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Home » Spettacolo » Sanremo, bufera greenwashing: lo sponsor è green solo in pubblicità, Greenpeace contro gli organizzatori

Sanremo, bufera greenwashing: lo sponsor è green solo in pubblicità, Greenpeace contro gli organizzatori

La denuncia: "Eni, sponsor della kermesse, per il secondo anno consecutivo sfrutta il palcoscenico dell'Ariston"

Margherita Ambrogetti Damiani
7 Febbraio 2023
Al via la 73esima edizione del Festival di Sanremo (Ansa)

Al via la 73esima edizione del Festival di Sanremo (Ansa)

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La 73esima edizione del Festival di Sanremo non è ancora iniziata (il via oggi 7 febbraio alle 20,35 su Raiuno) e già infiammano le polemiche. A poche ore dalla prima attesissima serata, Greenpeace si è scagliata senza mezzi termini contro gli organizzatori della manifestazione. L’accusa è la stessa dello scorso anno: greenwashing. Al centro dell’attacco la sponsorizzazione dell’evento da parte di Eni Plenitude, società italiana interamente controllata dal cane a sei zampe, colosso internazionale del petrolio e del gas.

Amadeus è il conduttore del 73esimo festival di Sanremo
Amadeus è il conduttore del 73esimo festival di Sanremo

Nell’opinione di Greenpeace, quella di Eni non è altro che una presa in giro ai danni delle italiane e degli italiani. L’ennesimo “bollino green” che di verde non ha nulla se non la palette di colori utilizzata per la campagna di comunicazione. Nell’opinione degli attivisti, Eni Plenitude, oltre a non aver nulla a che fare con la sostenibilità, sfrutta la visibilità fornita dal Festival per accreditarsi agli occhi dei telespettatori, facendo leva sulla possibilità – pressoché unica – di investire ingenti risorse nella gara canora più attesa dell’anno.

A peggiorare le cose si è aggiunto anche l’arrivo nella cittadina ligure di “Feeling the energy”, installazione artistica targata, manco a farlo di proposito, Plenitude. L’ennesimo emblema – a detta di Greenpeace – di una svolta green che non è mai avvenuta. D’altronde, Plenitude non ha mai mollato le fonti fossili. Nel 2021, il 65% delle vendite erano legate alle forniture di gas. Le vendite di energia elettrica – in gran parte ottenuta da fonti fossili – erano pari solo al 35%.

L'installazione Feeling the Energy, progettata per Plenitude (Ansa)
L’installazione Feeling the Energy, progettata per Plenitude (Ansa)

La faccenda è complessa e gli ambientalisti sembrano non avere alcuna intenzione di deporre le armi (pacifiche) in difesa della musica dalla propaganda tossica dell’industria delle fossili. Una cosa è certa: rinunciare alle risorse economiche che un gigante come Eni è in grado di mettere a disposizione agli organizzatori della kermesse deve essere risultato assai complicato, tanto da decidere di proseguire sulla medesima strada nonostante le prevedibili polemiche e gli attacchi che alcuni artisti lo scorso anno hanno mosso dal palco durante le loro esibizioni come lo “Stop greenwashing” urlato da La Rappresentante di Lista e Cosmo. E non ci sarebbe affatto da stupirsi se le artiste e gli artisti in gara replicassero il loro gesto di protesta, tornando ad accendere i riflettori sulla crisi climatica in atto (ormai incontrovertibile) e sulla necessità di intraprendere azioni di contenimento e adattamento per evitare che la situazione precipiti più rapidamente di quanto ci si possa immaginare.

Al di là delle polemiche più o meno social, Sanremo rappresenta una enorme occasione di visibilità anche per i temi sociali. Fare in modo che le politiche ambientali – quelle giuste – ne siano protagoniste significherebbe fare un ottimo servizio pubblico. Sospendiamo fiduciosamente il giudizio in attesa di ulteriori elementi.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
La 73esima edizione del Festival di Sanremo non è ancora iniziata (il via oggi 7 febbraio alle 20,35 su Raiuno) e già infiammano le polemiche. A poche ore dalla prima attesissima serata, Greenpeace si è scagliata senza mezzi termini contro gli organizzatori della manifestazione. L’accusa è la stessa dello scorso anno: greenwashing. Al centro dell’attacco la sponsorizzazione dell’evento da parte di Eni Plenitude, società italiana interamente controllata dal cane a sei zampe, colosso internazionale del petrolio e del gas.
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