Quarantacinque anni fa veniva approvata la Legge 194, intitolata "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". Ma a quasi mezzo secolo dall’approvazione della norma, a che punto siamo con la sua applicazione? Difficile dirlo. A differenza di altri diritti, infatti, quelli riproduttivi nel nostro Paese sono ancora messi in discussione. Per anni, in casa, in famiglia o a scuola, le donne che c'erano mi hanno ripetuto quello che nel 1978 divenne lo slogan d'ordinanza: "L'utero è mio e lo gestisco io". Che oggi, a oltre 40 anni di distanza, è cambiato di poco: "Giù le mani dai nostri corpi", gridano oggi, con la stessa forza. Laddove la legge rimane la stessa nel nuovo millennio (ed è indubbia la necessità di una revisione di aggiornamento), e negli ultimi anni in particolare, sono entrati in gioco altri fattori, altre rivendicazioni, altri ostacoli. E allora anche parlare di aborto diventa sempre più complicato ma necessario.
Aborto e maternità surrogata: i corpi delle donne
Il tema della maternità, quello della natalità, in generale la questione dei diritti sessuali e riproduttivi sono più che mai al centro del dibattito pubblico nella società odierna, e non solo per la Legge 194 di cui oggi, 22 maggio 2023, ricorre il 45esimo anniversario. Cosa le donne possano o non possano fare con il proprio corpo non è materia (solo) loro, ma su cui chiunque si sente in diritto di parlare, di esprimere opinioni. Si intitola "Il potere è femmina" e parla proprio di maternità surrogata, quella pratica esecrata dalle forze di maggioranza al governo e dalla Chiesa, dai conservatori quanto da esponenti di sinistra. Eppure un tema di cui non si riesce a non parlare, che si lega a doppio filo alla questione dell'aborto, come altra faccia della stessa medaglia dei diritti civili delle donne. Protagoniste nel nuovo murales dello street artist aleXsandro Palombo Elly Shlein, segretaria del Partito Democratico, e Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. Entrambe incinte, in una sfida senza veli per le strade di Milano. Sulla spalla della leader di Fratelli d'Italia il tatuaggio tricolore simbolo del suo partito, su quello della dem la bandiera arcobaleno. E una sorta di marchio di fabbrica 'targa' le pance rigonfie: "Il mio utero, la mia scelta" su quest'ultima, "Non in affitto" su quello di Meloni. Una provocazione, quella dell'artista. È un'opera simbolica, realizzata in un momento storico in cui l’Italia si distingue sulla scena internazionale per la competizione tra due donne ai vertici del potere istituzionale, mentre in Parlamento si discute sulla maternità surrogata e la proposta di legge di FdI per renderla un reato universale perseguibile anche all’estero. La storia dell’arte è ricca di rappresentazioni sulla maternità, la figura della donna e madre è cambiata nel corso dei secoli conducendola da una dimensione più intima, spirituale e religiosa a una visione più libera e forte, portando con sé un messaggio sui diritti, la libertà e l'emancipazione della sfera femminile. Parole che rimangono, però, ancora tali. A fatti, c'è ancora tanto da fare.Un dibattito pubblico aperto nel 1978 e mai concluso
"L'aborto sicuro e legale è stato possibile grazie al movimento delle donne, che lo ha reso oggetto di discussione pubblica, togliendolo dall'ombra della clandestinità". Cecilia D'Elia, senatrice PD e portavoce nazionale della conferenza delle democratiche, affida a una nota il commento su questa ricorrenza. "La legge 194 è il frutto del dibattito politico e parlamentare che si aprì nel Paese, che dovette riconoscere alle donne il diritto di scelta. Da quel lontano 1978 ad oggi gli aborti sono diminuiti in modo costante negli anni. Eppure l'applicazione di questa legge è sempre stata difficile, spesso boicottata. Non solo per i numeri dell'obiezione di coscienza - prosegue la senatrice dem - ma per una cultura che ancora stigmatizza e vuole colpevolizzare le donne per le loro scelte, per le politiche di regioni che non applicano le linee guida sull'aborto farmacologico, costringendo al ricovero chi vi ricorre". "A 45 anni da quella approvazione - sottolinea poi D'Elia - c'è perciò ancora molta strada da fare: c'è bisogno di rafforzare una cultura del rispetto delle scelte femminili in tema di procreazione, c'è bisogno di garantire l'accesso all'aborto farmacologico al posto di quello chirurgico in tutte le regioni, esattamente come previsto dalle linee guida nazionali. C'è da battersi - conclude la democratica - per il pieno riconoscimento dell'autodeterminazione delle donne e il rispetto della loro salute sessuale e riproduttiva". Insomma la legge 194/78 non ha messo la parola fine al dibattito - aperto ben prima della firma sul testo della norma - sul tema aborto. Tutt'altro. Sull'aborto si discute oggi come allora. La scelta delle donne di portare avanti o meno quella gravidanza non è più libera oggi di 45 anni fa. Tra chi è ancora condizionata dai modelli patriarcali, chi vorrebbe ricorrere alle procedure di ivg ma non trova una struttura o medici disposti a farlo, chi si sente giudicata per la decisione presa sul proprio corpo. E dall'altro lato chi vorrebbe restringere l'accesso a questo - ribadiamolo - diritto, non considerandolo tale né tantomeno alla pari con il diritto alla vita. Chi promuove la maternità a tutti i costi (letteralmente), chi imputa anche agli aborti (oltre che a tutto ciò che riguarda la genitorialità alternativa) il drastico e preoccupante calo della natalità, chi pensa che l'esistenza e la crescita, la nascita del feto siano sacre, valgano più di qualsiasi altra cosa. Persino della vita della madre."La 194 è una conquista. Non si tocca"
Oggi, a 45 anni dall'approvazione della Legge 194, "celebriamo un passo fondamentale del nostro Paese verso l'autodeterminazione delle donne. La l.194 è infatti una conquista e nessun tentativo di cancellarne i traguardi può essere consentito". Lo dichiara in una nota la Casa internazionale delle donne. "Da subito sabotata, con l'obiezione di coscienza che ha raggiunto numeri insopportabili, oggi la 194 è sotto attacco da parte di sedicenti associazioni pro-vita e soprattutto da parte delle destre al governo, i cui esponenti si sono fatti promotori di proposte di legge inaccettabili, come quella per i diritti del concepito e quella che prevede l'obbligo di ascoltare il battito cardiaco alla donna che intende abortire". Appena una settimana fa, il 16 maggio, è stata ad esempio avanzata in Parlamento una nuova proposta di legge di iniziativa popolare, dal nome "Un cuore che batte", per integrare con il comma 1-bis l'art. 14 della Legge. Nel dettaglio si andrebbe così ad aggiungere che: "Il medico che effettua la visita che precede l'interruzione volontaria di gravidanza” ai sensi della legge, “è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. "Torna la cultura della colpa e dello stigma, insomma. Noi teniamo alta la guardia - dichiarano dall'organizzazione - e non staremo a guardare chi intende riportarci indietro. Bene hanno fatto le ragazze di Non una Di Meno a contestare la ministra Roccella, a Torino, simbolo lei stessa di questa crociata contro la libertà delle donne. La strada percorsa e l'affermazione in questi anni del diritto all'autodeterminazione è un fatto che dimostra la forza delle donne. La legge 194 non si tocca. Nessun passo indietro sul corpo delle donne".L'assenza di dati sullo stato dell'arte
"Il governo non fornisce dati aperti, utili e aggiornati. L’ultima relazione del Ministro della Salute riguarda il 2020" è l'accusa, in occasione del 45° anniversario dall'approvazione della legge 194, dell'associazione Luca Coscioni. "Oggi non sappiamo come e dove si possa abortire nelle singole Regioni italiane. I metodi contraccettivi non sono conosciuti e accessibili come in altri Paesi europei". La stessa Associazione, per questo, ha promosso la nascita di un intergruppo parlamentare a tutela del diritto alla salute riproduttiva "e lancia una petizione al Parlamento".L'obiettivo, ribadito dopo la prima riunione della settimana scorsa, "è quello di promuovere la corretta applicazione e l’aggiornamento della legge 194/1978, per poter garantire a tutte le donne, senza ostacoli di alcun tipo, il rispetto del diritto alla salute riproduttiva". Inoltre si riporta all'attenzione la petizione al Parlamento presentata dall’Associazione Luca Coscioni alla fine dello scorso anno e su cui ora è aperta una raccolta firme.Visualizza questo post su Instagram