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Home » Attualità » Smettere di fare figli per salvare il pianeta: la teoria della filosofa Verena Eleonora Brunschweiger

Smettere di fare figli per salvare il pianeta: la teoria della filosofa Verena Eleonora Brunschweiger

"Non potrei vivere sentendo addosso la responsabilità di far soffrire tante persone in Africa e in Asia solo perché voglio mettere al mondo una nuova persona con i miei stessi occhi azzurri"

Margherita Ambrogetti Damiani
7 Dicembre 2022
La filosofa, sociologa e autrice tedesca, Verena Eleonora Brunschweiger

La filosofa, sociologa e autrice tedesca, Verena Eleonora Brunschweiger

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A metà dello scorso novembre, il Pianeta ha superato quota 8 miliardi di persone. Una stima ufficiale delle Nazioni Unite, questa, che rappresenta allo stesso tempo un traguardo e una criticità. Una crescita senza precedenti – stando a quanto spiegato dall’Onu – che deve vedere tutte e tutti protagonisti di azioni finalizzate alla salvaguardia della Terra. Basti pensare al fatto che nel 1950 si contavano 2,5 miliardi di abitanti e che, in poco più di qualche decennio, grazie ai progressi della sanità pubblica, dell’alimentazione, dell’igiene e della medicina, il numero di abitanti è incredibilmente cresciuto. Non solo: fino al 1800, la Terra aveva meno di 1 miliardo di abitanti. In soli 12 anni è passata da 7 a 8 miliardi.

Numeri da capogiro che fanno capire quanto la scienza sia d’aiuto per la nostra sopravvivenza. Ma come la mettiamo con la povertà alimentare, la crisi climatica e il generale deterioramento delle esistenze delle persone, soprattutto nell’emisfero australe? La faccenda è complessa. Ad oggi, Circa 2,3 miliardi di persone (29,3%) vivono in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave. Sono 45 milioni i bambini con meno di 5 anni che soffrono di deperimento, 149 milioni quelli che soffrono di deficit legati allo sviluppo a causa di una mancanza cronica di nutrienti essenziali. Se a ciò si aggiunge che nel 2037 si stima di sfondare il tetto di 9 miliardi e che nel 2080 si prevede un picco di 10.4 miliardi la questione si fa davvero preoccupante.

Nell’opinione della filosofa, sociologa e autrice tedesca, Verena Eleonora Brunschweiger, la soluzione è semplice: per salvare il Pianeta bisogna smettere di fare figli. Per questa teoria è stata fortemente attaccata. Eppure, si tratta di una filosofia di vita già applicata in alcuni angoli del globo. Certo, i temi su cui dibattere al cospetto di una proposta shock come questa sono molti e tutti niente affatto banali. A partire dall’idea – che va per la maggiore – secondo la quale una donna senza figli sarebbe una donna a metà. (Giustamente) Brunschweiger ha rimandato ai mittenti simili accuse, appellandosi ad un sacrosanto principio: quello di autodeterminazione. A detta della Süddeutsche Zeitung la filosofa è l’esperta “childfree” più famosa della Germania. Per provare a capirci qualcosa in più, chi sta scrivendo ne ha parlato con lei in un’intervista, scoprendo che “oltre gli slogan c’è di più”.

“Per salvare il Pianeta bisogna smettere di fare figli”, la filosofia di vita già applicata in alcuni angoli del globo e fortemente sostenuta dall’autrice tedesca

Iniziamo dal principio: la maternità è un valore culturale e culturalmente trasmesso o un istinto?
“C’è un certo istinto, ma esistono donne che non lo hanno, che sostengono di non averlo mai sentito. Esistono donne che hanno un desiderio di diventare mamme pari a zero. Certo, esiste anche l’opposto: donne che non desiderano niente di più di diventare madri. La maggior parte delle donne si trova tra questi due poli. Non dobbiamo però dimenticare che la nostra cultura e la nostra società generano una pressione enorme sulle coppie giovani e soprattutto sulle donne e hanno successo, purtroppo. Molte donne pensano di non valere nulla senza un figlio. Dobbiamo invece ricordare sempre che viviamo nell’Europa del 2022 e abbiamo moltissime possibilità. Mi rattrista molto quando una donna fa il sacrificio di dimenticare se stessa, i suoi talenti e le sue ambizioni solo per fare una cosa che, peraltro, non richiede molto intelligenza”.

La sua teoria si basa su numeri, dati. Eppure, viene tacciata di pronunciare “frasi choc”. Una visione troppo futurista del mondo?
“Vale per Paesi con valori piuttosto tradizionali, come la Germania o l’Italia, soprattutto quella della Meloni e del suo partito. L’idea di istituire un Ministero della natalità ne è la prova. Evidentemente, non ha letto che il cambiamento climatico dipende più che altro dal numero di persone che vivono sul Pianeta. Nel mio libro “Do childfree people have better sex? “A feminist’s journey in the childfree movement” scrivo un lungo capitolo sulla catastrofe generata dalle vittorie dei partiti della destra. Per il Pianeta e per gli abitanti del Sud del mondo la vita è un orrore: non possono venire qui, in Europa, ma soffrono tutte le conseguenze del cambiamento climatico che produciamo noi. Ogni nuova persona significa più emissioni. Questo è un dato che i Paesi più evoluti come il Regno Unito o gli Stati Uniti dovrebbero prendere in considerazione ma nessuno di loro ha mai detto nulla in proposito.”

La copertina del libro “Do child people have better sex? “A feminist’s journey in the childfree movement” pubblicato nel marzo del 2022 dalla sociologa tedesca

Se le chiedessi di scegliere – senza ipocrisia – tra le parole egoismo e altruismo per raccontarsi quale sceglierebbe?
“Le risponderò certamente senza ipocrisia! L’ipocrisia è dei genitori che raccontano bugie come “Vogliamo un bambino perché amiamo i bambini”. Allora perché non adottate un bambino che già esiste? No, vogliono un mini-loro. Io non sono così. Ogni cosa che faccio la faccio per il clima: non volo, non mangio carne, ho una macchina piccola che uso soltanto nelle emergenze e non ho figli, perché non potrei vivere sentendo addosso la responsabilità di far soffrire tante persone in Africa e in Asia e rischiare di far estinguere tanti animali solo perché voglio mettere al mondo una nuova persona con i miei stessi occhi azzurri.”

Un ragionamento che vi troverà contrari o d’accordo ma che, sicuramente, vi farà riflettere.

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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet

A metà dello scorso novembre, il Pianeta ha superato quota 8 miliardi di persone. Una stima ufficiale delle Nazioni Unite, questa, che rappresenta allo stesso tempo un traguardo e una criticità. Una crescita senza precedenti - stando a quanto spiegato dall’Onu - che deve vedere tutte e tutti protagonisti di azioni finalizzate alla salvaguardia della Terra. Basti pensare al fatto che nel 1950 si contavano 2,5 miliardi di abitanti e che, in poco più di qualche decennio, grazie ai progressi della sanità pubblica, dell'alimentazione, dell'igiene e della medicina, il numero di abitanti è incredibilmente cresciuto. Non solo: fino al 1800, la Terra aveva meno di 1 miliardo di abitanti. In soli 12 anni è passata da 7 a 8 miliardi.

Numeri da capogiro che fanno capire quanto la scienza sia d’aiuto per la nostra sopravvivenza. Ma come la mettiamo con la povertà alimentare, la crisi climatica e il generale deterioramento delle esistenze delle persone, soprattutto nell’emisfero australe? La faccenda è complessa. Ad oggi, Circa 2,3 miliardi di persone (29,3%) vivono in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave. Sono 45 milioni i bambini con meno di 5 anni che soffrono di deperimento, 149 milioni quelli che soffrono di deficit legati allo sviluppo a causa di una mancanza cronica di nutrienti essenziali. Se a ciò si aggiunge che nel 2037 si stima di sfondare il tetto di 9 miliardi e che nel 2080 si prevede un picco di 10.4 miliardi la questione si fa davvero preoccupante.

Nell’opinione della filosofa, sociologa e autrice tedesca, Verena Eleonora Brunschweiger, la soluzione è semplice: per salvare il Pianeta bisogna smettere di fare figli. Per questa teoria è stata fortemente attaccata. Eppure, si tratta di una filosofia di vita già applicata in alcuni angoli del globo. Certo, i temi su cui dibattere al cospetto di una proposta shock come questa sono molti e tutti niente affatto banali. A partire dall’idea - che va per la maggiore - secondo la quale una donna senza figli sarebbe una donna a metà. (Giustamente) Brunschweiger ha rimandato ai mittenti simili accuse, appellandosi ad un sacrosanto principio: quello di autodeterminazione. A detta della Süddeutsche Zeitung la filosofa è l’esperta "childfree" più famosa della Germania. Per provare a capirci qualcosa in più, chi sta scrivendo ne ha parlato con lei in un’intervista, scoprendo che "oltre gli slogan c’è di più".

"Per salvare il Pianeta bisogna smettere di fare figli", la filosofia di vita già applicata in alcuni angoli del globo e fortemente sostenuta dall'autrice tedesca

Iniziamo dal principio: la maternità è un valore culturale e culturalmente trasmesso o un istinto? "C'è un certo istinto, ma esistono donne che non lo hanno, che sostengono di non averlo mai sentito. Esistono donne che hanno un desiderio di diventare mamme pari a zero. Certo, esiste anche l'opposto: donne che non desiderano niente di più di diventare madri. La maggior parte delle donne si trova tra questi due poli. Non dobbiamo però dimenticare che la nostra cultura e la nostra società generano una pressione enorme sulle coppie giovani e soprattutto sulle donne e hanno successo, purtroppo. Molte donne pensano di non valere nulla senza un figlio. Dobbiamo invece ricordare sempre che viviamo nell'Europa del 2022 e abbiamo moltissime possibilità. Mi rattrista molto quando una donna fa il sacrificio di dimenticare se stessa, i suoi talenti e le sue ambizioni solo per fare una cosa che, peraltro, non richiede molto intelligenza".

La sua teoria si basa su numeri, dati. Eppure, viene tacciata di pronunciare "frasi choc". Una visione troppo futurista del mondo? "Vale per Paesi con valori piuttosto tradizionali, come la Germania o l’Italia, soprattutto quella della Meloni e del suo partito. L’idea di istituire un Ministero della natalità ne è la prova. Evidentemente, non ha letto che il cambiamento climatico dipende più che altro dal numero di persone che vivono sul Pianeta. Nel mio libro "Do childfree people have better sex? "A feminist’s journey in the childfree movement" scrivo un lungo capitolo sulla catastrofe generata dalle vittorie dei partiti della destra. Per il Pianeta e per gli abitanti del Sud del mondo la vita è un orrore: non possono venire qui, in Europa, ma soffrono tutte le conseguenze del cambiamento climatico che produciamo noi. Ogni nuova persona significa più emissioni. Questo è un dato che i Paesi più evoluti come il Regno Unito o gli Stati Uniti dovrebbero prendere in considerazione ma nessuno di loro ha mai detto nulla in proposito."

La copertina del libro "Do child people have better sex? "A feminist’s journey in the childfree movement" pubblicato nel marzo del 2022 dalla sociologa tedesca

Se le chiedessi di scegliere - senza ipocrisia - tra le parole egoismo e altruismo per raccontarsi quale sceglierebbe? "Le risponderò certamente senza ipocrisia! L'ipocrisia è dei genitori che raccontano bugie come "Vogliamo un bambino perché amiamo i bambini". Allora perché non adottate un bambino che già esiste? No, vogliono un mini-loro. Io non sono così. Ogni cosa che faccio la faccio per il clima: non volo, non mangio carne, ho una macchina piccola che uso soltanto nelle emergenze e non ho figli, perché non potrei vivere sentendo addosso la responsabilità di far soffrire tante persone in Africa e in Asia e rischiare di far estinguere tanti animali solo perché voglio mettere al mondo una nuova persona con i miei stessi occhi azzurri."

Un ragionamento che vi troverà contrari o d’accordo ma che, sicuramente, vi farà riflettere.

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