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Linda Campostrini, in giro per il mondo per essere felice: "Bisogna uscire dalla comfort zone"

È partita da sola che aveva appena 19 anni. Oggi smonta le false credenze: "Se ti senti sicura e aperta verso gli altri, stabilisci rapporti di fiducia reciproca"

di GERALDINA FIECHTER -
23 gennaio 2023
Linda Campostrini

Linda Campostrini

Aveva 19 anni quando si è tagliata i ponti alle spalle ed è partita per girare il mondo: un biglietto di sola andata in Australia, non una parola d’inglese, uno zaino e 200 euro in tasca. Sono passati 10 anni e Linda Campostrini, nata e cresciuta in un paese dell’Emilia Romagna, è ancora in viaggio. Nel frattempo ha imparato quattro lingue, si è laureata in psicologia, ha avviato un’attività digitale che le permette di mantenersi, e giri del mondo ne ha fatti quasi quattro. Ma resta ferma su quello che la vita le ha già insegnato: per essere veramente felici, dice, "bisogna imparare a cambiare, a uscire dalla comfort zone: l’acqua stagna puzza". E la casa, i soldi, la sicurezza? “Meno si ha e più si è felici: l’ho provato sulla mia pelle”.

Linda Campostrini

Come ha trovato il coraggio di uscire dalla sua comfort zone a 19 anni? "A un mese dall’esame di maturità mia madre mi ha comunicato che andava a stare con il suo nuovo compagno in Sicilia e che entro breve dovevo scegliere un posto dove stare. Non ho avuto un’infanzia facile: i miei si sono separati quando ero piccola, abbiamo vissuto con pochissime risorse economiche e mai un viaggio, un week end di vacanza, non potevamo permettercelo. Quando lei mi ha messo di fronte a questo bivio, ho sentito il fortissimo desiderio di realizzare il sogno che per tanti anni avevo dovuto reprimere: partire, viaggiare, conoscere. Come il capitano che snoda le funi della sua barca per andare in mare aperto, io ho fatto lo stesso: terminati gli esami di maturità, ho raccolto i risparmi messi da parte con i lavoretti estivi a Rimini e ho comprato un biglietto per l’Australia". Si ricorda quel primo volo? "Eccome, ho pianto molto, ero spaventata, sola, con 200 euro in tasca, ma sentivo che stavo facendo la cosa giusta: la vita mi avevo messo di fronte a quella scelta, dovevo coglierla come un’opportunità per realizzare i miei sogni". E una volta arrivata dall’altra parte del mondo come se l'è cavata? "Avevo un visto working-holiday che permette di lavorare o studiare per un anno, ma se volevo fermarmi e rinnovare il permesso di soggiorno ero obbligata a fare almeno 3 mesi di lavori socialmente utili. Quindi ho cominciato lavorando nelle farm, anche per mantenermi e mettere da parte i soldi. Non sapevo che avrei fatto l’esperienza più dura ma anche più istruttiva che potessi fare".

Linda Campostrini

Perché? "Eravamo trattati come schiavi, a me per esempio è capitato di essere frustata sui piedi se andavo troppo lenta, lavori massacranti, che però ti fanno capire come può sentirsi chi, non avendo altra scelta, deve sopportare tutto. Non parlavo una parola d’inglese, non potevo comunicare, non avevo soldi: ero in balia dei padroni delle farm, non avevo altra scelta per sopravvivere, nessuna zona di confort, proprio come gli schiavi". Che lavori erano? "Molti e diversi: la raccolta dell’uva, togliere le foglie morte dalle piante, la raccolta di banane e manghi, e un’azienda che produceva patate, dovevamo selezionare quelle marce". E poi? "Dopo un’esperienza così dura, tutto mi è sembrato in discesa: con i soldi guadagnati ho comprato una macchina e ho girato l’Australia per 6 mesi, dormivo e mangiavo in auto, ed è così che ho capito che viaggiare era possibile anche per me. Poi mi sono spostata in Asia, dove tutto costa poco, ci sono stata sei mesi". E nel frattempo voleva anche laurearsi in psicologia. Perché ha scelto Parigi? "Perché la Francia aiuta molto gli studenti stranieri e perché volevo imparare un’altra lingua. Lo Stato mi dava circa 300 euro al mese per la stanza, e con un lavoro part time mi mantenevo. Ma il terzo anno di università ho deciso di farlo in Canada, con un progetto di gemellaggio. Ci ho messo quattro mesi di viaggio per arrivare in Quebec. Un viaggio indimenticabile, fra autostop e treni, successero tante cose, alcune belle e altre così indigeste che ancora languono all’altezza del mio stomaco. Ma che soddisfazione quando dopo tutta quella strada sono arrivata all’Università che avrei frequentato".

Linda Campostrini

Si sentiva invincibile? "Dirlo è quasi riduttivo: non solo avevo compiuto qualcosa che andava contro ogni aspettativa, ma c’ero anche riuscita. Avevo poco più di vent’anni, ero donna e avevo attraversato da sola tre Paesi, per un totale di diecimila chilometri via terra. E stavo andando a laurearmi!". Poi ha deciso di fare l’antropologa sul campo, vivendo anche tre mesi nelle foreste dell’Ecuador in casa di una coppia di sciamani. Cosa ha imparato da loro? "Molte cose: una grande consapevolezza di quello che mi circondava, del mondo spirituale e sensibile nel quale siamo avvolti, il rapporto fra esseri umani e la natura, che in Occidente è completamente morto o scomparso. Lì mi sono resa conto che gli uomini non sono fatti per vivere in città di cemento, attaccati alle cose, solo che non ci viene mostrato, quindi non lo sappiamo. E poi ho imparato come dovrebbe essere la relazione con gli altri, l’apertura, la disponibilità, il dialogo e l’empatia che si instaurano se agli altri concediamo il tempo". Non ha mai avuto difficoltà a viaggiare da sola? "Non quelle che normalmente si immaginano pensando a una donna sola. È un argomento delicato, ma posso intanto dire che se ti senti sicura e aperta verso gli altri, stabilisci rapporti di fiducia reciproca. Mi raccontano molte brutte esperienze, ma a me non è mai capitata nessuna violenza o aggressione o rapina". Quanti Paesi ha visitato? E in quali ha vissuto? "Per ora 58. Ho vissuto in Australia, Canada, Colombia, Francia, Finlandia, Islanda, Italia". Si è mai innamorata durante questi 10 anni? "Certo, ma preferisco non parlarne".

Linda Campostrini in Islanda

L’esperienza più brutta? "Quando mi hanno accusata di narcotraffico di droga a Singapore. Sono stata bloccata due giorni in aeroporto senza sapere perché e cosa mi sarebbe successo". Quella in cui ha avuto paura? "In Guatemala, ero sola di sera. Riflettevo davanti al lago Atitlán. Dal nulla è comparso prima un cane e poi il secondo e dopo tutto il branco. Erano più di una decina. Ho creduto di essere sbranata e di morire. Mi sono spaventata molto". Il Paese in cui si è trovata meglio? "Il Paese con le persone più genuine e speciali è la Jamaica. Ma porto nel cuore tre altri Paesi in particolare: l’Australia, perché per ben 2 volte mi ha cambiata la vita. Il Canada, dove ho trascorso l’ultimo anno di università, e l’Islanda, dove ho fatto la guida sui ghiacciai. Ma sono molto legata anche alla Colombia, dove ho vissuto un anno dormendo in amaca, senza carta di credito e vivendo di piccoli lavori artigianali che mi aveva insegnato un ragazzo. Lì ho capito che less is more, meno si ha e più si è felici. Ho imparato tanto". Ora qual è il suo lavoro? "Sono un’imprenditrice digitale. Prima facevo la guida, l’ultima esperienza è stata sui ghiacciai dell’Islanda. Poi è arrivato il Covid e tutto si è fermato. Ho pensato di provare a mettere le mie esperienze su Instagram, e in poco tempo sono diventata una influencer, mi seguono soprattutto le donne che viaggiano da sole o che hanno un sogno e vogliono provare a realizzarlo. Ora sono le aziende che mi contattano per lavorare con loro".

Linda Campostrini in Giordania

E i suoi progetti in futuro? "Voglio tenere conferenze, andare nelle scuole, sostenere un discorso al TED e scrivere un libro. Mi sento privilegiata per i 10 anni che ho vissuto e per il livello di coscienza che ho raggiunto: sento il bisogno di restituire tutto ciò che mi è stato dato. Voglio parlare, raccontare, dare una voce al mondo e alle culture che in Occidente non si conoscono. Voglio condividere tutta la meraviglia e la magia assorbita in più di dieci anni di vita nomade. Voglio essere un punto di riferimento per chi ha sogni nel cassetto ma non riesce a realizzarli. Ma soprattutto, attraverso la mia storia, voglio fare capire che tutto è possibile". Ora è in Marocco da vario tempo, cosa sta cercando? "Sto scendendo dal Marocco verso sud, costeggiando la costa ovest per scoprire associazioni, persone, realtà umanitarie che contribuiscono a rendere il mondo un posto migliore. L’obiettivo è mostrare ciò che fanno per invogliare la mia community a mettersi in gioco facendo esperienze di vita che possano apportare un beneficio sia a loro stessi che alla coscienza collettiva". Secondo lei quali sono le cause più comuni che condizionano chi avrebbe voglia di "mollare tutto e partire" ma non ci riesce? "Tante ragioni: la paura dell’ignoto, le credenze sociali, la mancanza di coraggio, i soldi e la famiglia. La verità è che viviamo in una società che rema contro quel famoso 'mollo tutto e parto'. Da quando nasciamo facciamo vite prestabilite, schematiche, a volte volute o persino imposte da terzi. Questa è una tendenza che frena molte persone: ci vuole una buona dose di coraggio per andare contro corrente, uscire dagli schemi e scoprire cosa c’è al di là".

Linda Campostrini

Ci vogliono anche un po’ di soldi da parte? "La maggior parte delle persone che mi scrivono sono convinte che io sia ricca e che 'viaggiare sia un lusso', mentre per me il vero lusso è vivere in città. In viaggio solitamente si spende solo per mangiare, dormire o muoversi. Si vive e ci si accontenta di poco, senza spendere per cose superflue perché pesano sia sul portafoglio che sulle spalle. Di quanti soldi ha invece bisogno un italiano medio per vivere? Mille, forse duemila euro al mese tra affitto, bollette, assicurazioni e spese extra? La vita in città è molto più costosa rispetto a quella di un viaggiatore". C’è forse anche la paura di sbagliare e di non poter tornare indietro... "Non si può imparare senza sbagliare, così come non si può crescere senza soffrire. Fa parte del processo. Molte persone sono cresciute e convivono col timore di sbagliare perché dopo un errore c’è una punizione. Trovo che sia sbagliato punire un errore piuttosto che analizzarlo e capirne il perché. La verità è che sbagliare ci rende più saggi perché ci permette di raggiungere una versione di noi sempre migliore". Quindi è grata a sua madre che, invece di proteggerla, l'ha gettata in mare aperto? "Non c’è dubbio, le sarò sempre grata per quel calcio nel sedere. Se sono arrivata fino a qui, lo devo anche a lei".