Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Ambiente, il declino degli insetti impollinatori fa più vittime dell'inquinamento

Raccolti meno abbondanti incidono su dieta e rischio di mortalità. L’impatto maggiore è nei paesi a medio e alto reddito

di DOMENICO GUARINO -
22 dicembre 2022
Ogni anno le popolazioni mondiali di insetti diminuiscono dell’1-2%

Ogni anno le popolazioni mondiali di insetti diminuiscono dell’1-2%

Cambiamenti climatici, trasformazioni nell’agricoltura e nell’uso del suolo, insetticidi ed erbicidi. Ma anche l'inquinamento luminoso e l'arrivo di specie invasive: ogni anno a causa di questi fenomeni, le popolazioni mondiali di insetti diminuiscono dell’1-2%. Una moria silenziosa che, nel breve volgere di un paio di decenni, rischia di avere conseguenze apocalittiche. Innanzitutto sull’impollinazione e, dunque, su tutta la nostra catena alimentare, con effetti che, come possiamo ben immaginare, saranno assolutamente catastrofici. L’allarme è scattato da tempo, ma all’orizzonte non si vedono azioni in grado di invertire la tendenza. C’è, invece, un aspetto non meno devastante ma assi meno conosciuto che ha a che fare con il declino degli insetti: quali sono gli effetti immediati di questo fenomeno sulla salute umana?
Per la prima volta, uno studio scientifico prova a stimare l’impatto sulla salute umana della scomparsa a ritmo accelerato di api e altri insetti impollinatori

Per la prima volta, uno studio scientifico prova a stimare l’impatto sulla salute umana della scomparsa a ritmo accelerato di api e altri insetti impollinatori

Recentemente uno studio dell’università di Harvard, pubblicato su "Environmental Health Perspectives", ha cercato di colmare questa lacuna, quantificando in almeno 427mila i decessi prematuri determinati dalla diminuzione degli insetti. Una cifra enorme, se si pensa che in Europa l’inquinamento atmosferico fa circa 300mila morti l’anno. Questo perché un’impollinazione inadeguata sta causando una perdita del 3-5% della produzione di frutta, verdura e frutta secca, causando una minore disponibilità di cibo sano di qualità, e dunque, indirettamente, una maggiore mortalità. Per arrivare a questa stima, i ricercatori di Harvard hanno prima calcolato la perdita di raccolto per alcuni alimenti fortemente dipendenti dagli impollinatori, quindi hanno usato questi dati per stimare l’incidenza sul rischio di una dieta più povera e sul rischio di mortalità in diversi paesi. Ne emerge che, se la perdita maggiore dei raccolti si verifica nei paesi a basso reddito e può arrivare anche al 10-30% del volume di raccolto normale, gli effetti più gravi pesano sulle spalle delle popolazioni che abitano nei paesi a medio e alto reddito dove il tasso di disturbi non trasmissibili è maggiore. In particolare, a patire di più il declino degli insetti impollinatori sarebbero paesi a medio reddito molto popolosi: Cina, India, Indonesia e Russia. “Un elemento critico mancante nella discussione sulla biodiversità è stata la mancanza di collegamenti diretti con la salute umana. Questa ricerca stabilisce che la perdita di impollinatori ha già un impatto sulla salute pari a quello di altri fattori di rischio per la salute globale, come il cancro alla prostata o i disturbi da uso di sostanze”, afferma Samuel Myers, co-autore dello studio.
Ogni anno sono 427mila i decessi prematuri dovuti al declino degli insetti pronubi

Ogni anno sono 427mila i decessi prematuri dovuti al declino degli insetti pronubi

Già nel 2015, uno studio analogo aveva calcolato che, se tutti gli impollinatori fossero eliminati, la fornitura globale di frutta diminuirà del 23%, quella di verdura del 16%, e quella di noci e semi del 22%. Ben 71 milioni di persone che vivono in paesi a basso reddito, potrebbero diventare carenti di vitamina A, altri 2,2 miliardi di persone che attualmente ne consumano al di sotto della media, vedrebbero un’ulteriore riduzione dell’offerta. Per quanto riguarda l’acido folico, oltre 173 milioni di persone potrebbero accusarne carenza, mentre un ulteriore 1,23 miliardi già carente andrebbe incontro a ulteriori cali. Il cambiamento negli alimenti e nei nutrienti è collegato a tre tipi di malattie: non infettive (per esempio cancro, diabete e disfunzioni cardiache), infettive (tubercolosi o influenza) e malattie legate alla malnutrizione (carenza di vitamine, rachitismo); esse sono catalogate usando il quadro valutazioni “Global Burden Of Diseases 2010”. I decessi globali causati da malattie non infettive collegate alla malnutrizione sarebbero dunque destinati ad aumentare di 1,42 milioni di persone (2,7%) all’anno; e il DALY (anni persi a causa della malattia) di 27 milioni (1,1%) ogni anno.