosa serve per fermare tutto questo? Cosa c... serve?", conclude amareggiata Piperno.
La prigionia a Teheran e la disperazione di una mamma
Su Instagram Alessia racconta anche il periodo trascorso nelle carceri iraniane, una sorta di secondo capitolo dopo quanto scritto qualche giorno fa sempre in un post sui social.
Sei bianca come quel muro, sarà che a forza di guardarlo, ha mangiato i tuoi respiri. Siamo nascoste in un punto cieco qui, le tue urla sono come il silenzio, fai a pugni con la porta e calpesti le tue stesse lacrime. “AZADI! AZADI!” Ti canto Bella ciao, e tu ti metti a piangere, altre volte mi batti le mani. Vorrei dirti di più, ma che ti dico? Ho paura, anche io. “Fatimah, Athena, Mohammed”. Continui a gridare i nomi dei tuoi figli, avranno sentito il tuo eco o l’amore non viaggia attraverso le sbarre? Aprono quella porta perché fai troppo rumore, ma siamo carne senza vita noi, e ci schiacciano come foglie secche, ascolta, loro non hanno cuore. Ti butti a terra con la testa tra le mani, premi con le dita contro le tue tempie, vuoi strappare i tuoi pensieri, farli uscire dalle tue orecchie, sono sabbie mobili, lo so bene. Domani è un giorno nuovo, magari saremo libere, anche se si, hai ragione, te l’ho detto anche ieri. Arriva la pasticca che ci canterà la ninna nonna, ti prendo la mano, è quel poco che posso fare, metti la testa sotto la coperta, almeno lì le luci sono spente, guarda il cielo, le vedi anche tu le stelle? Buonanotte Fahimeh.
La convivenza tra le due donne, i timori, le preghiere, ripetendo fino all'ossessione il nome di quei figli – Fatimah, Athena, Mohammed – che, probabilmente, Fahimeh non rivedrà più. La disperazione che l'attanaglia, quella ragazza accanto a lei, Alessia, che non comprende le sue parole ma prova il suo stesso dolore e la guarda senza sapere come aiutarla, come aiutarsi. Perché va così: alcune volte la detenuta straniera esce di prigione; l'iraniana, invece, non ce la fa: per lei le porte dei quella cella si sono aperte, è vero, ma per condurla ad una sorte peggiore. E quei tre bambini la loro mamma non la rivedranno mai più. È così che funziona, nella Repubblica Islamica, dove non c'è spazio per la libertà di una donna, non c'è spazio per dire no a un'ingiustizia o alla violazione dei diritti umani. Come si ferma la repressione, si chiede quindi Alessia Piperno? Come si ferma la strage di sangue?
La repressione dello sciopero dei "terroristi assoldati dai nemici"
Proteste in Iran, continuano gli scontri con le autorità e le forze di polizia
Intanto in una dichiarazione delle Guardie della rivoluzione iraniana si legge: ilcorpo paramilitare dei "basij, la polizia e le forze di sicurezza non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi che sono stati assoldati dai nemici". In molte città dell'Iran è in corso il primo dei tre giorni di sciopero indetto da attivisti nell'ambito delle proteste anti governative che da quasi tre mesi scuotono il Paese. "Dopo la sconfitta della nuova sedizione, creata dai nemici, il sistema sacro della Repubblica islamica continuerà con forza a realizzare la sua causa e sconfiggerà il fronte unito dei nemici", riportano le autorità nelle nota. Nei mesi scorsi si sono già verificati duri scontri tra le forze di sicurezza e i manifestanti scesi in pizza in varie città iraniane dopo la morte di Mahsa Amini. Secondo i dati dell'agenzia Hrana, raccolti da attivisti dei diritti umani iraniani, dall'inizio delle proteste hannoperso la vita almeno 471 persone, tra cui 64 minori e 61 membri delle forze di sicurezza, mentre gli arrestati sono oltre 18mila. "I rivoltosi, condannati a morte per Muharebeh o Fesad fel arz ("Guerra contro Dio" e "Corruzione sulla Terra", due capi d'accusa della legge islamica iraniana) saranno impiccati presto". A dirlo è il capo della magistratura iraniana Gholamhossein Ejei, secondo quanto riporta l'Irna, riferendosi a un gruppo di persone arrestate durante le manifestazioni. "Sono state emesse anche alcune altre sentenze di reclusione a lungo termine", ha aggiunto il funzionario, avvertendo che coloro che provocano la rivolta popolare o incoraggiano altri a scioperare, saranno presto convocati. "Nessuno in Iran è stato ucciso a causa di colpi sparati dalle forze di sicurezza o da quelle dell'ordine" ha dichiarato nel frattempo il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, nella conferenza stampa al termine della sua visita in Bosnia-Erzegovina, negando così l'uccisione di manifestanti da parte di forze affiliate al governo. "Ciò a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane è stato un complotto contro il popolo iraniano" ha ribadito il capo della diplomazia della Repubblica islamica.
Dall'inizio delle proteste, secondo le ong, sono oltre 440 le vittime delle repressione
Qualche giorno fa l'annuncio a sorpresa dell'abolizione della terribile polizia morale, con l'avvertimento però lanciato da Al Jazeera a non fidarsi troppo, data la mancata conferma delle parole pronunciate dal procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri e il mancato pronunciamento in merito alla legge che rende obbligatorio indossare il velo. A poche ore di distanza è arrivato infatti un altro annuncio, da parte di Hossein Jalali, membro del Consiglio islamico e della Commissione culturale, il quale ha affermato che il costo da pagare per le donne che non indossano l'hijab sarà più alto. Jalali ha spiegato come sarà il programma alternativo, allo studio, per l'applicazione dell'uso del velo e in merito al piano della castità per le iraniane: invece delle "pattuglie della polizia morale", ha detto, coloro che non indossano l'hijab saranno avvisate tramite messaggi, prima di passare alle punizioni. Citato dal quotidiano riformista Shargh, Jalali ha precisato anche che "dopo tre avvertimenti il conto bancario della persona che viene sorpresa senza l'hijab potrebbe essere bloccato". "Non ci sarà alcun ritiro dal piano dell'hijab perché il ritiro significa il ritiro della Repubblica islamica", ha concluso il consigliere.