Trento, cambia sesso a 16 anni. Via libera al nome d'elezione sui documenti. Il legale: "Sentenza storica"

Il tribunale di Rovereto ha approvato la transizione della ragazza transgender, che aveva avviato l'iter quattro anni fa. L'avvocato Alexander Schuster ha assistito lei e la famiglia nel processo

di ELSA TOPPI
16 febbraio 2023
ragazza trans cambio sesso 16 anni

ragazza trans cambio sesso 16 anni

Il Tribunale di Rovereto ha dato via libera al cambio di sesso e nome sui documenti anagrafici di una sedicenne transgender. Il percorso di transizione di Valentina, come ha raccontato in questi giorni la madre dalle pagine del Corriere della Sera, era iniziato a 12 anni. Di fatto questa giovane trentina, fin dall’infanzia, si è sempre identificata con il sesso femminile e nel 2019, con la diagnosi di "disturbo della identità di genere" dell’ospedale Careggi di Firenze ha iniziato un percorso clinico finalizzato alla gestione del disturbo e dell’iter di cambio di sesso. Cominciando prima un trattamento ormonale per sospendere lo sviluppo puberale maschile e poi, due anni dopo, una terapia a base di estrogeni per indurre lo sviluppo al femminile. Ora, con questa sentenza, la giovane si è vista approvare immediatamente il cambio di nome sui documenti così da essere ufficialmente considerata una ragazza anche per le istituzioni pubbliche. Una sentenza storica per diverse ragioni: a confermarlo anche il legale che ha assistito la sedicenne e i genitori in tutto l’iter processuale, l’avvocato Alexander Schuster, che tra le altre cose ha coordinato le sessioni giuridiche dei congressi dell’associazione di professionisti dedicata alla salute delle persone trans (EPATH).

Alexander Schuster, il legale della famiglia della 16enne che ha cambiato sesso in Trentino

Avvocato, una bella vittoria… "Sono molto soddisfatto, soprattutto perché la ragazza è molto contenta. È un buon risultato perché la sentenza è molto chiara nel ragionamento ed è stata ottenuta in 6 mesi, che è un tempo ottimo. Ho trovato anche molta sensibilità da parte del tribunale. Un elemento aggiuntivo, degno di nota, è che ha autorizzato la possibilità di intraprendere l’operazione chirurgica prima della maggiore età. Occorre fare uno sforzo per cercare di abbassare l’età in cui si ottiene il riconoscimento. Diciamo che la legge non prevede una età minima, e occorre farlo in linea con il giudizio medico perché poi il giudice si rifà alla documentazione di centri autorevoli e altamente specializzati sulla incongruenza di genere nell’età evolutiva. Non è la prima volta in Italia, perché il fatto che si possa ottenere questo risultato anche da non maggiorenni è stato acquisito da una decina di anni. Ma certamente si annovera fra le poche”. Una rondine che farà primavera? "Direi di sì, anche perché la scelta condivisa dalla famiglia di rendere pubblica la sentenza è importante. Il diritto non rappresenta l’ostacolo: l’ostacolo sta fuori. Bisogna saper riconoscere queste situazioni, saper tutelare la persona minorenne e capire che è possibile arrivare a una decisione già in giovane età. Questa in particolare arriva a 16 anni”. Quali sono stati gli elementi che hanno avuto un peso nella decisione dei giudici? "Di fronte a una minore il giudice è più cauto ma gli elementi sono sempre quelli: la storia personale, la testimonianza di vita - questo dalla viva voce della minore supportata dai genitori -, e la documentazione medica. Quest’ultima, in Italia, serve perché non siamo ancora arrivati a quell'evoluzione che è stata abbracciata da tanti Paesi europei, in cui è sufficiente dichiararsi al comune senza tutto questo iter".
ragazza trans cambio sesso 16 anni

La giovane si è sempre percepita come di genere femminile fin dall'infanzia e ha iniziato l'iter di transizione a 12 anni

È vero che ha avuto un peso il fatto che la ragazza è riconosciuta dalla comunità come tale? "Diciamo che quella è la prova del nove. Nessun giudice pensa mai che sia un capriccio, una moda o una fase della transizione. Anche se poi sappiamo che c'è sempre qualche scemo del villaggio che la pensa così, ma in realtà non lo è. Quando si arriva davanti a un giudice si ha già una storia, un vissuto spesso difficile. Nel quotidiano anche prendere un autobus è difficile perché ci sono tutta una serie di controlli in cui, mostrando un documento, devi spiegare perché c’è scritto Marco e tu sei invece Lucia. Non è un percorso facile e portarlo davanti a un giudice è la prova regina che tu non puoi essere qualcos’altro da te stesso”. Il Trentino Regione apripista su queste questioni… "Rimaniamo sempre una terra montanara e cattolica ma devo dire che abbiamo poche sacche di integralisti, ci sono ottimi servizi sociali, ed è molto aperta. Siamo una Regione che ha mostrato particolare sensibilità verso questi temi e abbiamo una particolare autonomia. Il Trentino è sempre stata terra di emigrazione e ancora oggi molti trentini fanno nascere i loro figli all’estero. Però anche noi abbiamo avuto alcune situazioni non positive. È di questi giorni la presentazione di un disegno di legge provinciale per proibire di parlare di identità di genere nelle scuole pubbliche. Quindi la situazione positiva non è mai consolidata ma per fortuna anni di investimento sul welfare si vedono e questi fenomeni vengono riconosciuti, gestiti e supportati correttamente. Rovereto in particolare poi fa storia per la seconda volta sulla questione trans. Nel 2013 una sentenza dello stesso tribunale che disse di sì ad una rettificazione di sesso senza intervento giuridico. Il clamore mediatico determinò un’inarrestabile effetto domino in tutta Italia". Oggi si può dire che non c’è bisogno di un cambio di sesso con un intervento chirurgico per chiedere un cambio di sesso anagrafico oramai… "Assolutamente no. Il genere non è determinato da quello che una persona ha nella zona pubica. La Cassazione e poi la Corte costituzionale in risposta proprio ai giudici di Trento in alcune mie cause lo hanno detto in maniera chiara: ognuno ha il suo percorso di affermazione di genere e c’è una irriducibile individualità in questi percorsi. Non si può giudicare secondo schemi astratti. Una persona potrebbe non assumere ormoni a causa di patologie oppure perché si sente bene così come è e non ritiene necessari ormoni correttivi. Di per sé la legge non richiede neanche l’obbligo di una certificazione di disforia di genere anche se di fatto questo documento è richiesto dai giudici. Il problema, comunque, si porrà: una volta l’omosessualità era associata ad una patologia e conseguentemente ad una assistenza psichiatrica ma oggi quell’epoca è lontana anni luce e le persone che si avvalgono di psicologi lo fanno per le stesse ragioni di quelle eterosessuali. Penso che questo sarà la destinazione, e in parte ci siamo già arrivati, per l’identità di genere. Ad oggi se vai davanti a un giudice senza un pezzo di carta si possono creare degli intoppi processuali, per così dire. Ma il giudice fa una valutazione complessiva e non c’è più un elemento necessario come un intervento chirurgico: almeno questo è un dato acquisito".