
Giorgia Meloni
Se i sondaggi, che non sono pubblicabili, hanno ragione, in Italia è possibile che a metà ottobre circa arrivi una prima volta mai verificatasi nella storia del nostro Paese. Il tetto di cristallo, cioè la possibilità delle donne di rompere un potere - quello politico - sempre maschile, si è rotto poche volte. Pochissime le donne all’Assemblea costituente, con un diritto di voto fresco fresco concesso solo nel 1946, al referendum Monarchia/Repubblica; per vedere una donna ministro si è dovuto attendere fino agli anni Settanta (Tina Anselmi, Dc) e, per vedere una donna presidente della Camera dei Deputati, più o meno gli stessi anni (Nilde Jotti, Pci, dal 1979 e per tre legislature).
Poi, certo, ci sono state Irene Pivetti (1992-1994), presidente della Camera, Laura Boldrini (2013-2018) e, infine, la prima donna presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (2018-2022). Infine è arrivata anche la prima presidente donna della Corte costituzionale, Marta Cartabia, e molte donne sono diventate ministre (il record, in questo caso, spetta al governo Renzi, 2015-2017). Ma mai una donna è diventata Capo dello Stato e, fino ad oggi, mai presidente del Consiglio, anche se diversi incarichi, ma solo esplorativi, sono stati affidati a donne (Jotti, Casellati, etc.). Ora, però, sembra proprio che stia per succedere. Solo che, per molti gruppi di donne femministe e pure per la comunità Lgbtq, l’idea stessa di vedere Giorgia Meloni diventare premier è pari a una iattura. Uno sciame sismico. Un’Apocalisse. Vediamo, allora, di capire chi è, Giorgia Meloni (contestata a Napoli in occasione del comizio finale).
Un racconto appassionato e appassionante, scandito nei titoli da quel tormentone nato per essere ironico ma diventato un manifesto identitario. Passato, presente e futuro del leader politico sul quale sono puntati gli occhi di molti, in Italia e non". Classe 1977, romana, una figlia, un compagno (non è sposata), una sorella e una madre cui è legatissima, la ‘bio’ di Giorgia Meloni si sa già. Quello che meno si sa è che, nel suo privato, la Meloni è spiritosa, accetta battute e sfottò di buon grado e che la faccia truce la lascia alle sue apparizioni pubbliche, ai comizi e ai talk. Insomma, nonostante le apparenze, la Meloni è molto meno "bau bau" e donna terribile di quello che si pensa. Poi, però, ci sono i tormentoni e aiutano a costruire l’immagine di un politico, a volte in bene, a volte in male. Quello della Meloni nasce da uno slogan che diventa subito meme. In un comizio, del 2019 a piazza San Giovanni a Roma la Meloni, coerentemente all’opposizione di tutti i governi che negli anni si sono via via succeduti, lancia quello slogan che diventa presto un brand: "Io sono Giorgia / sono una donna / sono una madre / sono cristiana".
Solo che la Meloni scandalizza. Cantanti (dalla trapper Elodie alla melodica Laura Pausini, fino alla rockettara Loredana Berté) vivono come una vera iattura la possibilità che diventi premier. La nota influencer Chiara Ferragni ha imbastito sui social una vera e propria campagna contro Meloni premier (però ai punti ha vinto Giorgia), in particolare perché "offende i diritti delle donne e vuole conculcare il diritto all’aborto". Registi, attori, altri cantanti e uomini (e donne) dello spettacolo, ma anche della cultura, dicono, in buona sostanza, che se la Meloni diventasse premier "lutti infiniti addusse" alla povera Italia. La sinistra, ovviamente, si è scatenata, con tutte le donne contro di lei, in prima fila. Le femministe, ovviamente, pure. Parlano di "trionfo del patriarcato" e di "delegittimazione della donna", con la Meloni a Palazzo Chigi.
Il discorso spagnolo della Meloni era, oggettivamente, privo di zone grigie e articolato per coppie antitetiche, seguendo la logica del “sì” e del “no”, politicamente la più radicale esistente. Lo aveva reso chiaro lei stessa: "Non ci sono mediazioni possibili, o si dice sì o si dice no. Sì alla famiglia naturale, no alla lobby Lgbt, sì alla identità sessuale, no alla ideologia di genere, sì alla cultura della vita, no a quella della morte!". Sempre a Marbella, la leader di Fratelli d’Italia ha lisciato gli animi dei sostenitori delle "radici cristiane" dell’Europa, una punta di islamofobia: "Sì ai valori universali cristiani, no alla violenza islamista". Largo spazio anche ad alcuni temi caldi della sua campagna internazionale: "Sì alle frontiere sicure, no alla immigrazione massiva". E ancora: "Sì al lavoro per i nostri cittadini, no alla finanza internazionale". Infine, il gran finale: il pericolo della “sostituzione etnica” e i vecchi nemici, i burocrati di Bruxelles: "Sì alla sovranità del popolo, no ai burocrati di Bruxelles, sì alla nostra civiltà e no a chi vuole distruggerla".
Mentre gli altri due leader della coalizione di centrodestra, Salvini e Berlusconi, per motivi diversi, hanno mostrato molte perplessità verso l’alleanza Atlantica, la Meloni ha scelto di giocare a carte scoperte e non concedere spazio ad alcuna ambiguità. Ha sempre sposato la linea della Nato, sin dall’inizio del conflitto, rimarcando la necessità di evitare che l’Italia possa trasformarsi nel "ventre molle" dell’Occidente, allineandosi all’indirizzo del governo Draghi, pur standone all’opposizione: un atteggiamento strategico e prudenziale che le è valso un’importante crescita nei sondaggi. Inoltre pure le ultime elezioni amministrative suggeriscono che Meloni abbia allargato il suo bacino di elettori potenziali. Fratelli d’Italia continua a mietere consensi senza soluzione di continuità: ha sorpassato la Lega in 22 capoluoghi di provincia su 26 e, già all’indomani della caduta del governo, dello scioglimento delle Camere e dell’Election Day, è stato chiaro che la Lega ha abbandonato il ruolo di azionista di maggioranza del centrodestra, ruolo che aveva conservato dal 2019 al 2021. Insomma, la Meloni sta studiando da premier: sa che le possibilità di prevalere, nelle politiche, sono altissime, e se nel prossimo futuro dovesse vedersi accordato un mandato per la formazione di un governo, dovrà farsi trovare pronta e irrobustire la sua capacità di sintesi. Trovare una maggioranza non sarà semplice, non perché Lega come FI perdono colpi; lei, da politica navigata, ne è ben consapevole: all’occorrenza, è pronta a accordarsi pure con alleati insospettabili, almeno ad oggi, come ad esempio il Terzo Polo.
Certo la democrazia ha fatto il suo corso pure in Ungheria, dove Fidez, il partito del premier Viktor Orban, le elezioni le ha vinte più volte, ma ora è finito sotto durissime sanzioni dell'Ue in quanto l’Europa, dopo aver accolto a braccia aperte Paesi come l’Ungheria, la Ceca, la Polonia, la Romania, la Bulgaria (e pure i paesi baltici), ora ha scoperto una verità chiara da anni. Orban, a casa sua, conculca e fa strame di tutti i diritti fondamentali (libera stampa, libera magistratura, libero diritto di riunione e di associazione, diritti delle persone Lgbtq, diritto all’aborto, etc.) e, di fatto, governa il Paese europeo con un pugno di ferro degno delle peggiori autocrazie non Ue (Russia, Turchia, Egitto e via in peggio dicendo). E qui scatta un altro problema perché non solo la Lega di Salvini, ma anche FdI della Meloni, sono buoni amici di Orban, anche se con molte differenze. La Lega sposa la politica di Orban in tutto e per tutto mentre la Meloni, anche qui, ha posizioni molto più sfaccettate. Infatti, non solo il leader ungherese non fa parte della famiglia dell’ECR, perché soprattutto polacchi e cechi non ne vogliono proprio sapere di metterselo in casa (il problema, in questo caso, non sono le posizioni sullo stato di diritto, ma quelle ‘filo-russe’), ma anche perché la Meloni ne diffida.

Giorgia Meloni potrebbe diventare (secondo i sondaggi) la prima donna Presidente del Consiglio
"Sono Giorgia". Un libro, una donna, una vita
"Io sono Giorgia". Tutto nasce con quella, ormai famosa, autobiografia (Rizzoli, Milano, 2022). Uno stra-botto di copie vendute, una di quelle cose che, ai libri dei politici, non capitano mai, ma proprio mai: pubblicano libri su libri e, di fatto, non li legge nessuno o quasi nessuno. Lei, nella sinossi, dice: "Ho visto troppa gente parlare di me e delle mie idee per non rendermi conto di quanto io e la mia vita siamo in realtà distanti dal racconto che se ne fa. E ho deciso di aprirmi, di raccontare in prima persona chi sono, in cosa credo, e come sono arrivata fin qui". "In questo libro - e questa è invece la quarta di copertina – Giorgia Meloni parla per la prima volta di sé a tutto tondo. Delle sue radici, della sua infanzia e del suo rapporto con la mamma Anna, la sorella Arianna, i nonni Maria e Gianni e del dolore per l’assenza del padre; della passione viscerale per la politica, che dalla "sua" Garbatella l’ha portata prima al Governo della Nazione (scritto tutto in maiuscolo, antico vezzo della destra, ndr) come ministro e poi al vertice di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei; della gioia di essere madre della piccola Ginevra e della storia d’amore con Andrea; dei suoi sogni e del futuro che immagina per l'Italia e per l'Europa. Ma affronta anche, con la schiettezza e la chiarezza che la caratterizzano, temi complessi come la maternità, l’identità e la fede.
Giorgia Meloni cita il leader pacifista indiano: "Gandhi diceva prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci. Il 25 settembre è vicino", si legge sul profilo Twitter della presidente di Fratelli d'Italia
La comunità Lgbtq usa il rap contro la Meloni. Ma gli si ritorce contro…
La Meloni che fa arrabbiare e che scandalizza

Un fermo immagine dell'intervista a Giorgia Meloni tratto dalla trasmissione 'Mattino Cinque'
La polemica sul diritto all’aborto 'conculcato'
In particolare, durante la campagna elettorale, la polemica si è concentrata sul diritto all’aborto che la Meloni e FdI vorrebbero, secondo le detrattrici, limitare, conculcare, se non abolire. Lei ha risposto, più volte: "Non ci penso neppure, voglio riconoscerlo e rispettarlo, voglio solo dare alle donne anche il diritto di non abortire…”. Scoppia il caso delle Marche, regione governata da Francesco Acquaroli (FdI) che, per l’accusa, conculca il diritto all’aborto. Peccato che la difficoltà ad abortire nelle Marche è praticamente inferiore a quella che trovano, le donne partorienti, nella rossa Emilia-Romagna, dove pure di ostacoli a tale diritto ce ne sono. In buona sostanza, normale polemica politica si somma, e si confonde, con dosi di forte ideologia. Che la sinistra le usi e faccia il suo mestiere ci sta (le elezioni è a la guerre comme a la guerre) ma che le femministe – certo, non tutte, ma molte – usino gli stessi argomenti fa un po’ sorridere. Ma quali sono i veri pensieri di Giorgia Meloni su questi temi, oltre che su molti altri? Vediamoli.Una frase rivelatrice e l’alleanza con Vox
L’ultima l’ha detta martedì 20 settembre, a cinque giorni dal voto. Giorgia Meloni, da leader di Fratelli d'Italia, in un’intervista all’agenzia spagnola Efe auspica che la vittoria del suo partito "possa aprire la strada a qualcosa di simile in Spagna tra pochi mesi". Poi prova a rassicurare l'Ue: "Non siamo affatto contro l'Europa, ma per un'Europa più efficiente", replicando a una frase dal sen fuggita: "Per la Ue è finita la pacchia", frase di stampo decisamente salviniano. Il guaio è che "aprire la strada a qualcosa" in Spagna si traduce, dallo spagnolo all’italiano, con la speranza di un’affermazione del partito ultra-nazionalista di Vox, guidato da Santiago Abascal. In Spagna si rivoterà presto per le elezioni politiche e Vox con Fratelli d’Italia ha, storicamente, ottimi rapporti. Le previsioni dicono che può fare il pieno (proprio come FdI in Italia), scalzando dal potere i socialisti di Pedro Sanchez, anche se, per governare, dovrà fare un patto coi popolari (in ogni caso, si vota a metà del 2023, si vedrà).
Giorgia Meloni statuina del presepe a Napoli (DIRE)
Un profilo moderato sempre più accentuato
Certo è che, Giorgia Meloni, con quel discorso ha un po’ tradito il suo processo di moderazione e di spostamento al centro dell’asse politico (e pure istituzionale) che, invece, ora che è impegnata nella corsa alle elezioni politiche sta compiendo con gran abilità. Nel senso che Meloni, sui valori fondamentali (Dio, Patria, Famiglia) è rimasta, coerentemente, quello che è mentre sui rapporti politici – interni e, soprattutto, internazionali – è molto cambiata. Insomma, qual è il vero volto della Meloni? Quello filo-occidentale e filo-atlantico, sulla guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia, ma anche quello filo-europeista sulla volontà di non fare extradeficit e pure sul tetto al prezzo del gas o quella testimoniata dal video girato in Spagna che pure ha fatto, in pratica, il giro del mondo? Al netto delle opinioni sulla guerra e dei sentiment, è importante non dimenticare la cultura politica da cui Meloni proviene e le battaglie che ha portato avanti negli ultimi anni: l’intransigenza sull’immigrazione clandestina, la difesa dei valori della famiglia tradizionale, il favor agli schieramenti pro-vita, per lo più di matrice cattolica, come il Popolo della Famiglia, l’enfasi sulla sacralità del ruolo della madre e la professione della sua fede cattolica rappresentano il core business della sua comunicazione politica. Quindi non si può chiedere alla Meloni di dimenticare quello che è o diventare un’altra cosa e le parole del “discorso di Marbella” dimostrano che, con buona pace dei teorici del "doppio volto", Meloni è sempre rimasta fedele a sé stessa: la mamma, la donna, la cristiana. Invece, non è più (o almeno non sembra più...) il baluardo del sovranismo euroscettico in salsa italiana, anzi.Gli euroscettici e poco atlantisti oggi sono altri

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, la presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni e il leader del Carroccio Matteo Salvini
Le amicizie Ue e internazionali della Meloni
Di sicuro la politica estera della Meloni è molto cambiata, si è spostata e si è moderata. Lo dimostra, innanzitutto, il rapporto di amicizia ormai solida con i Repubblicani Usa (oggi all’opposizione dell’amministrazione Biden, ma prontio a tornare al governo), e i rapporti con gli uomini di Biden sono cosa nota. Come pure quelli con la Nato, l’alleanza militare strategica di cui l’Italia fa parte che è anche “l’ombrello protettivo” dell’Europa atlantica nei confronti di una Russia in fase sempre più aggressiva, come dimostra la guerra e l’invasione dell’Ucraina e pure molte altre mosse. Ma la Meloni ha intessuto, negli ultimi mesi, rapporti di buon vicinato anche con la grande famiglia del popolarismo europeo (presidente del Ppe il tedesco Manfred Weber, presidente dell’Assemblea dell’Europarlamento, Roberta Metsola, presidente commissione Ue, Ursula von der Leyen: due tedeschi su tre, la Metsola è maltese e nota per le sue posizioni proprio su un tema come l’aborto…) e lo testimonia ogni giorno che passa. Del resto, un PPE in crisi di consensi e governi amici cerca la riscossa proprio con la vittoria di FdI e della Meloni in Italia e di Vox in Spagna. E questo nonostante la Meloni sia la presidente di un gruppo transnazionale europeo che si chiama "Conservatori e Riformisti". Il quale gruppo (ECR in sigla) vede al suo interno partiti e governi 'di destra-destra' (i polacchi, i cechi, etc.). Inoltre, tale gruppo, per quanto non sia affatto sovrapponibile con il gruppo dove siede la Lega (Identità e democrazia) e, soprattutto, il Front National di Marine Le Pen (altra donna che, sull’aborto, ha posizioni intransigenti quanto reazionarie…), oltre al partito di estrema destra tedesco, l’Afd, noto per le sue simpatie para-naziste. Peraltro, dal Nord Europa, segnatamente dalla Svezia, sono arrivate altre buone nuove per la Meloni. Per dire, domenica scorsa, le elezioni politiche le ha vinte, diventando il primo partito svedese, un partito di estrema destra: si chiama Partito democratico, ma di 'democratico' ha solo il nome (viene, in buona sostanza, da gruppuscoli neo-nazisti), il cui leader, Jimmie Akesson, ha sconfitto il PDS, cioè una socialdemocrazia dall’antica nobiltà e lignaggio, quella svedese di Olof Palme e altri.Le liasons dangereuses con Viktor Orban

Giorgia Meloni con il premier ungherese Viktor Orban