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Legge sul fine vita al palo. Mario ha vinto la battaglia, Fabio ha rinunciato. I destini diversi

di ETTORE MARIA COLOMBO -
7 giugno 2022
legge fine vita

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Tre casi diversi: dj Fabo, Mario, Fabio Ridolfi

Tre casi simili tra loro e tre esiti molto diversi, accomunati, oltre che da una lotta impari ed eroica per garantirsi il diritto a morire, davanti all’inerzia e al silenzio dello Stato, che non riesce a produrre, da decenni, e nonostante il parere della Consulta, una legge decente sul fine vita. Il primo, tristemente famoso, è quello di dj Fabo, il secondo del tetraplegico marchigiano Mario, ora la storia si ripete e i ritardi pure, con il caso di Fabio Ridolfi, sempre marchigiano che ha scelto di esporsi al mondo con nome e cognome. Un uomo vuole morire perché la sua sofferenza è diventata insopportabile. Lo Stato non risponde alla sua supplica e il finale della sua vita diventa uno strazio per lui e per chi gli sta accanto. Perché lui è costretto a ricorrere alla sedazione profonda. Siamo ancora una volta nelle Marche, dove invece un altro paziente — dopo una lotta infinita e sfinente — aveva ottenuto il diritto di morire con il suicidio assistito: il primo caso nel nostro Paese. Quell’uomo si chiamava Mario e ancora oggi guarda il mondo che si muove mentre lui è immobile inchiodato in un letto e non è ancora pronto ad andarsene. Però ora può farlo, con l’aiuto dello Stato, quando vuole. Perché è stato tenace, ha resistito e vinto la sua battaglia. È stato infatti finalmente deciso quale sarà il farmaco da somministrare a Mario, che, da oltre 15 mesi, sta tentando di far valere il proprio diritto di poter accedere al suicidio medicalmente assistito in Italia (legale alla presenza di 4 condizioni indicate dalla Corte Costituzionale nella cosiddetta sentenza “Cappato\Dj Fabo”).
mario suicidio assistito

Mario ha vinto la sua battaglia per il suicidio assistito (Associazione Coscioni)

Mario (nome di fantasia) e una ‘lieta’ conclusione

Dopo diffide e denunce di Mario, presentate dai legali dell’associazione Luca Coscioni, il farmaco corretto, per l’Asur Marche, è il Tiopentone sodico, idoneo a garantire una morte rapida e indolore tramite autosomministrazione. “Mario”, dal 9 febbraio 2022, è libero di scegliere quando porre fine alla propria sofferenza, in Italia, con accanto i suoi cari, senza che l’aiuto fornito configuri reato ai sensi dell’art. 580 codice penale per effetto della sentenza 242/19 della Corte Costituzionale. “E’ una svolta storica” dichiarano Filomena Gallo, co-difensore di Mario e segretario nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni: “Sul cosiddetto 'aiuto al suicidio', da oggi in Italia abbiamo non solo delle regole precise, stabilite dalla Corte costituzionale nella Sentenza Cappato, ma anche delle procedure e delle pratiche mediche definite che includono modalità di autosomministrazione del farmaco da parte del paziente” concludono.

Il caso di Fabio Ridolfi che invece si è arreso

Fabio Ridolfi chiedeva il suicidio assistito allo Stato Italiano, ma dopo i continui ritardi ha scelto la sedazione profonda. Il 46enne è immobilizzato da quando ne ha 18 perché tetraplegico (Associazione Coscioni)

Fabio Ridolfi (46enne di Fermignano, Pesaro, da 18 anni è immobilizzato a causa di una tetraparesi da rottura dell’arteria basilare: può muovere solo gli occhi e comunica con un puntatore oculare), invece, si è arreso. Nel senso che non ha più le forze di aspettare tutti i passaggi legali che lo autorizzano al suicidio assistito. E allora ha scelto di salutare il mondo facendosi addormentare, anche se era un’opzione che non avrebbe mai voluto. “Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene”, ha fatto sapere lui stesso in un video scrivendo sullo schermo del computer le lettere una ad una con il puntatore oculare. Quanto durerà la sua sedazione? Ogni minuto in quelle condizioni è un minuto di un tempo sospeso e orribile. Fabio, immobilizzato a letto da 18 anni a causa di una tetraparesi, aveva chiesto a chi di dovere di avere le autorizzazioni per il suicidio assistito. Si era riunito il comitato etico e aveva deciso che ha i requisiti per poter essere aiutato a morire. Ma il servizio sanitario regionale delle Marche ha dimenticato di comunicare quel parere, è la ricostruzione dell’Associazione Luca Coscioni che segue il caso di Fabio. L’avvocata e segretaria nazionale Filomena Gallo e il tesoriere Marco Cappato denunciano che “il parere che affermava la presenza dei requisiti per accedere legalmente al suicidio assistito è stato tenuto nel cassetto per 40 giorni”. Inoltre (com’era già successo per Mario), quel parere è arrivato incompleto: mancante dell’indicazione del farmaco e delle modalità di somministrazione. Fabio avrebbe potuto continuare a colpi di azioni penali, come aveva fatto e fa ancora oggi Mario. Avrebbe potuto costringere i suoi interlocutori a scegliere farmaco e modalità mancanti, ma la sua sofferenza è arrivata al limite. Ha scelto la sedazione. Prima o poi il suo cuore si fermerà. Certo è che Mario e Antonio (tetraplegico da 8 anni, anche lui residente nelle Marche, che da 17 mesi attendeva una risposta alla sua richiesta di 'staccare la spina') e Fabio hanno dovuto ingaggiare delle dure battaglie legali, a suon di diffide, per ottenere la verifica da parte dell’Asur delle condizioni per accedere al suicidio medicalmente assistito, previste dalla sentenza della Consulta. Nel caso di Mario, alla fine, è arrivato il parere positivo del Comitato Etico Regione Marche e sono state superate anche alcune difficoltà interpretative legate al tipo di sostanza da utilizzare, alla quantità e alle modalità di somministrazione. Antonio invece è rimasto in attesa. E così Fabio. Ma sulla scorta di queste esperienze, l’Asur questa volta non ha atteso l’ordine dei giudici e si è attivata per le verifiche. Poi, il 46enne, sconfortato dai tempi troppo lunghi, ha deciso per la sedazione. Il suo cuore cesserà di battere e, in silenzio, se ne andrà.

La sentenza Cappato della Consulta (2019)

Una manifestazione di protesta per il fine vita dell'Associazione Luca Coscioni

L’associazione Luca Coscioni, ogni volta, ingaggia una battaglia con lo Stato sul diritto medicalmente assistito. Il problema è che manca una legge che ne definisca i confini e le regole. Eppure, la cosiddetta sentenza Cappato, riguardante l’incidente di costituzionalità sollevato sull’articolo 580 del codice penale nel processo a Marco Cappato per l’aiuto al suicidio fornito a Fabiano Antonini, a tutti noto come Dj Fabo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale per la parte relativa all’aiuto al suicidio laddove non esclude la punibilità nei casi in cui è fornito a una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. Il problema è la legge che il Parlamento dovrebbe varare per dare piena attuazione alla sentenza della Consulta.

La legge sul suicidio assistito ferma in Senato

Associazione Coscioni fine vita legge

Filomena Gallo, Mina Welby e Marco Cappato alla Camera

Approvata alla Camera nel marzo scorso, dopo anni di infinite discussioni nella commissione Giustizia e una, a dir la verità, rapida approvazione da parte dell’Aula (253 voti favorevoli, 117 voti contrari e un astenuto) la legge sul suicidio assistito sollecitata dalla Corte costituzionale dopo la sentenza sul caso Cappato-Dj Fabo è nelle acque agitate di Palazzo Madama. L'esame è stato affidato a due commissioni congiunte, la commissione Sanità guidata dalla renziana Annamaria Parente e la Giustizia, il cui presidente è il leghista Andrea Ostellari. Un rallentamento dopo l'altro, a cominciare dalla scelta dei relatori. La Lega ha voluto e indicato il senatore Simone Pillon, cattolico integralista che ribadisce: "Io voglio approfondire il testo e ritengo che nessuno debba restare senza cure fino all'ultimo". Le destre, e i centristi come Paola Binetti, denunciano le "derive eutanasiche" e agitano lo spauracchio dell'istigazione al suicidio.

Il cattolico integralista Pillon tra i relatori

La Lega l'ha spuntata, su Pillon relatore, dopo due riunioni di maggioranza, nelle quali sembrava che già al primo varco la legge fosse destinata a arenarsi tra i veti incrociati. Pillon, ultra cattolico, già promotore della campagna contro il ddl Zan e della campagna contro l'utero in affitto, per punire le coppie che vi fanno ricorso all'estero, dal momento che in Italia è una pratica vietata, è soddisfatto. Ha detto più volte che la formulazione della legge sul suicidio assistito così com'è, è pericolosa, potrebbe condurre a pratiche eutanasiche, e quindi va cambiata. Ma ora abbassa i toni e dichiara: "Potremmo fare un buon lavoro, se fossero confermati i nomi dei relatori ipotizzati. Le colleghe sono preparate, insieme verificheremo come si può migliorare". Alle barricate contro Pillon infatti, i giallo-rossi hanno rinunciato solo dopo avere raggiunto un accordo su ben quattro relatori, due per ciascuna delle commissioni interessate all'esame, ovvero la commissione Giustizia e quella Sanità. E quindi nella quadriga dei relatori, oltre al leghista Pillon, ci sono la grillina Alessandra Maiorino, la dem Caterina Biti e la forzista Mariella Rizzotti. Spetta ai presidenti delle commissioni indicare i relatori, che sono nella prima linea dell'esame di un provvedimento. Annamaria Parente, renziana, alla guida della commissione Sanità, ha scelto Biti e Rizzotti, che è anche medico. Andrea Ostellari, leghista, presidente della Giustizia, ha puntato su Pillon e ha acconsentito alla nomina di Maiorino. La sfida adesso è non rallentare l'iter della legge sul suicidio assistito, che la Camera ha approvato il 10 marzo scorso. Parente mira ad accelerare: "Va garantito un iter ordinato e senza forzature da nessuna parte: i quattro relatori possono assicurare sensibilità diverse con l'unico obiettivo si condurre in porto la legge".

L'Assemblea della Camera ha approvato la proposta di legge sul suicidio assistito lo scorso 10 marzo e ora la palla passa alle Commissioni Sanità e Giustizia del Senato

Una strada tutta in salita per l’approvazione

Ma la strada per il fine vita è tutta in salita. Al Senato i numeri dei giallo-rossi sono più risicati che a Montecitorio. Inoltre, Forza Italia è contraria, sia pure tra molti mal di pancia. In otto articoli, la legge sul suicidio assistito riprende le indicazioni della Consulta dopo la sentenza del 2019 sul caso Cappato, processato e poi assolto per avere aiutato nel suicidio medicalmente assistito Dj Fabo. Sono stati previsti molti paletti, tra cui il passaggio attraverso le cure palliative e il requisito di potere accedere al suicidio assistito solo se attaccati a macchine di sostegno vitale. Per i radicali e l'associazione Coscioni il vero vulnus è che la legge provochi discriminazioni tra malati terminali e chiedono perciò di allargarne le maglie. Per le destre, ma anche per i centristi come Paola Binetti, medico, cattolica, "è una pratica eutanasica". Da cambiare radicalmente. Difficilmente la legge sul fine vita vedrà la luce entro la fine di questa legislatura (marzo 2023).