Donne, tante, in tutto il mondo, in solidarietà con quelle che, in Iran, lottano per la propria libertà, per i propri diritti, per la propria vita. Ma anche uomini e adolescenti, cittadini e cittadine, politici, attiviste, artisti, persone di spettacolo che manifestano il proprio dissenso verso un regime oppressivo, estremista, che obbliga migliaia di donne a indossare il velo, a vivere sottomesse. E poi c'è lei, Gohar Eshghi, 80 anni e niente più da perdere. Perché il suo tesoro più prezioso, suo figlio, lo ha perso proprio per mano delle autorità del suo Paese: giovane blogger, Sattar Beheshti è stato giustiziato nel 2012, in carcere, dopo essere stato arrestato dall'unità iraniana della polizia informatica. Ed è questa anziana signora che invita tutte e tutti a non arrendersi di fronte alla repressione della Repubblica Islamica, che cerca di soffocare con la violenza la protesta scatenatasi dopo la morte di Mahsa Amini.
Gohar Eshghi si è tolta pubblicamente il velo, davanti a una telecamera che la riprende mentre compie il simbolico gesto, invitando tutto il popolo iraniano a riversarsi nelle strade contro il regime. "Dopo 80 anni rimuovo il mio hijab perché voi uccidete in nome della religione". Parole durissime, pronunciate in un video che, rilanciato tra gli altri media dall'edizione persiana della Bbc, è diventato immediatamente virale.
Un gesto inedito se compiuto da una donna anziana, che le autorità potrebbero pensare invece piegata al volere della Repubblica Islamica, ma che invece si pone in perfetta continuità con altre azioni a cui tutto il mondo ha assistito in questo mese di proteste: hijab stappati, bruciati, capelli ben in vista, tagliati simbolicamente da tante, tantissime donne, non solo iraniane. Un gesto potente, quello di Eshgh, che dice di aver compiuto proprio per supportare il dissenso contro il potere tradizionalista e oppressivo dell'Iran: "Per i nostri giovani, dopo 80 anni, a causa di una religione che sta uccidendo le persone, mi tolgo il mio hijab. Maledico i codardi. Se mi ascoltate, scendete nelle strade. Siete codardi se non lo fate". La mano dura della repressione, nel frattempo, continua a macinare vittime: dall’inizio delle manifestazioni sarebbero oltre 220 le persone uccise, l'ultima la giovanissima Asra Panahi, studentessa di 16 anni picchiata a morte perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla guida suprema Ali Khamenei. Prima di lei c'era stata Nika Shahkarami e ancora, qualche settimana fa, Hadis Najafi. A queste si aggiungono migliaia di persone arrestate, che dal carcere potrebbero non uscire mai, o solo dopo tremende torture.After 80 years of wearing hijab, #GoharEshghi took her hijab off "because of a religion that is killing people". She called people not coming to the streets to protest cowards. Gohar is mother of #SattarBeheshi an Iranian blogger who was killed by the Islamic Republic in 2012. pic.twitter.com/j0QLXVQhlF
— Masih Alinejad 🏳️ (@AlinejadMasih) October 18, 2022