La maestra Zen Anna Maria Shinnyo Marradi: "La ricerca interiore nello spirito di servizio verso gli altri"

La guida spirituale e fondatrice del Tempio Sōtō Zen Shinnyoji di Firenze ha rivoluzionato la sua vita seguendo la fede: "Ma essere donna anche nella Pratica buddhista comporta delle discriminazioni"

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
26 dicembre 2022
2022.12 Veglia di Rohatsu 2022-491

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Anna Maria Marradi, una fiorentina speciale, una donna che nella propria vita ha tenacemente ricercato "la Verità", costantemente impegnata in ciò che crede. Guida spirituale e fondatrice del Tempio Sōtō Zen Shinnyoji di Firenze, è stata riconosciuta dalla scuola Sōtō-shū Kokusai fukyōshi, maestro missionario autorizzato alla diffusione del Buddhismo Sōtō Zen fuori dal Giappone. Membro del Sōtō Zen Buddhism Europe Office, è anche ministro di Culto dell’Unione buddhista Italiana, è impegnata nel dialogo interreligioso monastico Italia e fa parte di Italia Buddhista, gruppo di religiosi di differenti tradizioni buddhiste presenti nel nostro Paese. Dopo numerose forme di iniziazione, consegue il grado di Nitōkyōshi della scuola Sōtō Zen nel 2010, grazie al quale può effettuare ordinazioni, completando in questo modo i requisiti che la legittimano nel ruolo di maestro Zen. Anna Maria Shinnyo Marradi è anche autrice di due testi sull’argomento: "L’eco della Valle. Sulle Note dello Zen" e "La dimensione mondana e il distacco", entrambi pubblicati quest’anno da Mimesis edizioni. Marradi, la cui famiglia di imprenditori è nota per svolgere un ruolo preminente nell’ambito del restauro, è dunque una persona fortemente motivata in senso spirituale: ama la musica, la scultura, la poesia e ogni forma d’arte nelle sue varie manifestazioni. Si autodefinisce 'connotata da uno spiccato senso di responsabilità, tanto severa e intransigente con se stessa quanto compassionevole verso gli altri'. Ama viaggiare e non si ferma di fronte alle sfide della propria vita, intraprendendo anche percorsi apparentemente impraticabili. Coltiva profondamente il silenzio e soprattutto non guarda la televisione. Un irresistibile richiamo, avvenuto in un preciso momento della sua esistenza, l’ha accompagnata verso un profondo cambiamento di stile di vita e di impegno sociale. Ama l’autunno, i colori della natura e l’armonia, che cerca sempre di mettere in pratica nei rapporti interpersonali, negli affetti, nella maniera di condurre la propria essenza.

Anna Maria Marradi ha fondato il Tempio Sōtō Zen Shinnyoji di Firenze

Anna Maria, cosa ha fatto scaturire il suo interesse per lo Zen? "Tutto è avvenuto in un momento di forte insoddisfazione nella mia vita personale, che si traduceva in un sentimento di non appartenenza e inquietudine nella mia vita tanto familiare che lavorativa. Grazie proprio alla pratica Zen ho riscoperto e risvegliato valori che risuonavano in me in profondità, di cui però non avevo una chiara cognizione. Eppure avvertivo una sorta di urgenza di ritornare alla radice di chi veramente ero, unito al bisogno di alleggerirmi di tante illusioni e falsi obiettivi. Quando mi ero resa conto che non sorridevo più, che il mio cuore si era ammantato di una corazza, incapace di trovare il giusto modo di esprimersi se non attirando sofferenza, ho considerato non più procrastinabile iniziare un nuovo percorso di vita, una ricerca interiore, che mi permettesse di realizzare una visione diversa della realtà, aprendomi a un rinnovato spirito di servizio verso gli altri. All’età di 45 anni, ho allora intrapreso con determinazione e coraggio il percorso Zen che mi ha portato fino in Giappone, esperienza che non ho vissuto come sfida, bensì come necessità esistenziale imprescindibile" Da imprenditrice a donna di fede. Due aspetti troppo differenti o che invece si conciliano? "La fede è una qualità che mi ha sempre connotato. Sono una donna di fede, intesa come senso di fiducia nella vita e nel proprio operato, fede nella certezza che i sogni possono realizzarsi. La stessa cura e attenzione che ho sempre portato nel mio lavoro, nei lunghi anni in cui ho seguito importanti restauri nella nostra città e intessuto relazioni con il personale operativo della nostra azienda, nascono proprio dalla mia fede nei valori dell’uomo. Identica fede l’ho espressa nel fondare un Tempio come spazio sacro, atto ad accogliere chiunque voglia sedersi in meditazione, e nell’impegno costante del far crescere una comunità spirituale, come la realtà Sōtō Zen a Firenze.”

La guida spirituale al fianco di un Maestro Buddhista

Qual è il ruolo sociale svolto dalla sua missione e cosa si prefigge? “Il Tempio che ho fondato seguendo l’esortazione del mio Maestro è un luogo aperto a chiunque voglia incontrare se stesso nel silenzio, per conoscersi e migliorarsi, indipendentemente dal proprio credo religioso e al di là di ogni discriminazione. Il ruolo sociale sotteso è, pertanto, quello di offrire un luogo di culto, uno spazio sacro in cui ritrovarsi uniti in un fine comune di perfezionamento spirituale, teso al beneficio non solo personale ma anche di tutti gli esseri. L’intenzione è di rappresentare un punto di riferimento nel cuore della nostra città, Firenze, dove poter praticare la Via del Buddha, secondo la tradizione Zen, coltivando non solo gli aspetti religiosi, ma anche le connessioni culturali con la Dottrina. Il Tempio, infatti, offre un ventaglio variegato di opportunità di frequentazione: introdurre la meditazione nella propria vita quotidiana, la possibilità di accedere a un percorso religioso ufficiale, o semplicemente avvicinarsi a momenti di studio e agli incontri culturali legati al mondo dello Zen.” In che modo la sua figura di donna è stata accolta nel tempio buddista? “La mia formazione ha previsto lunghi periodi in Giappone, al Daijōji di Kanazawa, monastero maschile di addestramento. Sono stata accolta in quella realtà unicamente perché il mio Maestro ha compreso la mia fede, determinazione e volontà e mi ha sempre protetta. All’inizio non è stato facile vivere in una realtà giapponese per me, donna italiana dalla visione occidentale, per nulla coincidente con la loro. Talvolta i monaci mal tolleravano la mia presenza e non mancavano di manifestare apertamente il loro dissenso; tuttavia all’interno del monastero è sempre stata rispettata la clausura, quindi a parte i momenti di Pratica con i miei fratelli monaci, potevo ritirarmi nella casina del tè in fondo al bosco, dove il mio Maestro mi aveva destinata. Solo col passare del tempo la mia costanza nella pratica quotidiana portata avanti con serietà e impegno è riuscita ad ammorbidire le resistenze verso il mio essere donna”.

Anna Maria Shinnyo Marradi ha trascorso un lungo periodo di formazione in Giappone

È stata mai oggetto di discriminazioni a causa delle sue scelte? “Sicuramente essere donna anche nella Pratica buddhista, anzi ancor più nella Pratica buddhista, comporta di per sé delle discriminazioni. In alcune Scuole della Via del Buddha, i Precetti che le donne devono osservare sono in dismisura maggiori di quelli destinati agli uomini. Anche in certi testi sacri di Buddhismo è dichiarato che una donna per una questione karmica non potrà mai realizzarsi come Buddha, se prima non rinascerà in un corpo maschile. Nello Zen giapponese, paese in cui la nostra Tradizione è nata, le monache hanno un ruolo assolutamente secondario rispetto ai monaci. Non sono ammesse a officiare funzioni religiose pubbliche, né hanno accesso ai ranghi gerarchici dell’istituzione religiosa. Da noi in occidente la situazione è diversa: una volta terminato l’intero iter formativo donne e uomini raggiungono un pari grado e hanno la medesima dignità di ruolo. Tuttavia la mia esperienza personale ha evidenziato che anche nel mondo Zen una donna, per poter essere ascoltata, deve sempre avere dieci volte la preparazione di un uomo. Quanto alla vita sociale, in campo lavorativo, spesso è stato opportuno non manifestare la mia fede: è perfino successo che qualcuno osservando la mia testa rasata abbia arbitrariamente dedotto ragioni legate a una grave malattia”. Come è stata accolta la sua decisione in famiglia? “La mia scelta di vita religiosa è stata suscettibile di realizzazione condizionata dallo stato di salute di mia madre. Essendo stata comunque una scelta profondamente etica, era indispensabile attendere il momento propizio per immergermi nella formazione. A quel tempo mio figlio era appena uscito di casa, mentre mia figlia adolescente, allorché ero in procinto di recarmi in Giappone per due-tre mesi all’anno, mi ripeteva: 'Mamma mi mancherai, ma mi farò coraggio anche perché ogni volta che ritorni sei migliore'. Ho iniziato a guidare un gruppo di meditazione all’inizio in casa, con il sostegno - o almeno senza contrasto - da parte dei miei figli, anche se il maschio era preoccupato che da noi entrassero estranei. Mia madre ha sempre accolto la mia scelta, dicendo che era una buona opportunità per me di poter aiutare il prossimo. D’altro canto mio padre invece mi ha sempre apostrofata dicendomi: 'Tu, italiana, di tradizione cattolica, che cosa ci vai a fare in un Paese altro, con una differente lingua e cultura, alla ricerca di una diversa tradizione religiosa?'".

Anna Maria Shinnyo Marradi

Essere monaca zen e fondatrice di un tempio implica l’abbandono della vita quotidiana ordinaria o esiste possibilità di integrazione e interazione? "Il Sōtō Zen nella modalità con cui è arrivato in Occidente e si è strutturato ha visto il nascere di una nuova figura di monaco, che vive nel mondo ma non appartiene al mondo. Pertanto, mentre in Giappone i monaci anche se sposati e con prole vivono principalmente nel loro Tempio di famiglia, in Occidente esistono realtà come la nostra, e sono le più diffuse, in cui i monaci continuano la loro vita nel mondo, coltivando la famiglia e mantenendo un lavoro, integrando la loro attività nel Tempio con la vita quotidiana nella società. Diventare monaci e perseguire la vita monastica ha a che fare con una scelta etica, morale, di costume, che si può coniugare col rimanere inseriti nella mondanità”. Ha mai avuto ripensamenti? "No, se si intende come ripensamento il venir meno delle motivazioni, dei valori e della fede che hanno motivato la scelta religiosa iniziale. In questo senso non ne ho mai avuti. Percepisco l’assoluta sacralità e veridicità del cammino indicato dal Buddha, e ho consapevolezza profonda e riscontro interiore che lo Zen è la mia Via, la mia vita. Senza dubbio portare avanti il complesso compito che il mio Maestro mi ha affidato ha conosciuto momenti di stanchezza, di sfiducia e profonda riflessione. L’avere accettato un compito preciso mi ha però sempre ricondotta all’obbedienza, al di là dei miei desiderata, delle mie aspettative, dei risultati conseguenti al mio sforzo, nella consapevolezza espressa dallo Zen: 'Non c’è nulla da scegliere, ma semplicemente c’è da fare ciò che siamo chiamati a fare'".

La maestra Buddhista Anna Maria Shinnyo Marradi

In un mondo come il nostro c’è ancora posto per i valori dello spirito? “Sicuramente sì. Semmai è ancor più necessario tutelare, conservare, preservare e trasmettere valori etici e morali, fiducia nella vita, cura e amorevolezza nei confronti della propria e altrui esistenza, assieme al rispetto verso la natura. Uno sforzo che va compiuto proprio in questo nostro mondo arido e materialista che impone un modello di società prestazionale incapace di credere più nel puro agire e di fare appello alla solidarietà che affratella , alla forza dei valori umani. Tutti noi abbiamo il dovere e l’obbligo di promuovere incontri e creare tutte le possibili condizioni per infondere nuova linfa vitale, soprattutto nei giovani. Richiamarli a osservare e riscoprire la loro dimensione umana e la loro spiritualità, al fine di farli crescere ed evolvere nel rispetto di valori etici e morali, della natura, e della comunità stessa”. A chi consiglierebbe di percorrere la sua stessa strada? “Quando le persone chiedono di partecipare alla vita del Tempio, di prassi viene richiesto un colloquio preliminare introduttivo con il Maestro. Non faccio mai domande specifiche, nel rispetto totale della privacy individuale. Chiedo semplicemente la motivazione che li ha spinti ad arrivare fino da noi e li invito a riflettere sulla spinosa questione che intraprendere un percorso spirituale implica una conseguente trasformazione, e soprattutto la disponibilità ad accogliere il cambiamento. Sembra scontato, ma non è così. Generalmente tutti aspirano a parole al cambiamento, ma tanti quando arriva il momento di aprirsi a una possibilità di metamorfosi esistenziale si fermano, scappano, o tornano indietro. Quindi consiglio di intraprendere la strada della realizzazione spirituale solamente a coloro che ritengono di accogliere con serenità la luce, spesso troppo vivida da sostenersi, dell’ avvenuto cambiamento”.