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Autismo, i talenti di Luca: "Mio figlio, appassionato di cinema, porta l'Asperger sul palco"

Michele Cimmino racconta il suo ragazzo speciale: "Aveva comportamenti aggressivi, quando frequenta la scuola di teatro e il coro è cambiato. Ora è tempo che trovi un lavoro"

di LUDOVICA CRISCITIELLO -
21 novembre 2022
Luca con Michele Cimmino

Luca con Michele Cimmino

C’è una cosa che sa fare Luca ed è recitare a memoria le battute di film come Non ci resta che piangere oppure Tre uomini e una gamba. Per filo e per segno. Parola per parola. E le recita senza fare neanche una pausa, interpretandole. Insomma un po’ come avere davanti Massimo Troisi o Aldo, Giovanni e Giacomo. Un talento speciale il suo perché Luca è un ragazzo speciale. Con una marcia in più dettata dalla sindrome di Asperger (che oggi in realtà rientra in quelli che sono denominati “disturbi dello spettro autistico”), che lo rende diverso sì ma in un modo bello. “Non ci piace usare il termine autismo – racconta il padre di Luca, Michele Cimmino – perché Luca in fondo è un ragazzo speciale”. Un ragazzo che attraverso il teatro e gli stimoli giusti ha fatto e può fare tante cose tra cui anche coltivare il suo talento.

Cos’è la sindrome di Asperger?

La sindrome di Asperger prende il nome dal medico austriaco Hans Asperger che per primo la diagnosticò. Inizialmente fu inserita nel DSM-IV ovvero nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) nel 1994, insieme all’autismo nella categoria dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. In pratica Asperger spiegava che la sindrome non presentava ritardi significativi da un punto di vista clinico (quindi nello sviluppo cognitivo, del linguaggio, nell’adattamento o nell’autonomia personale) tranne che per l’interazione sociale. Se fino al 2013 l’autismo veniva diviso in categorie - ad esempio “disturbo autistico” si distingueva da “sindrome di Asperger” e da “Sindrome di Rett” – successivamente nell’ultimo DSM, il numero cinque, è stato introdotto l’uso del termine “Disturbi dello spettro autistico” che rientra in quello più grande dei “disturbi del neurosviluppo”. Secondo Lorna Wing che ha coniato il termine, parlare di “spettro” significa fare un’analogia tra la luce bianca che attraverso un prisma si scompone in vari colori e l’autismo che si manifesta in modo etereogeneo e variabile lungo la vita. Limitarsi a suddividerlo in sottotipi significherebbe non coglierne le sfumature. Secondo il DSM-5 possiamo individuare nell’ambito dello spettro autistico solo due macro-categorie che spiegano come si manifesta. Da una parte il deterioramento dell’interazione sociale nei vari contesti, dall’altra gli schemi comportamentali ripetitivi. Ciò che può differenziare le persone coinvolte è sicuramente il tipo di supporto di cui hanno bisogno che nel caso dell’ex sindrome di Asperger non è così significativo.

La storia

Disturbi dello spettro autistico: Luca con Michele Cimmino

Disturbi dello spettro autistico: Luca con Michele Cimmino

Luca è napoletano e ha 27 anni. Fino a qualche tempo fa viveva a Napoli. “Ci siamo accorti che c’era qualcosa di diverso – dice Michele – quando era più piccolo. Succedeva che ricordasse dettagli precisi avvenuti un giorno di tanto tempo prima, oppure la data in cui era avvenuto un certo evento. Poi il padre decide di trasferirsi qui a Firenze per lavoro. “La lontananza – racconta Michele – non ha aiutato Luca. Non era tranquillo, manifestava il suo disagio attraverso comportamenti un po’ aggressivi e questo a lungo andare poteva essere dannoso sia per lui che per la famiglia”. Alla fine anche la madre e la sorella di Luca decidono di venire a Firenze, dando una svolta alla loro vita perché solo avendo entrambi i genitori nella stessa città era possibile intervenire per aiutare Luca. “Trasferirsi a Firenze è stata la scelta migliore. Anzi abbiamo scoperto un mondo perché da allora Luca non ha più avuto comportamenti aggressivi. Se prima capitava di vederlo isolato a casa in camera sua, da quando si è iscritto a teatro lo scorso anno e poi al coro in chiesa quest’anno, tutto è cambiato perché ha interagito anche con altre persone”.

I talenti di Luca

Luca ha frequentato il laboratorio teatrale di Vincenzo De Caro

Luca ha frequentato il laboratorio teatrale di Vincenzo De Caro (nella foto di scena il regista e attore con  Claudio Spaggiari)

Michele fa l’attore per passione. E lo fa già da un po’. Guardare suo padre recitare è stata una bella scoperta per Luca che ha voluto essere coinvolto. “L’anno scorso ho partecipato al laboratorio di teatro e mi sono divertito a interpretare le commedie di Eduardo De Filippo”. – racconta Luca. La sua preferita è “Grande Magia”. Il laboratorio era quello ideato dall’attore napoletano Vincenzo De Caro che quest’anno tra l’altro ne ha avviato uno incentrato proprio sul teatro napoletano di De Filippo sia a Firenze che in provincia di Arezzo. “Sarebbe bello poter dare la possibilità a più ragazzi speciali come Luca di fare corsi di teatro – dice De Caro. Partecipare insieme agli altri in questi casi può essere un toccasana. E per lui lo è stato”. Ma Luca riesce a interpretare anche lo spezzone di un film a memoria senza fermarsi un attimo e alternando le voci dei protagonisti. “A volte poi capita di vederlo scrivere e scrive cose belle” – dice Michele.

Il futuro e il progetto di vita indipendente

Ma Michele e la sua famiglia ora vogliono aiutare Luca a inserirsi nel mondo lavorativo. “Siamo seguiti da un assistente sociale perché ci piacerebbe per esempio se si riuscisse a trovare un negozio di dischi in cui fare un’esperienza, visto che a lui piace la musica”. Il cantante che preferisce? “Neffa” – fa eco Luca. In realtà un modo c’è che spesso è poco noto. Si tratta dei bandi sui Progetti per la vita indipendente IN-AUT che in Toscana esistono dal 2004 e dal 2012 sono stati estesi a tutte le zone. È rivolto a soggetti maggiorenni con disabilità, in possesso della certificazione di gravità oggetto della legge 104 del 92, che vogliono rendersi più autonomi e realizzare un proprio progetto di vita. Per “vita indipendente” si intende la capacità di autodeterminarsi e di poter vivere come chiunque, avendo la capacità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e di svolgere attività di propria scelta. Nell’ambito del progetto chi viene ammesso ha la possibilità di assumere un assistente per l’autonomia e anche di usufruire di tutte quelle tecnologie in grado di aiutarlo nel condurre una vita in condizione di autonomia, al pari degli altri cittadini. La differenza con altre forme di assistenza sta nel fatto che la persona coinvolta smette di essere solo “oggetto di cura”, ma diventa soggetto attivo in grado di poter scegliere un percorso di studi o di formazione professionale e universitaria per inserirsi nel mondo del lavoro. Interviene a questo punto l’UMVD (Unità di Valutazione Multidisciplinari Disabilità) che in base a ciò che il soggetto con disabilità propone ha il compito di collaborare con esso per la stesura del progetto vero e proprio e per quantificare l’entità delle ore di assistenza e il contributo da richiedere alla Regione. È possibile trovare tutte le info sul sito della Regione Toscana.
In Italia su una popolazione residente di almeno 60 milioni, si stima che siano almeno 600 mila le persone – e, quindi, le famiglie – interessate direttamente dall’autismo

In Italia su una popolazione residente di almeno 60 milioni, si stima che siano almeno 600 mila le persone – quindi le famiglie – interessate direttamente dall’autismo

Com'è cambiato l'approccio medico all’Autismo

È una diagnosi comportamentale, un costrutto psicologico. secondo molti specialisti sarebbe molto meglio che i bambini, anziché essere invece di diagnosticati come tali, venissero identificati in base a ciò che hanno bisogno di imparare, per esempio garantendo a tutti un percorso individualizzato per avere un gran numero di giochi preferiti e di interessi, per saper comunicare bisogni e preferenze -così da procurarsi l’attenzione degli altri grazie ai risultati positivi ottenuti, piuttosto che alle sfide impossibili fallite-, e per identificare cosa li faccia stare bene e come possano dare il loro contributo alla società in cui sono inseriti. Interagire bene con una persona con spettro autistico senza un minimo di preparazione, supponendo basti l’amore o l’esperienza con i bambini, si è spesso rivelato sbagliato, sia per gli educatori sia per i genitori.