Quante condizioni consideriamo "normali" nella nostra vita qutotidiana? La suddivisione dei compiti in famiglia o il corpo maschile assunto come standard in medicina o ancora lo stigma della colpa per chi ha vissuto l’esperienza del carcere. In un'occasione come quella dell'8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della Donna, è facile pensare anche ad altri stereotipi sociali assunti come modelli: le donne vengono 'validate' dall'essere madri, sono loro le 'regine della casa' e più portate a prendersi cura di, mentre non sono invece adatte ad alcuni lavori o settori (le discipline Stem, ad esempio). Ma tutte queste convinzioni, ben radicate nel nostro pensiero comune, sono il frutto di un'evoluzione storica. Alla base di We matter (Il Margine), il libro dell'attivista e politologa Emilia Roig c'è la volontà di sradicare la convinzione che la vita (in tutte le sue forme) sia classificabile secondo una piramide di valore che consideriamo normale. La fondatrice del Center for Intersectional Justice (CIJ) di Berlino parte dalle esperienze personali per compiere una vera e propria indagine sull'inclusività, e adotta un approccio intersezionale, perché le forme di discriminazione si rafforzano a vicenda e solo rendendo visibili le disuguaglianze nelle disuguaglianze sarà possibile garantire l’empowerment delle minoranze. In altre parole, non lasciando indietro nessun*.
Qual è stato lo spunto per questo libro? "Sono sempre stata molto sensibile alle ingiustizie. Fin da piccola ho notato tutti i modi in cui le persone vengono trattate in modo diverso nella nostra società e volevo capire perché alcuni di noi hanno molto e altri quasi niente. Non potevo accettare questa realtà delle cose. Il mio percorso di vita mi ha portato a comprendere tutti i vari aspetti dell'ingiustizia sociale e a mettere questa conoscenza a disposizione del maggior numero possibile di persone. Per risolvere un problema, dobbiamo prima capirlo. Ciò che mi ha ispirato nello scrivere il libro è la mia fiducia e speranza in un futuro migliore, nel fatto che la stragrande maggioranza dell'umanità vorrebbe un mondo libero dall'oppressione". Ha mai subito discriminazioni? "Sì, come la maggior parte della popolazione mondiale. Nel libro parlo delle mie esperienze personali, ma ogni vicenda individuale è parte di un sistema più grande. La discriminazione non è mai solo individuale, ma sempre collettiva. Quando una donna sperimenta il sessismo, non si tratta mai solo di lei, ma del sistema che permette la discriminazione". Che significa? "Che è importante non concentrarsi solo sulle persone che subiscono discriminazioni ma spostare l'attenzione sul sistema, sulle strutture sociali che discriminano. Quando mi viene chiesto: 'Hai mai subito discriminazioni?', mi piace rispondere: 'E tu, hai mai fatto discriminazioni?'. Raramente le persone discriminano gli altri in modo consapevole e malevolo, perciò è importante diventare consapevoli di tutti i modi in cui potremmo discriminare gli altri senza rendercene conto".
Nel libro parla della discriminazione attraverso una prospettiva intersezionale: come definirebbe l'intersezionalità? "L'intersezionalità è una teoria, uno strumento analitico e un progetto politico che ci aiuta a comprendere le forme di oppressione nella loro complessità. Concretamente, significa che i diversi tipi di discriminazione si rafforzano sempre a vicenda e che non possono essere affrontati in modo separato. Mi piace paragonare l'oppressione a un mostro a tre teste, che sono il patriarcato, l'oppressione capitalista e il razzismo; se vogliamo uccidere il mostro, dobbiamo eliminarle tutte e tre. Il concetto di intersezionalità descrive i modi in cui i sistemi di disuguaglianza basati su genere, razza, etnia, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, classe e altre forme di discriminazione si 'intersecano' per creare dinamiche ed effetti unici". In che modo le discriminazioni si rafforzano a vicenda? "Tutte le forme di disuguaglianza si rafforzano a vicenda e devono quindi essere analizzate e affrontate contemporaneamente per evitare che accada ancora. Ad esempio, affrontare il divario retributivo tra i sessi da solo - senza includere altre dimensioni come la razza, lo status socio-economico e quello occupazionale - probabilmente rafforzerà le disuguaglianze tra le donne. L'intersezionalità porta la nostra comprensione dell'ingiustizia sistemica e della disparità sociale a un livello superiore, cercando di districare i fili che creano la complessa rete delle disuguaglianze. È anche uno strumento pratico". Può farci qualche esempio? "Ad esempio, quando una donna musulmana che indossa l'hijab viene discriminata, sarebbe impossibile separare la sua identità femminile da quella musulmana, o isolare le condizioni che causano la sua discriminazione. Se si affronta solo il sessismo si tralascia il razzismo, ed entrambi i tipi di oppressione sono fondamentali nella sua discriminazione. Semplicemente perché un uomo musulmano nella stessa situazione non sarebbe discriminato, e nemmeno una donna senza hijab lo sarebbe. Ciò significa che è proprio la sua identità di donna e di musulmana praticante la causa della sua discriminazione".
Ci sono condizioni stereotipate considerate "normali", secondo il credere comune, che ci portiamo dietro da secoli. Come superarle? "Dobbiamo decostruire tutti gli stereotipi perché legittimano e normalizzano l'ingiustizia. Ad esempio, dire che le donne non sono 'razionali' come gli uomini è uno stereotipo che legittima la loro esclusione dalla maggior parte delle sfere di potere. Oppure dire che i neri sono per natura più 'delinquenti' giustifica la violenza della polizia e il profiling razziale nei loro confronti. Questi stereotipi hanno un retroterra storico ed è assolutamente fondamentale capire da dove provengono e, soprattutto, che sono lontani dalla realtà. Nel mio libro faccio esattamente questo". Il titolo (We Matter/Noi Valiamo) allude al valore di ogni persona e, al contempo, all'importanza di agire collettivamente per abbattere le discriminazioni. Come si conciliano collettività a individualità? "Il 'Noi' del titolo è dedicato a tutti coloro che sono stati storicamente denigrati dalla società. È un noi inclusivo, poiché la stragrande maggioranza della popolazione mondiale ha subito una qualche forma di discriminazione. Ogni persona che non sia maschio, cis, eterosessuale, bianco, cristiano e non disabile, fa parte di un insieme che è stato definito inferiore e subumano. Il 'Noi' di questo titolo intende ripristinare la nostra umanità, senza gerarchie o classificazioni".