Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Lo sport è a ostacoli per le donne: il 33% della popolazione mondiale femminile è inattiva

Anche solo andare in palestra per una madre o una moglie è una concessione. L'esperto: "Servono incentivi economici e motivazionali"

di ELSA TOPPI -
20 ottobre 2022
Le donne praticano meno sport rispetto agli uomini

Le donne praticano meno sport rispetto agli uomini

Lo sport è a ostacoli per le donne. Il gender gap, infatti, persiste in un mondo che dovrebbe essere inclusivo di per sé. L’Oms ha stimato che il 28% della popolazione mondiale è fisicamente inattivo e il dato, già di per sé inquietante, è più alto per le donne (33%) che per gli uomini (23%). Ancora peggio se guardiamo all’ultimo Rapporto dell’Eurobarometro presentato al Forum Europeo dello sport nel 2021 a Sofia, secondo il quale il 46% della popolazione in Europa non pratica uno sport e non fa esercizio fisico. Numeri allarmanti che si aggravano se, ancora una volta, si pone la lente d’ingrandimento sulle donne. E proprio per combattere questo fenomeno è partito il progetto europeo "Women’s Hurdles" (Gli ostacoli delle donne) co-finanziato dal programma Erasmus+ Sport e realizzato dall’Unità Prevenzione e Protezione del Cnr, in partenariato con altri Istituti europei. L’obiettivo è quello di sviluppare, implementare e trasferire pratiche innovative a una popolazione solitamente difficile da raggiungere: le donne, e in particolare quelle con famiglia e carichi di lavoro.
Il 46% della popolazione in Europa non pratica uno sport e non fa esercizio fisico

Il 46% della popolazione in Europa non pratica uno sport e non fa esercizio fisico

L’indagine

In un arco temporale di due anni (2020-2022), è stata realizzata un’indagine per identificare quali sono gli ostacoli all'attività fisica e immaginare possibili soluzioni. “Le donne fanno meno sport perché hanno meno tempo – spiega Roberto Volpe, medico e ricercatore del Cnr -. Oltre al lavoro, hanno su di loro tutto il carico della famiglia: marito, figli e a volte anche i genitori. Gli uomini non sempre sono collaborativi in casa. Ovviamente questo influisce sulla perdita di motivazione”.
Roberto Volpe, medico e ricercatore del Cnr

Roberto Volpe, medico e ricercatore del Cnr

Le regole virtuose

Sono state individuate dai ricercatori alcune idee che possono tracciare la strada per un cambio di rotta: dal maggior coinvolgimento delle donne nella piramide decisionale alla possibilità offerta dalle palestre. “Dobbiamo partire dal fatto che ci sono ottime ragioni per fare sport: mediche, sociali ma anche economiche – dice Volpe -. Per esempio si sa che la prevalenza dei fattori di rischio cardiovascolare e dei tumori come quello al seno e del colon è meno prevalente in donne che fanno attività fisica e questo ha inevitabilmente delle ricadute positive sui costi del Servizio sanitario nazionale”.
Una scena tratta dal film "Il diario di Bridget Jones"

Una scena tratta dal film "Il diario di Bridget Jones"

La comunicazione e i modelli di riferimento giocano un ruolo determinante nel far sì che una donna inizi a praticare sport ma soprattutto che continui a farlo durante tutto l’arco della vita. “I maschietti devono cambiare mentalità e cercare di fare un salto qualitativo. La famiglia si gestisce insieme e non spetta solo alla donna – continua il ricercatore del Cnr -. I partner devono incoraggiare le compagne a fare attività fisica e dar loro maggiore supporto”. L’aiuto deve venire tra le mura domestiche, ma non solo. Ancora una volta un ruolo importante è giocato dalla scuola e dagli operatori del settore. “Gli insegnanti di scienze motorie devono coinvolgere le ragazze. E’ stato provato, infatti, che più le adolescenti fanno attività fisica e più mantengono questa buona abitudine nel tempo – spiega Volpe -. Anche trainers e proprietari delle palestre possono fare la loro parte. Essi hanno un ruolo sociale oltre che imprenditoriale. Esistono già strutture virtuose che offrono alle mamme spazi dove poter fare attività fisica mentre aspettano i loro figli, concedendo degli sconti. Oppure, al contrario, alle donne che fanno attività fisica mettere a disposizione un servizio di babysitteraggio o un locale dove i bambini possano fare i compiti”.
E’ stato provato che più le adolescenti fanno attività fisica e più mantengono questa buona abitudine nel tempo

E’ stato provato che più le adolescenti fanno attività fisica e più mantengono questa buona abitudine nel tempo

Ma anche proporre orari e programmi di allenamento ad hoc, che tengano conto delle esigenze di tutti, non solo di una fetta di persone, può fare la differenza ed essere un booster motivazionale. “Gli istruttori potrebbero pensare tipologie di allenamento in base alle età, affinché nelle signore non sopraggiunga un senso di inadeguatezza nei confronti delle più giovani – continua Volpe -. Tutto può influire nella motivazione. Dagli attori della comunicazione a quelli della politica, ognuno può fare qualcosa. Questi ultimi, in particolare, potrebbero fornire sussidi a quelle palestre che si impegnano a incentivare l’attività per le donne. Oppure dare la possibilità ai cittadini, oltre al bonus, di scaricare le spese dedicate all’attività fisica. Poi, neanche a dirlo, ovvio che se le donne avessero accesso ai livelli più alti della piramide decisionale del comparto potrebbero imprimere una svolta significativa” conclude Volpe del Cnr. Istituzioni, mondo del lavoro, sport e società possono realmente offrire un contributo concreto. L’ultimo atto di questo studio si è svolto nei giorni scorsi a Roma con l’evento "Women’s Hurdles – Train the Trainer". Un corso di formazione a 360 gradi dedicato ad esperti e tecnici del settore che poi avranno il compito di replicare a cascata quanto appreso e di metterlo in pratica nei vari paesi dell’Unione.