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Sterilizzazione tubarica, Maria Carolina Salvadori: "Non voglio figli ma come ho fatto"

La 34enne milanese, nata a Pontedera (Pisa), ha scelto la contraccezione definitiva. Ma per arrivare all'operazione ha attraversato pregiudizi e residui di una cultura patriarcale dura a morire

di MARIANNA GRAZI -
25 agosto 2022
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"Il corpo è mio e lo gestisco io". Una frase gridata, ripetuta come un mantra, che arriva dritta dritta dalle lotte femministe per la legalizzazione dell'aborto negli anni '70 ma che trova ancora spazio nelle rivendicazioni attuali. Maria Carolina Salvadori ha 34 anni, vive a Milano ma è nata a Pontedera, dove abita ancora la madre. Si identifica persona gender queer, tendenzialmente agender, e finalmente, tra qualche settimana o poco più, realizzerà il suo desiderio più grande. Carolina si sottoporrà alla sterilizzazione tubarica, o legatura delle tube. Una scelta volontaria e definitiva, che ha maturato fin da quando era più giovane, “Sebbene abbia istinto materno e abbia pensato ad avere figli” ammette. Ma quando si è ritrovata con una malattia importante, “una condizione genetica che spesso mi porta a stare in ospedale anche per mesi, ho pensato che, primo, non volevo trasmetterla e, secondo, non volevo che il bimb* avesse un genitore in quella condizione”. Dopo tanti no, tanti rifiuti, tante scuse per non operare, però, ha trovato la soluzione dove non si aspettava di trovarla: a casa, in Toscana, all’ospedale di Pontedera e Volterra (Pisa).

La sterilizzazione tubarica

Sterilizzazione tubarica

La sterilizzazione tubarica consiste nella chiusura delle tube di Falloppio, impedendo così la fecondazione dell'ovulo (Facebook)

Si tratta del metodo contraccettivo più utilizzato al mondo, il più diffuso negli Stati Uniti (scelta da 10 milioni di donne) tra le persone sopra i 35 anni. Invece nel nostro Paese la sterilizzazione tubarica, nonostante la crescente richiesta e le tecniche sempre più evolute per praticarla, è il contraccettivo meno usato. I motivi sono molti, ma come l'aborto, si tratta spesso di ragioni di ordine morale ed etico. La legatura delle tube è infatti una forma di sterilizzazione chirurgica femminile permanente. La procedura prevede la chiusura delle tube di Falloppio, connessione anatomica tra l’ovaio all’utero, la sede in cui avviene la fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo; con la legatura, di fatto, si impedisce la fecondazione. Com’è maturata questa scelta? “Uno dei motivi è che soffro di disforia di genere. Diciamo che ho avuto spesso problemi con un corpo che ovviamente aveva un’espressione femminile, ma magari non avevo la consapevolezza che potesse essere una cosa che succede o di conoscere persone che me lo riconoscessero. Questo mi ha anche portato problemi di salute, addirittura all’anoressia, perché non volevo il ciclo, volevo un corpo androgino”. Che tipo di rapporto ha con il ciclo? “Ho avuto un rapporto abbastanza difficile col ciclo e con tutto l’aspetto della riproduzione. Non sarei in grado di tollerare che il mio corpo prendesse le forme che sono proprie di una donna incinta. Poi ho tutti una serie di problemi di salute cronici, per i quali seguo terapie che dovrò fare per tutta la vita e che, in caso di gravidanza, comporterebbero più che dei rischi delle certezze di malformazioni. Insomma sarebbero gravidanze ad alto rischio. In primis, comunque, c’è il fatto che io voglio evitare gravidanze e vorrei essere serena a riguardo. A ciò si aggiunge che non posso usare contraccettivi ormonali; li ho usati per anni e in quel periodo ho sempre sofferto di depressione, a livelli gravi. Tolto l’anello mi sono scoperta molto più positiva, con tante energie in più, con tanta voglia di fare. Anche in termini di interesse sessuale cambiano tantissime cose”.
Maria Carolina Salvadori sterilizzazione

Maria Carolina Salvadori, 34 anni, vive a Milano ma è originaria di Pontedera (Pisa)

È un problema per le sue relazioni sentimentali, anche rispetto anche alle sue esigenze? “Ho chiuso una relazione con un uomo pensando, visto che nel frattempo mi sono dichiarata queer anche sul fronte delle relazioni sentimentali e sessuali, che non sarei uscita per tanto tempo con persone amab (assegnat* maschio alla nascita, ndr) socializzate uomini. Invece ho incontrato proprio un uomo e volevo quindi cercare una forma di contraccezione che fosse duratura. Sono andata dal ginecologo che mi ha proposto la spirale di rame, ma dopo la visita mi dice di non poterla inserire, perché non avendo partorito non sarebbe passata. Mi ha anche proposto di provare comunque a inserirla, promettendo di fermarsi al momento in cui mi avesse fatto troppo male. Assurdo”. Cosa ha fatto a quel punto? “Ero già informata da tempo sulla sterilizzazione tubarica, già a 20 anni avevo iniziato a pensarci, ma credevo che col tempo avrei potuto cambiare idea. Non è stato così, per cui ho chiesto proprio al medico di questa possibilità chiedendo di indicarmi un centro dove fosse praticata. Lui mi ha risposto: ‘No ma questa cosa è illegale in Italia’. Nel frattempo avevo parlato con un altro ginecologo della mia disforia, chiedendo di poter prendere un altro tipo di contraccettivo ormonale che però sopprimeva il ciclo. Mi rispose che quelle cose non le faceva perché ‘le donne devono avere il ciclo’. In sostanza sono stata misgenderata”. Com’è arrivata alla soluzione? “Io sono in tante associazioni e tra le varie collaboro con la Luca Coscioni. Proprio tramite loro ho conosciuto delle ragazze che hanno poi fondato il movimento ‘Libera di abortire’ e alcune di queste sono riuscite a risalire a dei gruppi in cui si parlava di contraccezione e anche di igv. Mi hanno detto che esisteva un medico che praticava la sterilizzazione regolarmente in Italia, nel mentre ho scoperto che in realtà veniva sì praticata anche altrove ma con tutta una serie di paletti, che si basavano sul numero di figli e sull’età che avevi. Ad esempio io che ho 34 anni e zero figli non sarei qualificata secondo questi criteri. Perché siamo animali da riproduzione – dice ironica – com’è risaputo. Invece poi ho scoperto che questo dottore, Massimo Srebot, aveva comunque passato il testimone all’ospedale di Pontedera”.
Maria Carolina Salvadori con Marco Cappato

Maria Carolina Salvadori con Marco Cappato, tesoriere dall'associazione Luca Coscioni

Quindi la soluzione era nella sua città natale “Sì, e ci sono arrivata tramite ricerche interne, perché comunque non è stato facile per mia madre spiegare della figlia con problemi di salute, che non può smettere di assumere farmaci, che ha queste esigenze… Servivano persone fidate. Per fortuna avevamo come vicina di casa un’infermiera che si è informata su chi fosse la ginecologa che si occupava della pratica e mi ha preso un appuntamento. Non le ho dovuto spiegare grandi cose, le ho detto semplicemente che per alcuni motivi non intendevo avere figli e volevo una contraccezione permanente. E lei, semplicemente, mi ha dato il numero da chiamare e sul certificato ha scritto: ‘Si consiglia sterilizzazione tubarica’”. Il suo desiderio potrà quindi realizzarsi “Finalmente manca poco, il 22 settembre ho la pre-ospedalizzazione e poi mi diranno quando farò l’intervento, che sarà in laparoscopia e loro dicono che mi manderanno a casa il giorno stesso o il giorno dopo. Dovrebbe essere una cosa easy. Me ne andrò da mamma, che è in pensione e mi può accudire”. Come ha preso questa sua decisione la persona con cui sta? “È sempre stata con uomini prima di me e sono sempre state relazioni esclusive, fluid bonded (il fluid bonding fa riferimento al sesso non protetto in una relazione, ndr). Non è una persona che ha avuto relazioni occasionali, il preservativo era una questione sconosciuta. Io in più sono intollerante al lattice, quindi la situazione non è ottimale. Riguardo alla mia decisione poteva dirmi: faccio io la vasectomia; invece lui pensa che nella vita potrebbe volere figli, ma è il suo patrimonio genetico, è la sua scelta. Sa perfettamente che se sta con me non ne avrà, però non potevo dirgli di fare la vasectomia e lui dire a me non fare la sterilizzazione. Anche se chiudessi questa relazione lo farei comunque, perché è diventata anche una chirurgia gender affirming, nel senso che è in linea con il percepito che io ho del mio corpo”.
Maria Carolina Salvadori

La 34enne milanese con la t-shirt dell'associazione Coscioni a favore dell'eutanasia legale

E i suoi cari, familiari e amici? “Molti sono rimasti scioccati, perché appunto in quanto afab socializzata donna ci si aspetta che io assolva il compito di figliare. In realtà mia madre ha capito subito, l’ha detto che fin da quando ero piccola ne avevo parlato, era una cosa che mi aveva sentito dire. Mi ha chiesto più volte se ne ero sicura e lo sono. È la soluzione migliore. Tante persone sono rimaste sconcertate, ma in linea di massima sanno qual è la mia situazione e non mi hanno stressato più di tanto. Hanno capito che è una decisione personale. Non ho avuto tutte le reazioni negative che mi aspettavo. Anche tra le dottoresse a cui mi sono rivolta, la ginecologa e ostetrica Martina Liut e la mia endocrinologa: mi hanno detto che bastava ne fossi sicura io, perché è una scelta di vita”. Perché ha deciso di raccontare questa storia così personale? “Perché tantissime persone non sanno di avere questa possibilità. Io ho un sacco di condizioni che, se anche avessi avuto un’idea differente sulla riproduzione, mi avrebbero spinto comunque a evitare di fare figli. Ma ad esempio conosco una persona non binaria che non vuole che il suo corpo faccia certe cose e allora sta cercando di ottenere il mio stesso intervento. È una cosa che esiste ma non se ne sa nulla. Banalmente penso a donne che hanno avuto molti figli e vorrebbero dire basta, ma non possono assumere contraccettivi ormonali o usarne per motivi religiosi o culturali. Con la sterilizzazione tubarica risolverebbero tutto. Per questo ho deciso di parlarne, perché ho pensato che se le persone dovessero almeno sapere che esiste. Anche perché, dal punto di vista biologico rimane comunque tutto uguale, avranno ancora il ciclo, andranno in menopausa… Semplicemente è una contraccezione meccanica che ha molte meno conseguenza degli altri tipi”.