La crisi climatica può provocare l'eco-ansia. I giovani sono i più colpiti

Malessere, dolore e infelicità: le paure dei Millennials legate alle condizioni del Pianeta. Riscoprire il contatto con la natura per stare meglio

di GERALDINA FIECHTER
7 agosto 2022
I cambiamenti climatici possono provocare l'eco-ansia (Instagram)

I cambiamenti climatici possono provocare l'eco-ansia (Instagram)

Si chiama eco-ansia la nuova sindrome che sta colpendo i giovani. Sopraffatti dagli evidenti cambiamenti climatici e dai disastri ambientali di cui siamo ormai tutti testimoni, i ragazzi del nuovo millennio hanno paura del futuro. Non una paura generica, ma uno stato d’animo che li fa sentire in una sorta di conto alla rovescia verso la fine del pianeta e che può portare malessere, dolore, infelicità, astenia. Una vera e propria patologia emotiva, dunque, ben presente agli psichiatri che se ne occupano ormai da tempo. Secondo una ricerca globale condotta da 10 grandi atenei del mondo, si dichiarano “molto preoccupati” 6 Millennials su 10, al punto che il 40 per cento dice di non aver alcuna intenzione di mettere al mondo un figlio per lasciarlo in un pianeta ridotto così male. E il 60% si sente “tradito dalle istituzioni” che “non fanno abbastanza” per invertire la rotta prima del punto di non ritorno. La reazione non è uguale per tutti: c’è chi si rifugia nella propria confort zone (e non a caso aumenta a vista d’occhio il fenomeno dei “ritirati” in casa), chi si informa compulsivamente on line sui disastri ambientali presenti e previsti, chi invece trasforma l’ansia e la rabbia in qualche forma di attivismo sociale o politico (vedi i movimenti Friday For Future). Anche l’aumento vertiginoso di vegetariani fra i ragazzi - quasi sempre motivato come scelta etica - è una forma di attivismo, sebbene più intima e individuale. “Ho smesso di mangiare carne perché i bovini producono il potente gas serra metano”, dice Giovanni, un ragazzo intervistato di 20 anni, molto impegnato sul fronte climatico. Lui utilizza sempre più spesso i mezzi pubblici, partecipa a manifestazioni sul clima e agli scioperi scolastici, e sta pensando di adottare un bambino piuttosto che averne uno suo.
 
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  Matteo Innocenti, psichiatra, autore di “Ecoansia. I cambiamenti climatici tra attivismo e paura” (Erickson, 2022), sostiene che "l'eco-ansia rappresenta l'ansia da cambiamento climatico e si manifesta con gli stessi sintomi dell’ansia tout cour, come la compromissione cognitiva, cioè non riuscire a pensare bene alle cose”. Ma rispetto ad altre forme d'ansia, come l'agorafobia o la claustrofobia, dove la paura è irrazionale, qui gli argomenti sono più che razionali. E non consolano le tipiche cose dette dai genitori ai figli come “ogni generazione ha affrontato le proprie sfide”. E’ vero, guerre e tempi duri si sono succeduti regolarmente nel corso della storia, e i nonni dei millennials lo testimoniano direttamente. Ma replica Dimitri, un altro Millennials intervistato: "Durante la guerra e anche dopo per la guerra fredda dove c’era il terrore della bomba nucleare, le persone dovevano agire per peggiorare le cose, qualcuno doveva ad esempio lanciare un attacco. Oggi invece il problema è la nostra inerzia”. I colloqui fra genitori (o insegnanti) e figli si conclude in genere con la frase: “Hai ragione - dicono gli adulti - la nostra generazione ha fatto un casino e ora tocca alla vostra rimediare'". Lasciandoli ancora una volta soli nella loro paura e per di più investiti dal senso di colpa depressivo dei più grandi.
La cover del libro "Ecoansia I cambiamenti climatici tra attivismo e paura"

La cover del libro "Ecoansia I cambiamenti climatici tra attivismo e paura"

Lo psichiatra Innocenti si spinge a dare anche dei suggerimenti per aiutare i più giovani. La cura, semplificando, prevede di lavorare sulle emozioni “tornando a guardare alla componente più ancestrale della nostra esistenza”. Gli aspetti emotivi della nostra vita “sono intrisi di natura - spiega - e se scegliamo la via delle emozioni, cambiamo l'assetto di molte nostre scelte innescando un bisogno di contatto con l’ambiente naturale”. Ai ragazzi, poi, consiglia di affrontare l’ansia e placare forme di paura e panico immergendosi nella natura (anche per le attività sportive) e passeggiando da soli nei boschi. Il contatto con la natura ci espone fra l’altro ai fitoncidi, sostanze emesse da alcune piante che hanno sul nostro organismo un effetto benefico anche dal punto di vista psicologico. “Se però l'ansia è eccessiva - avverte - meglio non essere soli”. La solitudine può, infatti, portare a rimuginare e a ingigantire le paure. Efficace anche la pet therapy: il contatto con gli animali può aiutare a ristabilire un rapporto positivo con la natura. E ancora: “Fare rete, parlare con qualcuno che prova le stesse sensazioni per condividere impegni e sforzi, impegnarsi in attività che permettano di sentirci utili rispettando l’ambiente, informarsi attraverso serie tv e documentari ma in modo consapevole: non serve guardare per impressionarci, anzi, può essere dannoso.  “Sarebbe bene non usare toni da terrorismo con i ragazzi - avverte lo psichiatra - che creano solo rabbia. Bisogna accompagnarli a una conoscenza più completa, realistica, e a una consapevolezza matura”.
 
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  Un esempio di attivismo maturo (e della nuova sensibilità che si sta affacciando all’orizzonte) è la lettera che una giovane donna ha scritto al sindaco di Firenze dopo le ordinanze anti spreco-acqua. Non basta far vedere i muscoli seguendo l’emergenza del momento, sembrano dire i ragazzi, ma vogliamo prove tangibili del fatto che le istituzioni sono consapevoli dei rischi a cui ci espongono nel futuro lanciando segnali nuovi, piani e progetti di radicale inversione della rotta, una narrazione coraggiosa che educhi le coscienze dei cittadini. E mettere sullo stesso piano il lavaggio delle auto e l’annaffiatura di un orto, che contribuisce alla nostra sopravvivenza - dice in sintesi la ragazza - non va certo in questa direzione.