In Italia era Natale, giorno più giorno meno, quando i talebani in
Afghanistan hanno proibito alle
donne di lavorare per le organizzazioni non governative internazionali o nazionali operanti nel Paese. Una nuova stretta, che seguiva di poco il divieto per le ragazze di
frequentare le università pubbliche e private dello Stato. Inoltre oggi, 10 gennaio, il governo talebano ha fissato una scadenza di 10 giorni per
chiudere i saloni di bellezza e dichiarato che sarà vietato alle donne di lavorare nei centri commerciali. Lo riferiscono fonti citata da Al Arabiya. Intanto, a due settimane di distanza dal divieto,
Save the Children, una delle ong che si è vista imporre l'assurda misura, lancia un terribile allarme: i
bambini potrebbero essere costretti a tornare a
lavorare per strada, nelle fabbriche o nelle case della gente perché i servizi che li sostengono sono stati sospesi.
La crisi in l'Afghanistan
L'Afghanistan sta vivendo la peggior crisi economica e sociale mai registrata, di cui fanno le spese soprattutto donne e ragazze (Save the Children)
L'organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i minori e garantire loro un futuro opera nel Paese mediorientale dal 1976, ma come le altre associazioni umanitarie ha dovuto
sospendere le attività a causa del divieto al lavoro per le operatrici afghane. Queste, infatti, costituiscono il
50% della forza lavoro della ong e sono fondamentali per raggiungere donne e ragazze che, per motivi culturali, non possono interagire con operatori umanitari uomini e quindi sono essenziali per rendere sicuri ed efficaci i programmi di Save the Children. Programmi ora più che mai necessari, visto che il divieto arriva in un momento in cui l'Afghanistan sta affrontando la peggiore
crisi economica e alimentare mai registrata, con oltre 28 milioni di bambini e adulti che hanno bisogno urgentemente di assistenza. Tanto che, sempre più spesso, i genitori che cercano disperatamente di sfamare le proprie famiglie sono costretti a mandare i propri figli a lavorare in ambienti molte volte pericolosi.
Le parole di Hasina e Nasreen
I talebani hanno imposto il divieto alle ong di far lavorare le donne locali. Così miolioni di bambini saranno però costretti a tornare a lavorare (Save the Children)
Da una recente indagine emerge che il
29% delle famiglie con
capofamiglia donna nel 2022 aveva almeno un figlio impegnato nel
lavoro minorile, rispetto al 19% del 2021. Hasina (nome di fantasia), una delle operatrici di Save the Children impiegata nella salvaguardia dei minori, ha dichiarato di essere profondamente preoccupata dalle conseguenze del divieto che "per le lavoratrici umanitarie significa che
non possiamo gestire i nostri programmi di assistenza ai bambini - ma in particolare alle ragazze - impiegati nelle forme più pericolose di impiego minorile, come il lavoro nelle fabbriche di mattoni, nei cantieri, nelle case delle persone, nella raccolta rifiuti e nell'accattonaggio per le strade". Tra queste giovani in pericolo c'è
Nasreen (nome di fantasia), 16 anni, che è stata costretta a lasciare la scuola per lavorare. Hasina e il suo team l'hanno trovata e l'hanno iscritta al programma di formazione professionale di Save the Children: ''Avevamo molti problemi finanziari e io
lavoravo nelle case di altre persone pulendo, lavando i piatti, badando ai bambini e cucinando. Ma non era abbastanza, quindi ho dovuto iniziare anche a
chiedere l'elemosina. Ero così sconvolta, infelice e stanca della mia vita", ha raccontato l'adolescente. "Lo staff di
Save the Children è andato di casa in casa per identificare i ragazzi e le ragazze vulnerabili. Qualcuno ha raccontato loro di me, che lavoravo in casa di alcune persone. Mi hanno fatto delle domande e, per due mesi, ho seguito
corsi di alfabetizzazione e poi abbiamo iniziato la formazione professionale. Sto imparando a ricamare, cucire vestiti e disegnare abiti. È una buona opportunità per me e mi sento così felice", ha concluso Nasreen, prima che i programmi venissero sospesi. Ora è di nuovo a casa e teme di essere costretta a tornare al lavoro.
L'impegno di Save the Children
Save The Children chiede l'immediata revoca del divieto e garanzie per le operatrici locali (Save the Children)
L'organizzazione, insieme ad altre ong internazionali, sta chiedendo costantemente
l'immediata revoca del divieto e garanzie, da parte delle autorità
de facto competenti, che il suo personale femminile sarà in grado di lavorare in sicurezza e senza impedimenti. Save the Children ha sospeso temporaneamente le operazioni al momento del ritorno al potere dei talebani nell'agosto del 2021, per poi riprenderle nuovamente il mese successivo. Da allora, l'organizzazione ha fornito un
supporto salvavita a quasi 4 milioni di persone, tra cui
2 milioni di bambini. I servizi di protezione dell'infanzia di Save the Children includono supporto alla salute mentale e psicosociale per i bambini ma anche sovvenzioni in denaro alle famiglie per aiutarle a evitare di ricorrere a misure disperate per sopravvivere. Il progetto dell'Organizzazione sul lavoro minorile aiuta i bambini a tornare a scuola o, se ciò non è possibile, fornisce loro formazione professionale e una piccola borsa di studio per aiutarli a creare un reddito sicuro e sostenibile. Ora però tutte queste attività sono sospese a causa del divieto: ma il futuro non attende e migliaia di giovani rischiano di rimanere ancorati alle maglie di un passato di povertà e sfruttamento.