Mahsa Amini, quella vita racchiusa anche nel nome: in curdo si chiamava Jîna

La 22enne uccisa per aver "indossato male" il velo conosciuta in tutto il mondo con il nome adattato in iracheno. Il suo popolo è tra i protagonisti delle proteste che dalla sua morte infiammano l'Iran

di LUDOVICA CRISCITIELLO
28 ottobre 2022
mahsa amini

mahsa amini

Il volto sorridente di Mahsa Amini è impresso nella mente di tutti. Quel viso avvolto da un velo, l’hijab, che lascia intravedere alcune ciocche dei suoi bellissimi capelli scuri. E che le è costato la vita, quel maledetto 16 settembre, a 22 anni, perché "indossato male", ovvero non secondo i rigidi dettami della legge sull’obbligo del velo imposto dal 1981 sia alle donne iraniane che alle straniere. Quel che non tutti sanno è che la giovane, conosciuta purtroppo e improvvisamente in tutto il mondo come Mahsa in realtà si chiama Jîna, nome curdo che significa "vita". Era infatti di etnia curda e la sua morte è diventata il simbolo delle proteste dei curdi iraniani e non solo. Proteste che hanno avuto seguito in tutto il mondo e che hanno subito una dura repressione da parte del regime iraniano che ha provocato almeno 154 morti. Le donne per solidarietà hanno tagliato una ciocca dei loro capelli. Dopo la sua morte i manifestanti hanno cantato lo slogan curdo "Jin, Jiyan, Azadî" - "donna, vita, libertà".

Com’è morta Mahsa/Jîna?

La giovane si trovava a Teheran insieme ai suoi genitori per fare acquisti quando la polizia morale, un'unità responsabile dell'applicazione del codice per le donne al servizio dell’ayatollah Khomeini, l’ha fermata e arrestata perché Mahsa indossava l’hijab in modo sbagliato, forse allentato. Ciò vuol dire che lasciava intravedere i capelli. Di qui l’atto di tagliare le ciocche dei capelli adottato da moltissime donne in segno di protesta. Dopo essere stata arrestata, di Mahsa si sono perse le tracce, finché è stata riconsegnata alla famiglia in condizioni disperate. Presentava ferite causate da percosse, segno del fatto che la polizia l’aveva picchiata fino a farla finire in coma. Dopo tre giorni la ragazza è morta. La polizia ha parlato di "uno sfortunato incidente", aggiungendo che la ragazza fosse morta di infarto, in seguito alle denunce dei genitori. Ma questa volta non sono riusciti a soffocare tutto nel silenzio. Da quel giorno, e per la prima volta, in Iran hanno preso il via una serie di proteste, portate avanti nell’ultimo periodo soprattutto dalla parte curda, contro le violenze nei confronti delle donne che vede dalla stessa parte giovani di entrambi i generi, studenti, lavoratori contro la repressione troppo dura del regime. Proprio durante queste proteste hanno perso la vita purtroppo altre giovani, Nika Shakarami di 17 anni, Asra Panahi, di 16 anni, anche lei morta in seguito a un pestaggio. Per non parlare dell’atleta Elnaz Rekapi, colpevole di aver gareggiato nell’arrampicata senza velo e sparita da alcuni giorni al suo rientro in Iran. Nel frattempo, nella prigione di Teheran,  continua a essere detenuta l’italiana Alessia Piperno arrestata per sbaglio durante le proteste.

Una donna durante la dimostrazione tenutasi per commemorare Mahsa Amini, nel 40esimo giorno dalla morte della 22enne, in una foto tratta dal profilo Twitter Shmuel, 26 ottobre 2022

La vera origine di Mahsa

Mahsa è in realtà di origine curda. I curdi rappresentano il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente dopo arabi, persiani e turchi. L’Iran è secondo solo alla Turchia per quanto riguarda la presenza numerica di questo popolo, laddove nel Paese di Erdogan si aggirano tra i 12 e 14 milioni. La provincia del Kurdistan iraniano copre poco meno di 30 mila chilometri quadrati e al suo interno ha circa 1,6 milioni di abitanti, distribuiti in dieci contee. Quattro province si trovano nel Nord-Ovest, al confine con Iraq e Turchia, mentre i curdi del Khorasan risiedono nelle due province del Nord-Est al confine con il Turkmenistan e l’Afghanistan. È un’etnia da secoli perseguitata tanto in Turchia quanto in Iran. Tanto è vero che in Iran, oltre alla discriminazione, è vietato l’utilizzo del nome proprio in curdo. Le persone devono chiamarsi con i nomi di Stato. Quindi quella che noi conosciamo come Mahsa è in realtà Jîna figlia del Kurdistan dell’Iran.

"Siamo tutti Mahsa, hai lottato e lotteremo anche noi"

Questo è solo uno dei tanti slogan sbandierati in questi giorni. Proprio nella giornata del 26 ottobre migliaia di persone si sono messe in marcia per raggiungere il cimitero dove è sepolta Mahsa, ad Aichin di Saqqez, nella provincia del Kurdistan iraniano, paese di provenienza della giovane per celebrare la fine del lutto come da tradizione. Sicuramente la polizia religiosa che ha arrestato Mahsa sapeva che la giovane fosse curda e in tanti sono convinti che, dietro all’omicidio, ci siano in realtà anche motivazioni legate all’etnia. Fatto sta che ormai i curdi hanno fatto loro la causa di Mahsa/Jîna, irritando non poco i pasdaran che hanno colto il pretesto per colpire i curdi in Iraq accusandoli di supportare con le armi i curdi iraniani. Vedremo come si evolverà la situazione e se questo rappresenterà un primo passo per imprimere un cambio di rotta alla politica di intolleranza iraniana.