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Home » Attualità » Sallusti attacca la Treccani: “Ecco il dizionario… Della Boldrini, un inutile politicamente corretto”

Sallusti attacca la Treccani: “Ecco il dizionario… Della Boldrini, un inutile politicamente corretto”

Il direttore di Libero attacca la scelta nel nuovo vocabolario di inserire anche la forma femminile di sostantivi e aggettivi

Margherita Ambrogetti Damiani
25 Settembre 2022
Alessandro Sallusti, giornalista direttore di Libero

Alessandro Sallusti, giornalista direttore di Libero

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Non abbiamo fatto in tempo a dirci soddisfatte dell’iniziativa di Treccani di inserire nel suo nuovo vocabolario anche le forme femminili di sostantivi e aggettivi, tradizionalmente declinati solo al maschile, che i distruttori di turno si sono scatenati in rete e non solo per dire la (assolutamente non richiesta) propria. Capofila della situazione Alessandro Sallusti, direttore di Libero. Con la sua personalissima opinione – in evidente overdose da riconoscimento di diritti – il giornalista si è lasciato andare a una invettiva tanto feroce quanto non richiesta.

Il nuovo dizionario Treccani prevede anche le forme femminili di nomi e aggettivi, invece del tradizionale “maschile neutro”

In buona sostanza, dopo aver titolato “Treccani? No, ‘Treccagne‘: roba da matti, ecco il dizionario…della Boldrini“, Sallusti si lancia in un iperbolico attacco della decisione di Treccani definendola, nel migliore dei casi, “una moda, un’ipocrisia, un inutile politicamente corretto“. A chiedersi il motivo di così tanto livore si corre il rischio di imbattersi in risposte ancor più intrise di cultura patriarcale, mista a inutile retorica. Meglio quindi evitare di indagare oltre e chiarire un paio di faccende. La prima riguarda la questione linguistica: Sallusti finge, peraltro abbastanza goffamente, di non sapere che la lingua si adatta ai tempi e alla società e che parole come “notaia” e “architetta”, al contrario di “maestra” o “parrucchiera”, erano fuori dai radar di dizionari e lingua corrente semplicemente perché “non necessarie” nel quotidiano, essendo quei ruoli appannaggio di lor signori.

Cambiando le cose, cambiano anche le parole e lo sfondamento dei tetti di cristallo ha generato una positiva rivoluzione anche linguistica che non possiamo non accogliere con favore, seppure giunta drammaticamente in ritardo. La seconda questione è di carattere storico: ma è mai possibile che in questo Paese ci debba essere sempre qualcuno pronto a rimettere indietro le lancette del tempo? Eppure, lo Stivale per definizione è terra di ingegno, intellighenzia, saper fare e pensare. Evidentemente, nel corso del tempo qualcosa deve essere andato perduto nei vicoli ciechi di qualche medio-evo passato più o meno in cavalleria. Di sicuro, Sallusti e tutti i sallustiani di casa nostra (e non solo) bisogna se ne facciano una ragione del femminile in Treccani, ma pure dell’esistenza delle donne nella società, non solo in versione madri-mogli.

Le battaglie al femminile hanno già dato qualche piccolo importante frutto. Basti pensare alla legge Gribaudo attraverso la quale alle donne, a parità di mansione, viene riconosciuta la stessa retribuzione dei colleghi uomini. Certo, di strada ancora ne deve essere fatta parecchia, per una concreta parità. C’è il sistema di welfare a cui si deve mettere mano in maniera radicale e strutturale, c’è il lavoro di cura da condividere, ci sono i tempi delle città da rivedere, c’è la questione figli da affrontare. Al netto di ciò, la marcia è nettamente in avanti ed è abbastanza anti-storico chi, con poco sagace ironia, tenta di sostenere il contrario. 

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Il nuovo dizionario Treccani prevede anche le forme femminili di nomi e aggettivi, invece del tradizionale "maschile neutro"
In buona sostanza, dopo aver titolato "Treccani? No, 'Treccagne': roba da matti, ecco il dizionario…della Boldrini", Sallusti si lancia in un iperbolico attacco della decisione di Treccani definendola, nel migliore dei casi, "una moda, un’ipocrisia, un inutile politicamente corretto". A chiedersi il motivo di così tanto livore si corre il rischio di imbattersi in risposte ancor più intrise di cultura patriarcale, mista a inutile retorica. Meglio quindi evitare di indagare oltre e chiarire un paio di faccende. La prima riguarda la questione linguistica: Sallusti finge, peraltro abbastanza goffamente, di non sapere che la lingua si adatta ai tempi e alla società e che parole come "notaia" e "architetta", al contrario di "maestra" o "parrucchiera", erano fuori dai radar di dizionari e lingua corrente semplicemente perché "non necessarie" nel quotidiano, essendo quei ruoli appannaggio di lor signori. Cambiando le cose, cambiano anche le parole e lo sfondamento dei tetti di cristallo ha generato una positiva rivoluzione anche linguistica che non possiamo non accogliere con favore, seppure giunta drammaticamente in ritardo. La seconda questione è di carattere storico: ma è mai possibile che in questo Paese ci debba essere sempre qualcuno pronto a rimettere indietro le lancette del tempo? Eppure, lo Stivale per definizione è terra di ingegno, intellighenzia, saper fare e pensare. Evidentemente, nel corso del tempo qualcosa deve essere andato perduto nei vicoli ciechi di qualche medio-evo passato più o meno in cavalleria. Di sicuro, Sallusti e tutti i sallustiani di casa nostra (e non solo) bisogna se ne facciano una ragione del femminile in Treccani, ma pure dell’esistenza delle donne nella società, non solo in versione madri-mogli. Le battaglie al femminile hanno già dato qualche piccolo importante frutto. Basti pensare alla legge Gribaudo attraverso la quale alle donne, a parità di mansione, viene riconosciuta la stessa retribuzione dei colleghi uomini. Certo, di strada ancora ne deve essere fatta parecchia, per una concreta parità. C’è il sistema di welfare a cui si deve mettere mano in maniera radicale e strutturale, c’è il lavoro di cura da condividere, ci sono i tempi delle città da rivedere, c’è la questione figli da affrontare. Al netto di ciò, la marcia è nettamente in avanti ed è abbastanza anti-storico chi, con poco sagace ironia, tenta di sostenere il contrario. 
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